Imbroglioni a Camere
riunite
Sabato 16 maggio. Montecitorio. Si vota per eleggere il presidente della
Repubblica. Dai giornali del 17 maggio: «Qualcuno ha messo pił schede
nell'urna». Sorpresa? No, era risaputo: l'appellativo di onorevole corrisponde a
lestofante; ora ne abbiamo la prova.
Il mio pensiero č corso ad un piccolo libretto, stampato a proprie spese nel
1971 con i tipi dell'Editrice Giardini di Pisa, da un mio carissimo e perduto
amico e maestro, il prof. Marcello Nardi. Il titolo: "Demos e Kratos".
Leggiamone insieme alcuni brani:
«Insomma il demos che non tendeva all'esercizio diretto delle cariche
-specialmente di quelle che richiedevano competenza specifica e comportavano
gravi responsabilitą- si riservava gelosamente un controllo preventivo di
legittimitą e capacitą su chi veniva sorteggiato od eletto per una carica (dokimasia),
un controllo periodico su chi ricopriva un ufficio (epicheirotonia amóri), un
controllo finale sull'operato di chi aveva esercitato una magistratura (ełthynai);
ed i vari controlli normalmente ricadevano o sotto la competenza dei tribunali o
sotto la giurisdizione dell'istituto collegiale in cui si materializzava la
democrazia (ekklesia) o sotto la giurisdizione dell'istituto in cui si
esercitava la democrazia rappresentativa (bule). [...] L'esito favorevole
dell'esame preliminare di «dokimasia» veniva periodicamente integrato dalla «epicheirotonia»;
ad ogni pritania -cioč dieci volte durante il decorso di un anno- tutti coloro
che ricoprivano una carica, dovevano presentare un rendiconto ai dieci logisti,
addetti al controllo contabile. I dieci logisti, dopo aver compiuto l'esame
contabile dei registri di gestione, presentavano in tribunale i rendiconti
accompagnati dalla loro relazione. Se risultavano irregolaritą, il tribunale
emetteva sentenza di condanna che arrivava al pagamento del decuplo del danno in
caso di malversazione e di corruzione. [...] Con questa serie di reiterati
controlli, che precedevano, accompagnavano, concludevano la gestione delle
cariche da parte dei magistrati, la democrazia difendeva sé stessa. Il cittadino
ateniese eleggeva i magistrati destinati a cariche che richiedevano particolare
competenza o rivestivano particolare delicatezza: cariche militari (strateghi,
tassiarchi, ipparchi, filarelli), cariche amministrative (tesorieri ed
amministratori del pubblico denaro), cariche religiose, cariche concernenti la
sorveglianza e l'educazione dei giovani. [...] Il demos delegava il suo potere,
per ovvie necessitą di governo e di amministrazione, ad un numero rilevante di
istituti e di individui; ma si riservava sempre un rigoroso continuo controllo
sul comportamento dei magistrati eletti o sorteggiati, controllo che ricadeva in
definitiva istanza sotto la giurisdizione del tribunale. Un oratore
contemporaneo di Aristotele, pochi anni prima che la polis soggiacesse alla
potenza dell'esercito macedone, proclamava: "Tre sono i princģpi fondamentali
che proteggono e mantengono la democrazia... in primo luogo l'ordinamento
giuridico, in secondo luogo la sentenza dei giudici, in terzo luogo il processo
che ad essi consegna i colpevoli"».
Ve lo immaginate, amici lettori, che cosa succederebbe se la costituzione di
Solone e Pericle dovesse essere oggi applicata a quel migliaio di bellimbusti
che si fregiano del titolo di «onorevole»?
Potremmo, anche, tranquillamente amnistiare ogni loro trascorsa turpitudine che,
per mandarli in galera a vita, basterebbe chieder conto del denaro da loro speso
(e della relativa provenienza) nella recente campagna elettorale.
Basterebbe un minimo di attenzione da parte della Guardia di Finanza e dei
Carabinieri. Costoro non possono muoversi soltanto se sollecitati da qualche Di
Pietro. Le informazioni le hanno, le prove anche. Le trasmettano ai magistrati
ve ne sono ancora alcuni seri.
Č venuto il tempo di pensare seriamente al futuro di questa maledetta Italia.
a. c.
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