Wrestling:
un rituale del cretinismo coatto
Che cos'è il wrestlingl Non lo sapevo prima, non lo so neppure adesso. Eppure ho
assistito alle esibizioni delle Superstars della World Wrestling Federation
riunite in un tour europeo al Forum di Assago; ho visto da vicino masse
muscolari contrarsi, scattare, sollevarsi nell'aria, precipitare a terra,
rimbalzare come palle di gomma; ho udito grida di guerra a metà strada tra
ruggiti di barbari scatenati in furibonde scorrerie e rutti di marinaretti
albionici in dondolante pellegrinaggio tra un pub e l'altro. Eppure ho visto
l'entusiasmo di migliaia e migliaia di persone-bambini, adolescenti, qualche
mamma e qualche babbo venuti a far da scorta a pargoletti in gioiosa estasi,
perfino qualche vecchietto con maglia variopinta, cappellino e cartellone, con
vergata sopra una scritta inneggiante all'Eroe preferito; e ho constatato, col
doloroso stupore dell'estraneo che proprio non riesce a lasciarsi trascinare
almeno un po', come un incontro di wrestling sia una potente, incredibile
calamità che attira gente da tutta Italia, tutti saldando in festosa comunità,
in tripudiante banchetto visivo e uditivo.
Tutti ad Assago, giunti con mezzi propri ma anche con mezzi di fortuna, molti
per ferrovia senza troppo curarsi del fatto che oggi, sabato 11 aprile 1992,
giorno dell'appuntamento con gli Eroi, i macchinisti COBAS sciopereranno. Il
perugino, il torinese, il trentino, il fiorentino troveranno il sistema di
ripartire in tempi utili per la scuola, il lavoro in fabbrica, l'ufficio ecc.
ecc? Chi lo sa: certo è che queste malinconiche osservazioni pratiche poco o
nulla possono contro il fascino piratesco di Macho Man, la chioma cotonata di
Rie Flair, i bicipiti, tricipiti, quadricipiti sussultanti di El Matador, i
patriottici appelli al sogno americano ritmati da Hacksaw Jim Duggan e scanditi
insieme a lui da osannanti platee di yankee ad honorem: lu-Es-Ei, Iu-Es-Ei,
Iu-Es-Ei (USA, per i profani), in vertiginoso, sublime, crescendo.
Che dire? Che sono scandalizzato, stravolto, offeso, ferito da quest'orgia di
dilagante idiozia? Che se c'è un terribile contagio AIDS che, partito dalle
categorie a rischio, allegramente si allarga a tutte le altre (maximo con
gaudio, si direbbe, di certi pennivendoli con targa gay, urtati nella loro
vibrante sensibilità dall'egoismo dei normali), c'è anche un contagio wrestling
-non meno a stelle e strisce del primo- che plana sui cervelli, brilla negli
occhi, fa palpitare i cuori, scattare le braccia, aprire le dita in segno di
vittoria, strillare, inneggiare, benedire, maledire?
Perché il pubblico di un incontro wrestling o benedice o maledice; e lo fa con
compattezza degna di miglior causa. Nel senso che -dei due che si affrontano sul
ring- uno è la Bestia Eroica cui vanno le ovazioni di tutti (i brontolii dei
dissenzienti -ammesso che ce ne siano- vengono sommersi nel corale plauso della
massa); l'altro è la Bestia Immonda che dev'essere schiantata al suolo.
Attraverso un meccanismo, gratificante come un rito, dove non ci debbono essere
sorprese ma solo conferme: dapprincipio la Bestia Immonda, da tutti schifata
(nel cerimoniale è compresa anche l'uscita di scena sdegnosa del Reietto, cui
peraltro fa seguito l'immediato rientro), sembra dominare la situazione:
l'immagine dell'Eroe appare messa a mal partito, ma l'incrollabile fedeltà del
pubblico la sostiene; successivamente la Bestia Eroica -i cui caratteri non sono
in alcun modo più umani dell'altra, anzi, c'è un sovrappiù di tracotanza
gorillesca che manda in visibilio gli astanti- con pochi, ben assestati colpi
condanna all'ignominia del K.O. (o qualcosa del genere) l'Odioso Avversario.
Ne segue un boato di approvazione: e si badi bene che in questo scatenamento
emozionale non dobbiamo figurarci un campionario antropologico da concerto di
Vasco Rossi (genere drogato-sciamannato-allucinato, tanto per intenderci) e
nemmeno da stadio di calcio (genere ultrà-con bava alla bocca e spranga
incorporata): gli spettatori del wrestling sono quasi tutti bravi ragazzi che
non farebbero male a una mosca. E lo stesso vale per le Superstars: gli
antagonisti canonici, le coppie che sembravano consacrate a lacerarsi brano a
brano, si ritrovano a cena allo stesso tavolo: tutti giulivi senza l'ombra di un
livido o di un graffio.
E allora? Allora può darsi che il wrestling sia un gigantesco -e in fondo amaro-
Scherzo Collettivo, attraverso cui due Buffoneschi Eroi -debbono essere
buffoneschi, rappresentare la degradata ferocia del nostro tempo- si scontrano
per liberare gli enormi potenziali delle nostre energie che non riescono a
prendere forma e a darsi una direzione. In questo caos, dove il senso del
ridicolo affoga tra i lustrini stile Wanda Osiris che, con ogni evidenza, gli
Eroi hanno assai cari e un tifo schematico, rozzo, bambinesco -ma è un'infanzia
da ritardati, è innaturale sprofondamento in un chiassoso Nulla-; in questo caos
le generazioni che erediteranno il futuro beatamente si immergono.
Se nel fluire dei giorni non c'è il siparietto/droga come si fa a morire? E se
non c'è il siparietto/wrestling come si fa a vivere?
Dacci, o Signore, il quotidiano oblio.
Federico
Acciari
|