La politica, oltre i
partiti
La Politica oltre i partiti. Questo il tema di un recentissimo incontro, in
Calabria, durante il quale abbiamo tentato di analizzare le cause e gli effetti
dell'attuale crisi del sistema politico italiano, individuando alcune coordinate
«strategiche», lungo le quali -a nostro avviso- dovrebbero muoversi tutte le
forze autenticamente antagoniste, per avviare e guidare un concreto processo di
cambiamento. Oltre, ben oltre, gli schemi attuali. Oltre ogni tentazione di
risposta «debole» e parziale. Vincendo, finalmente, le paure e le pigrizie
antiche, per oltrepassare il vuoto e costruire il nuovo. Dunque, i partiti.
Questi «nostri» partiti. Rumorosi ed ingombranti carrozzoni che hanno segnato
mezzo secolo di storia nazionale, condizionando la vita pubblica e, persino,
quella privata; calpestando ed umiliando gli stessi princìpi e valori cui
affermavano -ed affermano- di richiamarsi; progressivamente trasformando la
stessa «democrazia» in una sorta di inattaccabile alibi: il «luogo» ideologico e
culturale all'interno del quale perpetrare corruzioni ed abusi, lottizzazioni e
clientele, spartire tangenti ed affari. Questi partiti: architrave di un sistema
di potere, politico ed economico, che -durante un dopoguerra che stenta a
concludersi- è passato con cinica e spietata disinvoltura da un cadavere
eccellente all'altro, da una strage ad un massacro, da una «deviazione» ad un
depistaggio, utilizzando strateghi della tensione, gladiatori, piduisti e
mafiosi, generali e caporali dei «servizi», interni ed internazionali,
prostituendo ogni sentimento di indipendenza e di dignità del nostro popolo,
lacerando il tessuto connettivo della Comunità nazionale.
I partiti: quelli vecchi, molti dei quali intenti in grossolane operazioni di
maquillage, e quelli nuovi, emergenti. Proviamo ad elencarli: tre o quattro
Leghe, oltre quella di Bossi; il partito degli onesti; quello dei referendum; la
Rete; gli antiproibizionisti; gli automobilisti; gli autonomisti; gli
animalisti; i sudtirolesi; i federalisti; le casalinghe; i pensionati; i
cacciatori; i seguaci di Pisanò; gli amanti di Moana ed i delusi di Cicciolina;
i radicali più o meno transnazionali e transpartitici; i Verdi; i liberali; i
repubblicani; gli scalfariani, i missini di Fini in via di trasformazione
nell'annunciata «Agency for President»; altri picconatori sciolti capitanati da
ex ambasciatori; i socialdemocratici; i comunisti rifondati e i comunisti
rinnegati; oltre, ovviamente, ai due Moloch del partitismo nostrano il PSI,
l'anticamera, e la DC, lo Stato.
Sono, salvo errori di calcolo per difetto, circa trenta i partiti e partitini
che dichiarano di essere in corsa per qualche scanno nell'Assemblea che si
annuncia neo-costituente. Quanti arriveranno al traguardo è presto per dirlo, ma
si può scommettere fin d'ora che non saranno meno di venti. Frammentazione.
Disintegrazione. Macerie fatiscenti di un impero che crolla. Una Babele di
sigle, di simboli e lingue.
Tutto scontato, allora? Sarà poi vero che il 5 aprile -per come in tanti si
augurano- sarà celebrato l'ultimo rito, quello sacrificale, della partitocrazia?
In politica, nulla è mai scontato. Gli scenari di oggi potrebbero non essere
quelli di domani. Anche perché -ed è questo il punto!- all'interno del «sistema»
si sta giocando, per come dimostrano le cronache di questi giorni ed anche di
queste ultime ore, una partita spietata, senza esclusione di colpi e dagli esiti
non necessariamente prevedibili.
Dietro l'apparente -e fuorviante- divisione tra un blocco di conservazione,
accreditato di riformismo e guidato da Cossiga, ed uno di «progresso» che
comprenderebbe settori del partito cattolico e del PDS di Occhetto, c'è -a
nostro avviso- una lotta per la sopravvivenza, tutta interna al potere. Si
fronteggiano pezzi del potere politico e del mondo finanziario; pezzi di
massoneria; apparati burocratici; vertici istituzionali; settori della
magistratura. Uno scontro durissimo. Una partita sporca nella quale ci son
dentro tutti: picconatori e picconati, gli uni e gli altri in piena crisi di
panico per la possibile perdita di privilegi e prebende, ricchezze ed onori.
Tutti: burattinai e pupi, governatori ed ascari.
E dall'altra parte? In quell'universo variegato -e fin qui velleitario- di
movimenti alternativi, di gruppi e gruppetti, di partitucoli emergenti
attentissimi a consolidare posizioni minoritarie? Che accade dall'altra parte?
Quali obiettivi? Quali strategie? È arrivata anche lì, inarrestabile e
devastante, l'omologazione? Possibile che non si capisca che è questo il momento
di maggiore debolezza ed instabilità di un potere, diventato «regime», che
finirà per stabilizzarsi ancora utilizzando -ove non bastassero ulteriori,
sanguinose, «casualità», sempre dietro l'angolo- le miopie, le paure, i
pregiudizi, i tabù, le debolezze culturali e programmatiche dei suoi tanti
-troppi!- oppositori.
Le aggregazioni nuove, le fascinose alleanze. Contro i partiti, oltre «questi»
partiti. Ecco la sfida. Avendo ben presente, da un lato, le lezioni della Storia
-che ci ha regalato in questi ultimi, indimenticabili anni, vicende di portata
davvero rivoluzionaria. A cominciare dalla fine del Comunismo e dal crollo dei
Muri!- e, dall'altro, dei tempi della Politica, quella con la maiuscola, che non
ammette ritardi, né perdona negligenze.
C'è, nella gente, forse per la prima volta in circa un cinquantennio, una grande
voglia di nuovo, una ritrovata speranza, dopo lustri di rassegnazione. Qualcosa
si muove, sia pure lentamente, in quella società civile non sempre -e non del
tutto ancora- immune da responsabilità e complicità con il potere dominante e le
sue tante sirene. Dar voce a quest'ansia di cambiamento e rinnovamento,
riscoprendo discriminanti culturali forti e ponendole alla base delle
convergenze possibili.
Questa la scommessa. Questo il compito ambizioso ed esaltante che possono e
debbono darsi tutti quelli che non ci stanno e che desiderano davvero «costruire
un pezzo di società cambiata».
Beniamino
Donnici
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