«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 2 (31 Marzo 1992)

 

Il Movimento Antagonista
"Calabria libera"

 


Avrei preferito riportare, come editoriale, il discorso che Beniamino Donnici, il consigliere regionale calabrese uscito con molti altri dal Movimento Sociale, ha pronunciato la sera del 18 gennaio in un'affollata assemblea a Lamezia Terme. Quella sera si accesero molte speranze; e la possibilità che la Calabria, puntando sull'organizzazione delle proprie forze, inverta una secolare tendenza alla dispersione ed alla sudditanza, prese in quell'assemblea la forma di qualcosa già in cammino. Il testo di quel discorso darebbe al lettore la possibilità di valutare direttamente le idee, i sentimenti, i bisogni che stanno alla base di questa nuova iniziativa politica, ed anche l'intensità e l'autenticità della passione che la sospinge come necessaria. Se siamo costretti a rinunciarvi è solo per la difficoltà di trascrizione e per non allungare ulteriormente i tempi di pubblicazione della rivista.
È difficile non cogliere la serietà della proposta di "Calabria libera". Essa è legata alla consapevolezza maturata nell'esperienza, vigorosamente espressa nella relazione di Giuseppe Sciano, della gravissima situazione in cui versano le popolazioni di questa regione. La denuncia del degrado della politica, del regime partitocratico non sono il facile gergo, che corre sulla bocca di tutti, soprattutto di quelli che di quel degrado sono largamente responsabili, ma nasce da una sofferta esperienza, insieme all'impegno di restituire alla politica la dignità che le è propria di organizzazione in comune della vita sociale.
«Basta anche con le reazioni -scrive Sciano nella sua relazione-. È tempo di azioni, di moti positivi che partano dall'interno di ognuno di noi e che testimonino il possesso di una base, di un principio, di un centro». E, ritengo, sulla base del sentimento della drammaticità della situazione che sono maturate all'interno degli uomini del "Movimento Antagonista" alcune affermazioni importanti: quella della necessità di «sfuggire alla facile tentazione di ritenere che l'unico momento di verifica e di scontro con il sistema partitocratico sia rappresentato dalle elezioni»; l'altra secondo cui per sconfiggere la mafia «non serve certo militarizzare la Calabria con l'invio di migliaia di carabinieri, bensì adoperarsi affinchè il popolo possa riconquistare la propria libertà che gli è negata da una democrazia tanto declamata quanto palese ed incompiuta».
Quella di "Calabria libera" sembra un'esperienza maturata nello sforzo di identificare la fisionomia attuale, ma anche lontana, del territorio calabrese; la sua disgregazione, ma anche la sua vita profonda; la «falsa politica» del neocolonialismo che la domina e la stravolge, ma anche i legami con «quelle aree, sociali e geografiche, che hanno pagato e pagano costi esistenziali enormi ad un sistema di potere economico e politico ispirato dalla sola logica del profitto».
«L'area della politica -si legge in altra parte del documento di presentazione- si sposta lungo la direzione Nord-Sud... Emergono all'orizzonte problemi nuovi, dirompenti e per tanti versi drammatici: la bomba demografica, il sottosviluppo, l'immigrazione. È il Sud del mondo che si scuote: l'America Latina, i Paesi Arabi, tutto quel mondo che è rimasto vittima delle logiche imperialiste, delle multinazionali del denaro e del mondo dell'usura...».
Se è così, se questo è il principio, operante anche se confuso di questo Movimento, esso ha possibilità di vincere la difficile sfida. Solo l'identificazione dei problemi delle nostre popolazioni, o meglio l'autoidentificazione con essi -solo cioè la scelta come terreno del proprio lavoro, del territorio che ci è stato dato, la convinta radicale fedeltà ad esso prima che alle nostre organizzazioni ed alle nostre manovre- può fornirci i criteri e la forza per una politica che vada oltre la politica.
Il problema non è nominale; non è quello di sfuggire alla logica imperialista dell'attuale «falsa» politica definendosi gruppo o movimento anziché partito, perché le parole gruppo movimento o partito sono solo parole e non fanno la differenza. Il problema è se nell'organizzarsi, se nell'azione che si conduce, se in definitiva nella mente e nel cuore la prevalenza è data al gruppo, o movimento, o partito, quasi sia il soggetto da cui dipendano il futuro e le sorti del mondo, o se invece la prevalenza va alla vita della gente, ai suoi problemi quali dati dalla concreta situazione storica che essa vive; se la prevalenza viene data al pur necessario, soggetto o al territorio su cui esso vive e di cui, insieme agli altri, fa parte; se si continua a mettere il proprio carro avanti ai buoi o se le cose vengono restituite finalmente al loro giusto posto.
Se il nuovo movimento si limiterà a muoversi nel mondo politico, da cui pure è nato ma in cui non stava a suo agio, rincorrendo illusorie trasversalità, o magari puntando sulla forza della denuncia o della passione per costruire nuove aggregazioni all'interno del mondo politico calabrese e meridionale, esso verosimilmente non sfuggirà alle spire distruttive del trasformismo. Non basteranno a salvarlo le aggregazioni con altri «antagonismi», che privilegiano sempre sé stessi e la propria immagine e che comunque fanno parte dell'universo politico italiano insediato nel Meridione.
La logica di questa struttura di dominio, dipendente dall'esterno per poter dominare all'interno, non può consentire alternative: o conquista o distrugge. Occorre porsi fuori, legandosi con quanto ancora nel Meridione è «vittima delle logiche imperialiste», con le classi che si trovano lungo la direzione Nord-Sud, con la loro vita culturale, sociale, politica.
Dico questo senza pretesa di saperne di più, ma nello sforzo di contribuire a trovare le vie per le quali sia possibile costruire un movimento di liberazione nel Meridione; senza le quali non bastano la generosità, la buona volontà, la pulizia di una storia fuori dai compromessi, il possesso di alcune coordinate per l'identificazione della posizione, che pure sono risorse importanti e premesse essenziali. Parlo, semmai, con la partecipe convinzione che l'impegno emerso nell'assemblea del 18 gennaio è manifestazione di una Calabria che cerca sé stessa; e che, come tale, non deve andare perduta.

 

Francesco Tassone *


* è componente del Comitato esecutivo del Movimento Meridionale.
Il presente articolo è stato pubblicato, in contemporanea, anche sulla rivista "Quaderni calabresi"

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