«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 2 (31 Marzo 1992)

 

Rachitismo politico e statotatria

 

 

«Lo Stato, quel mostro che tutto divora con denti rubati»
Friedrich Nietzsche


Lo Stato -dunque- come finzione moderna, come astrazione volta a coprire i misfatti delle cosche e delle lobbies al potere. Lo Stato -ancora- che rapina, uccide, mette le bombe e mai paga per i suoi delitti e per le sue imposture.
Lo Stato -infine- che pretende hegelianamente di proporsi come eticità mentre fraudolentemente è espressione degli interessi dei partiti che hanno spogliato il Popolo della sua identità.
Questo Stato, inventato per sostituirsi all'Imperium e per farsi veicolo di altri imperi fondati sull'usura e sulla demonìa della banca e della loggia...
E lo Stato italiano! Una colonia operante in nome e per conto del padrone d'oltre Oceano come strumento di annientamento delle specificità, come veicolo di omologazione culturale...
E c'è chi torna a chiedere in nome di esso e pena di morte e legge marziale e poteri illimitati in difesa dell'autorità e dell'ordine... L'ordine dei bottegai, dei benpensanti, dei qualunquisti pronti talvolta a sacrificare persino qualche spicciolo per poter continuare in tutta tranquillità a gestire la bottega, la vivibilità delle loro case e dei loro quartieri, l'anonimato qualunque del loro nulla di borghesi senza passato e senza domani.
La Comunità come libertà di destino? Meglio una società di miserabili che si battono per il quieto vivere... Che questo, poi, sia assicurato dalla camorria o dallo Stato come sintesi mafiosa delle mille camorrie, poco o nulla importa.
Noi siamo diversi; e la nostra diversità ci piace. Per essa -anche per essa- ci battiamo. Ed allora esegeti della politica, grandi analisti della Storia, cosa ci raccontate? Che il cambiamento va cercato nelle segreterie dei partiti? Oppure traversando le formule stantie delle ideologie? Od ancora nei santuari del tempio moderno chiamato «banca»? Pietà! Noi moriamo «se ci troviamo in situazioni contaminate».
Per questo -anche per questo- noi vogliamo fare "Tabularasa". Chi è con noi, chi con noi si riconosce nell'area vasta dell'antagonismo abbandoni le chiese e le gabbie partitiche. Il Popolo -il nostro Popolo- ha bisogno di «eretici» e di «trasgressori», di uomini -in breve- disposti a riprendere la lotta partendo da quel magico Punto Zero -in cui il tutto ed il nulla s'incontrano- che costituisce il «topos», il luogo politico propositivo per una Rivoluzione epocale.
«Per la prima volta con me ci sono di nuovo speranze, compiti, vie da tracciare alla Civiltà — io sono il loro lieto messaggero... Appunto per questo io sono anche un destino».

 

Paolo di Tuscia

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