Disimpegnarsi
Mentre lo scenario politico mondiale si fa interessante per le situazioni che
produce, il panorama politico italiano s'offusca d'ogni sorta di pulviscolo
irritante. Bush va in Giappone, sviene, vomita e torna con le pive nel sacco. La
nazione, spianata dalle bombe atomiche dell'«Enoia Gay» perse la guerra ma ha
vinto la pace. Il cow boy della massoneria petrolifera è attaccato ai fianchi
dal suo agglomerato multirazziale, che dopo la «vittoria» nel deserto
mediorientale, fa i conti con i quaranta milioni di morti di fame, che popolano
gli States, con gli indici di disoccupazione che salgono alle stelle, con le
privazioni che aumentano quotidianamente in quel che fu il Regno dell'Opulenza e
del Consumismo.
La Germania ha ripreso il suo ruolo di asse portante dell'Europa continentale;
Kohl reclama a viva voce per la sua nazione quello che quarant'anni di
occupazione alleata non è riuscito a sfibrare. Anche la Germania perse la guerra
ed ha vinto la pace.
Le finzioni geopolitiche, create nel primo ventennio del secolo, si stanno
sfarinando, appena recisi i reticolati che la tenevano insieme. La Jugoslavia
titoista e l'Unione Sovietica stalinista non esistono più. La Slovenia e la
Croazia resistono eroicamente alle spallate dell'ultima oligarchia comunista.
L'Esercito di Liberazione irlandese assesta colpi su colpi all'apparato di
occupazione britannico, portando l'attacco nel cuore della City londinese. I
media, asserviti all'imperialismo occidentale, seguitano a parlare di attacchi
«terroristici» ma la Patria è di chi sa conquistarsela.
Solo l'Italia ha perso guerra e pace e le sue cronache sono di uno squallore
unico. I liquami che grondano copiosi dai muri sbrecciati di casa nostra non
costituiscono che l'essudato di un ammasso di carni putrescenti. Che noia,
questo Cossiga, che sparla ad ogni pie' sospinto, minacciando rivelazioni di
fatti che si dimostrano alla verifica insulsi e melensi. Ci dica piuttosto
perché e su ordine di chi fu ucciso Moro!
Che miseria quel «Partito del Presidente» che regge il moccolo in maniera
ignominiosa. Burattini della storia, disonorati della politica. Scemi.
Quando si pretende di essere depositari d'un retaggio storico, che ebbe drammi
sanguinosi, e si finisce per magnificare colui il quale ritiene e pubblicamente
afferma che quella tragedia costituì «una sbagliata concezione del loro dovere»
e «un errato apprezzamento della realtà storica» non si può essere altro che
quello che si è. Scemi.
E mentre il palcoscenico s'infittisce di idioti, di paranoici e di furbastri che
pretenderebbero di ricondurci fra poche settimane a celebrare gli ennesimi «ludi
cartacei» di questa democrazia mafiosa, nella quale sguazzano i politicanti
malavitosi e arrembanti della partitocrazia camorristica, dobbiamo dire, per
chiarezza, come s'intende comportarci.
Noi vantiamo un primato: quello di essere sempre stati all'opposizione. Di
essere l'Opposizione, anche quando militavamo in organizzazioni che la
praticavano soltanto di facciata.
Cosa ci è capitato in questi anni? Vedevamo il fango montare, notavamo i
gaglioffi «salire» ma poi, perché avevamo un amico, al quale non si può dire di
no, ci turavamo montanellianamente il naso e andavamo alle urne. Per tutta la
vita è stato così per noi. In nome di un interesse «superiore». E in virtù di
quell'interesse saliva la mota e montavano i mascalzoni.
Ora non può più essere così; non possono più esserci «amici»; non esistono più
«interessi». Guai se ci si facesse riprendere da falsi sentimentalismi.
Ricominceremmo a masturbarci. Dobbiamo invece sceverare i fattori personali da
quelli politici.
Già si pongono i primi interrogativi e si effettuano le prime considerazioni.
Non votare è inutile, si dice: circa mille persone siederanno in Parlamento, sia
che si vada alle urne in tanti, sia che si vada in pochi. E poi, si continua, il
voto è dovere civico. Chi è al servizio dello Stato, non può esimersi, eccetera,
eccetera, eccetera.
Queste giaculatorie, questi ragionamenti piccolo-borghesi non ci devono toccare.
