«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 3 (31 Maggio 1992)

 

Wrestling: un rituale del cretinismo coatto

 


Che cos'è il wrestlingl Non lo sapevo prima, non lo so neppure adesso. Eppure ho assistito alle esibizioni delle Superstars della World Wrestling Federation riunite in un tour europeo al Forum di Assago; ho visto da vicino masse muscolari contrarsi, scattare, sollevarsi nell'aria, precipitare a terra, rimbalzare come palle di gomma; ho udito grida di guerra a metà strada tra ruggiti di barbari scatenati in furibonde scorrerie e rutti di marinaretti albionici in dondolante pellegrinaggio tra un pub e l'altro. Eppure ho visto l'entusiasmo di migliaia e migliaia di persone-bambini, adolescenti, qualche mamma e qualche babbo venuti a far da scorta a pargoletti in gioiosa estasi, perfino qualche vecchietto con maglia variopinta, cappellino e cartellone, con vergata sopra una scritta inneggiante all'Eroe preferito; e ho constatato, col doloroso stupore dell'estraneo che proprio non riesce a lasciarsi trascinare almeno un po', come un incontro di wrestling sia una potente, incredibile calamità che attira gente da tutta Italia, tutti saldando in festosa comunità, in tripudiante banchetto visivo e uditivo.
Tutti ad Assago, giunti con mezzi propri ma anche con mezzi di fortuna, molti per ferrovia senza troppo curarsi del fatto che oggi, sabato 11 aprile 1992, giorno dell'appuntamento con gli Eroi, i macchinisti COBAS sciopereranno. Il perugino, il torinese, il trentino, il fiorentino troveranno il sistema di ripartire in tempi utili per la scuola, il lavoro in fabbrica, l'ufficio ecc. ecc? Chi lo sa: certo è che queste malinconiche osservazioni pratiche poco o nulla possono contro il fascino piratesco di Macho Man, la chioma cotonata di Rie Flair, i bicipiti, tricipiti, quadricipiti sussultanti di El Matador, i patriottici appelli al sogno americano ritmati da Hacksaw Jim Duggan e scanditi insieme a lui da osannanti platee di yankee ad honorem: lu-Es-Ei, Iu-Es-Ei, Iu-Es-Ei (USA, per i profani), in vertiginoso, sublime, crescendo.
Che dire? Che sono scandalizzato, stravolto, offeso, ferito da quest'orgia di dilagante idiozia? Che se c'è un terribile contagio AIDS che, partito dalle categorie a rischio, allegramente si allarga a tutte le altre (maximo con gaudio, si direbbe, di certi pennivendoli con targa gay, urtati nella loro vibrante sensibilità dall'egoismo dei normali), c'è anche un contagio wrestling -non meno a stelle e strisce del primo- che plana sui cervelli, brilla negli occhi, fa palpitare i cuori, scattare le braccia, aprire le dita in segno di vittoria, strillare, inneggiare, benedire, maledire?
Perché il pubblico di un incontro wrestling o benedice o maledice; e lo fa con compattezza degna di miglior causa. Nel senso che -dei due che si affrontano sul ring- uno è la Bestia Eroica cui vanno le ovazioni di tutti (i brontolii dei dissenzienti -ammesso che ce ne siano- vengono sommersi nel corale plauso della massa); l'altro è la Bestia Immonda che dev'essere schiantata al suolo. Attraverso un meccanismo, gratificante come un rito, dove non ci debbono essere sorprese ma solo conferme: dapprincipio la Bestia Immonda, da tutti schifata (nel cerimoniale è compresa anche l'uscita di scena sdegnosa del Reietto, cui peraltro fa seguito l'immediato rientro), sembra dominare la situazione: l'immagine dell'Eroe appare messa a mal partito, ma l'incrollabile fedeltà del pubblico la sostiene; successivamente la Bestia Eroica -i cui caratteri non sono in alcun modo più umani dell'altra, anzi, c'è un sovrappiù di tracotanza gorillesca che manda in visibilio gli astanti- con pochi, ben assestati colpi condanna all'ignominia del K.O. (o qualcosa del genere) l'Odioso Avversario.
Ne segue un boato di approvazione: e si badi bene che in questo scatenamento emozionale non dobbiamo figurarci un campionario antropologico da concerto di Vasco Rossi (genere drogato-sciamannato-allucinato, tanto per intenderci) e nemmeno da stadio di calcio (genere ultrà-con bava alla bocca e spranga incorporata): gli spettatori del wrestling sono quasi tutti bravi ragazzi che non farebbero male a una mosca. E lo stesso vale per le Superstars: gli antagonisti canonici, le coppie che sembravano consacrate a lacerarsi brano a brano, si ritrovano a cena allo stesso tavolo: tutti giulivi senza l'ombra di un livido o di un graffio.
E allora? Allora può darsi che il wrestling sia un gigantesco -e in fondo amaro- Scherzo Collettivo, attraverso cui due Buffoneschi Eroi -debbono essere buffoneschi, rappresentare la degradata ferocia del nostro tempo- si scontrano per liberare gli enormi potenziali delle nostre energie che non riescono a prendere forma e a darsi una direzione. In questo caos, dove il senso del ridicolo affoga tra i lustrini stile Wanda Osiris che, con ogni evidenza, gli Eroi hanno assai cari e un tifo schematico, rozzo, bambinesco -ma è un'infanzia da ritardati, è innaturale sprofondamento in un chiassoso Nulla-; in questo caos le generazioni che erediteranno il futuro beatamente si immergono.
Se nel fluire dei giorni non c'è il siparietto/droga come si fa a morire? E se non c'è il siparietto/wrestling come si fa a vivere?
Dacci, o Signore, il quotidiano oblio.
 

Federico Acciari

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