Il Movimento Antagonista
"Calabria libera"
Avrei preferito riportare, come editoriale, il discorso che Beniamino Donnici,
il consigliere regionale calabrese uscito con molti altri dal Movimento Sociale,
ha pronunciato la sera del 18 gennaio in un'affollata assemblea a Lamezia Terme.
Quella sera si accesero molte speranze; e la possibilità che la Calabria,
puntando sull'organizzazione delle proprie forze, inverta una secolare tendenza
alla dispersione ed alla sudditanza, prese in quell'assemblea la forma di
qualcosa già in cammino. Il testo di quel discorso darebbe al lettore la
possibilità di valutare direttamente le idee, i sentimenti, i bisogni che stanno
alla base di questa nuova iniziativa politica, ed anche l'intensità e
l'autenticità della passione che la sospinge come necessaria. Se siamo costretti
a rinunciarvi è solo per la difficoltà di trascrizione e per non allungare
ulteriormente i tempi di pubblicazione della rivista.
È difficile non cogliere la serietà della proposta di "Calabria libera". Essa è
legata alla consapevolezza maturata nell'esperienza, vigorosamente espressa
nella relazione di Giuseppe Sciano, della gravissima situazione in cui versano
le popolazioni di questa regione. La denuncia del degrado della politica, del
regime partitocratico non sono il facile gergo, che corre sulla bocca di tutti,
soprattutto di quelli che di quel degrado sono largamente responsabili, ma nasce
da una sofferta esperienza, insieme all'impegno di restituire alla politica la
dignità che le è propria di organizzazione in comune della vita sociale.
«Basta anche con le reazioni -scrive Sciano nella sua relazione-. È tempo di
azioni, di moti positivi che partano dall'interno di ognuno di noi e che
testimonino il possesso di una base, di un principio, di un centro». E, ritengo,
sulla base del sentimento della drammaticità della situazione che sono maturate
all'interno degli uomini del "Movimento Antagonista" alcune affermazioni
importanti: quella della necessità di «sfuggire alla facile tentazione di
ritenere che l'unico momento di verifica e di scontro con il sistema
partitocratico sia rappresentato dalle elezioni»; l'altra secondo cui per
sconfiggere la mafia «non serve certo militarizzare la Calabria con l'invio di
migliaia di carabinieri, bensì adoperarsi affinchè il popolo possa riconquistare
la propria libertà che gli è negata da una democrazia tanto declamata quanto
palese ed incompiuta».
Quella di "Calabria libera" sembra un'esperienza maturata nello sforzo di
identificare la fisionomia attuale, ma anche lontana, del territorio calabrese;
la sua disgregazione, ma anche la sua vita profonda; la «falsa politica» del
neocolonialismo che la domina e la stravolge, ma anche i legami con «quelle
aree, sociali e geografiche, che hanno pagato e pagano costi esistenziali enormi
ad un sistema di potere economico e politico ispirato dalla sola logica del
profitto».
«L'area della politica -si legge in altra parte del documento di presentazione-
si sposta lungo la direzione Nord-Sud... Emergono all'orizzonte problemi nuovi,
dirompenti e per tanti versi drammatici: la bomba demografica, il sottosviluppo,
l'immigrazione. È il Sud del mondo che si scuote: l'America Latina, i Paesi
Arabi, tutto quel mondo che è rimasto vittima delle logiche imperialiste, delle
multinazionali del denaro e del mondo dell'usura...».
Se è così, se questo è il principio, operante anche se confuso di questo
Movimento, esso ha possibilità di vincere la difficile sfida. Solo
l'identificazione dei problemi delle nostre popolazioni, o meglio l'autoidentificazione
con essi -solo cioè la scelta come terreno del proprio lavoro, del territorio
che ci è stato dato, la convinta radicale fedeltà ad esso prima che alle nostre
organizzazioni ed alle nostre manovre- può fornirci i criteri e la forza per una
politica che vada oltre la politica.
Il problema non è nominale; non è quello di sfuggire alla logica imperialista
dell'attuale «falsa» politica definendosi gruppo o movimento anziché partito,
perché le parole gruppo movimento o partito sono solo parole e non fanno la
differenza. Il problema è se nell'organizzarsi, se nell'azione che si conduce,
se in definitiva nella mente e nel cuore la prevalenza è data al gruppo, o
movimento, o partito, quasi sia il soggetto da cui dipendano il futuro e le
sorti del mondo, o se invece la prevalenza va alla vita della gente, ai suoi
problemi quali dati dalla concreta situazione storica che essa vive; se la
prevalenza viene data al pur necessario, soggetto o al territorio su cui esso
vive e di cui, insieme agli altri, fa parte; se si continua a mettere il proprio
carro avanti ai buoi o se le cose vengono restituite finalmente al loro giusto
posto.
Se il nuovo movimento si limiterà a muoversi nel mondo politico, da cui pure è
nato ma in cui non stava a suo agio, rincorrendo illusorie trasversalità, o
magari puntando sulla forza della denuncia o della passione per costruire nuove
aggregazioni all'interno del mondo politico calabrese e meridionale, esso
verosimilmente non sfuggirà alle spire distruttive del trasformismo. Non
basteranno a salvarlo le aggregazioni con altri «antagonismi», che privilegiano
sempre sé stessi e la propria immagine e che comunque fanno parte dell'universo
politico italiano insediato nel Meridione.
La logica di questa struttura di dominio, dipendente dall'esterno per poter
dominare all'interno, non può consentire alternative: o conquista o distrugge.
Occorre porsi fuori, legandosi con quanto ancora nel Meridione è «vittima delle
logiche imperialiste», con le classi che si trovano lungo la direzione Nord-Sud,
con la loro vita culturale, sociale, politica.
Dico questo senza pretesa di saperne di più, ma nello sforzo di contribuire a
trovare le vie per le quali sia possibile costruire un movimento di liberazione
nel Meridione; senza le quali non bastano la generosità, la buona volontà, la
pulizia di una storia fuori dai compromessi, il possesso di alcune coordinate
per l'identificazione della posizione, che pure sono risorse importanti e
premesse essenziali. Parlo, semmai, con la partecipe convinzione che l'impegno
emerso nell'assemblea del 18 gennaio è manifestazione di una Calabria che cerca
sé stessa; e che, come tale, non deve andare perduta.
Francesco
Tassone *
* è
componente del Comitato esecutivo del Movimento Meridionale.
Il presente articolo è stato pubblicato, in contemporanea, anche sulla rivista
"Quaderni calabresi"
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