La democrazia è un metodo di reggimento dei popoli in un globo terracqueo in cui
tutto è relativo. E chi non va alle urne, non viene privato della propria
libertà. Si tratta invece di scindere le responsabilità morali che si hanno nel
delegare a un coacervo d'individui la rappresentanza della propria personalità
politica e della moralità individuale.
In Italia s'è instaurato un sistema di cricche affaristiche che si legittima
dietro la nomina riveniente dal voto. A fronte di una situazione incancrenita
non c'è soluzione medicamentosa che possa risanare i bubboni purulenti. Seppure
esistono nell'ambito dei consessi malavitosi della democrazia soggetti
moralmente qualificati, essi restano irrimediabilmente stritolati dalle logiche
mafiose di sistema e risultano pertanto impossibilitati a svolgere qualsiasi
funzione antiflogistica. Sono cioè inutili. Non mandandoli, li liberiamo dalle
frustrazioni di un ruolo che non possono, pur volendolo, svolgere. È per ovviare
a tutte queste situazioni incresciose che è necessario tenersi lontano dai «ludi
cartacei». L'elettoralismo non è il nostro destino.
Questo atteggiamento è necessario anche in ordine ad altre considerazioni che
merita effettuare. La caduta della cortina di ferro ha prodotto una serie di
effetti, dei quali assistiamo solo all'origine del dipanarsi. Con il dirupo dei
muri si sono liberate le coscienze, per lustri ingabbiate fra le sbarre
ideologiche. La storia ha cessato la logica di Yalta. Ma non siamo pervenuti
alla soluzione dei mille problemi che assillano il mondo.
Per quanto si riferisce alla consistenza del nostro popolo, c'è da rimarcare un
allargamento del divario fra nord e sud dell'Italia. Quarantacinque anni di
potere democristiano hanno prodotto profonde lacerazioni nel tessuto nazionale.
Le varie Leghe non sono la causa ma l'effetto di una politica liberaldemocratica
che ha spampanato, atomizzato la comunità nazionale. Le condizioni
socio-economiche del Nord e del Sud presentano differenze laceranti. Ci sarà
pure un motivo ed esisteranno anche responsabilità; dove cercarle se non nel
sistema di potere democristiano?
È allora necessario concentrare gli sforzi nel combattere questa peste
nazionale. Pia illusione sarebbe pretendere che il Partito-Stato naufraghi
mediante sistemi elettorali, nei quali si è formato e nuota agevolmente. La
Balena Bianca ha sempre guadagnato al Sud ciò che perdeva al Nord. Le cause non
risiedono in caratteristiche etnologiche bensì sulla filosofia del potere, che
si è retto su una mistificazione: l'esistenza di una opposizione che ne
legittimava l'esercizio. Ciò è quanto di più falso ci sia potuto essere.
L'opposizione, qualsiasi opposizione, è sempre stata di facciata. Il Partito
Comunista s'è retto su un sottogoverno, che tramite la Lega delle Cooperative, i
Sindacati, le Camere del Lavoro, le Presidenze parlamentari, la dirigenza di
commissioni ha succhiato linfa dalle stesse mammelle. In Italia sul duopolio
DC-PCI s'è riprodotta la diarchia USA-URSS.
Delle altre «opposizioni» è meglio tacere: centro addestramento reclute per
conservatori, reazionari, golpisti, servi dell'Impero a stelle e strisce. La
riprova sta nell'accaduto di questi giorni. Capi delle grandi centrali diventano
ministri e grandi boiardi di Stato. Generali felloni, pretoriani insozzati nelle
paludi mefitiche di servizi segreti inaffidabili, circumnavigano l'emiciclo di
Montecitorio.
Ed è quella legittimazione che bisogna eliminare dal sistema di potere
democristiano. Distrutte le «opposizioni» di facciata, cadrà il partito-Stato.
Ma per far questo occorre astenersi. Qualsiasi travaso di voti, qualsiasi
sentimentalismo fa il gioco del potere.
L'opposizione, quella vera, deve ricrearsi nelle piazze, sui posti di lavoro,
nelle case. Siamo strangolati da mostri famelici, che conducono un'esistenza
dissoluta, abbondantemente ingrassati dalla locupletazione che il regime
permette in nome di una supposta democrazia. In altri tempi e con altri uomini
si sarebbe messo mano al bastone. Oggi, infiacchiti dalla pancia piena, possiamo
soltanto segare i pilastri. L'architrave rovinerà.
Vito
Errico
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