«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 3 (31 Maggio 1992)

 

Oltre il 5 Aprile

 


Non sarebbe serio e veritiero dire che le elezioni del 5 aprile scorso, proprio perché non appartenevamo né ci riconoscevamo in alcun partito politico, non ci hanno interessato, riguardato. Ci hanno interessato, eccome! E le abbiamo guardate, per la prima volta, con un occhio diverso, forse anche più attento. Ne abbiamo colto la specificità e letto le risultanze senza animosità, preconcetti e pregiudizi, senza soffermarci più di tanto sullo zero virgola qualcosa in più o in meno, come ci era capitato per moltissimi anni. Le abbiamo lette soprattutto in chiave futura. Vi abbiamo visto sì il vecchio ma anche e principalmente il nuovo che c'era, che c'è. Per vedere se per noi antagonisti gli spazi si restringevano o si allargavano. Liberi da logiche incapacitanti di preferenze, di seggi, di cordate, di giochetti, più o meno puliti, di invidie, di personalismi. In breve al di là e al di fuori di logiche partitocratiche e clientelari. Sicuramente colpiti, più di ogni altra volta, dal disgusto nel vedere tanti e tanti miliardi gettati al vento nella rincorsa, ahimè anche in questo caso tanto americana, del voto preferenziale.
Ma non è di questo che vogliamo parlare. Neppure di altre cose quasi scontate e largamente previste come l'avanzata leghista, l'ulteriore crollo dell'area comunista, la stessa sconfitta democristiana, l'astensionismo ed il distacco crescenti, la fine dell'onda lunga craxiana, il calo della cosiddetta sinistra in generale.
Un primo dato importante che emerge è che, nel complesso, in Italia si vota sempre ancora troppo per appartenenza, nostalgismo, sentimentalismo o, peggio ancora, per clientelismo.
Non si vota mai, o quasi mai, per un progetto politico. Si vota, sempre ed ancora, condizionati da paure, ricatti e pregiudizi che in teoria si sostiene non avere più senso e volere superare ma che poi, nella pratica, esistono e pesano.
Si vota, sempre ed ancora, condizionati dai vecchi e stantii schemi di destra e sinistra.
Si potrebbe anche dire che oramai si vota più per abitudine che per convinzione. Si va a votare, e questo accade per un numero sempre maggiore di italiani, convinti di dare un voto di protesta e di cambiamento. Ma poi tutto resta come prima, o peggio di prima. Tutto è immutabile. Tutto è tremendamente sclerotizzato. Il voto di protesta non ha sbocchi. Chi va alla opposizione si comporta come chi governa. La storia di questi 45 anni lo dimostra. È piena di esempi eclatanti ed emblematici. Il voto di protesta, elargito da tanti italiani e con tanta fiducia, è sempre stato tradito.
È successo nel 1972 con il MSI, nel 1976 con il PCI, più di recente con i radicali e verdi, oggi con le leghe. Si parla sempre, tanto e troppo di opposizione ma poi nessuno la esercita fino in fondo.
Non esiste una reale alternativa allo strapotere dei partiti e dei politicanti che tutto soffocano e tutto riciclano con cinismo e arroganza. Cresce, e questo è un dato inconfutabile, il numero degli scontenti, di coloro che non ci stanno. Ma niente cambia. Andare a votare con le logiche attuali, non ha più senso. Tutto viene triturato dalla mostruosa e consolidata macchina partitocratica. Regna il conservatorismo più assoluto. Con il beneplacito di chi governa e di chi dice di stare alla opposizione. Tutti tesi a sopravvivere, ad accaparrarsi poltrone, poltroncine e sgabelli. Pronti a dire tutto ed il contrario di tutto. Fiumi di parole, miriadi di dibattiti, chilometri di scritti. Tutto viene manipolato e confezionato dai mass-media. Inesorabilmente. E così si continua a parlare, grande bluff anche questo, di unità a sinistra e di vento di destra. Come se in un caso o nell'altro qualche cosa cambiasse. Una truffa. Tutti d'accordo nel mantenere i loro orticelli, grandi o piccoli che siano. Nel consolidare certi privilegi. A sinistra, al centro, a destra.
Mai, come in questa campagna elettorale, non si è parlato di progetti politici. Di programmi. Di valori. Di cose da farsi. Si è parlato esclusivamente di preferenze e di formule di governo. Cene, spettacoli, spots pubblicitari, manchettes sui giornali. Punto e basta.
Alla barba degli sfrattati, dei senza casa, dei disoccupati, del problema droga e mafia, degli ospedali che non funzionano, della scuola che è nel caos, dei servizi da terzo mondo, del problema della immigrazione. In spregio a coloro che non ce la fanno più. Alla comunità che va alla deriva, americanizzata e spappolata oltre ogni misura.
Tutte queste cose, ed altre ancora, abbiamo visto e rivisto prima e dopo il voto del 5 aprile. Noi che abbiamo deciso di combattere le logiche partitocratiche e clientelari di questo perverso sistema. Noi antagonisti. Perché vogliamo imparare a conoscere anche le ragioni di altri antagonisti che non possono essere molto diverse dalle nostre. Per costruire insieme un'area del dissenso e al tempo stesso una autentica alternativa. Trasversale. Al di sopra di vecchi schematismi. Legati pur sempre alle radici che ci hanno generati e alle quali siamo tenacemente attaccati, così come altri antagonisti lo sono alle loro.
Convinti, come siamo, che esiste ancora la possibilità di parlare con la gente. Da uomini liberi. Forti delle proprie idee e convinzioni, ma senza integralismi di setta, senza preclusioni o steccati anacronistici. Quanto ci sta di fronte ed accanto va distrutto. Ma non lo si farà mai con il falso e ipocrita piccone di chi questo male ha pesantemente contribuito ad edificare. Né con coloro che, pur di restare a galla e raccattare qualche passeggero voto, questo piccone, tanto e troppo democristiano, hanno maldestramente e pateticamente impugnato, rinnegando radici antiche e storia recente. Ma coagulando quell'insieme di antagonismi che hanno, come noi, mille e mille ragioni per combattere e tanta voglia del nuovo. Per uscire da questo tipo di società egoista, massificata, sclerotizzata, asociale e americanizzata fino al midollo.
Questo è, e deve essere, il nostro antagonismo. Non un nuovo partito, che sarebbe subito vecchio ed inutile, ma qualcosa di diverso e di assai più importante.
Qualcosa che tocchi le coscienze e dia anima e coraggio a tutti coloro che non ci stanno.
 

Gianni Benvenuti

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