Quando la realtà supera
gli schemi
Nessuno si meravigli del caos delle
idee, nessuno ne sorrida,
nessuno ne
tragga motivo di burla o di gioia.
Questo caos è lo stato d'emergenza
delle idee nuove.
"Carta della Sorbona", Parigi 1968
Caro Antonio, dopo le tante tue sollecitazioni inizio a scrivere su queste
nostre pagine. E, come ti ho già confessato telefonicamente, il mio ritardo è
motivato unicamente dalla costante difficoltà di commentare il turbine degli
avvenimenti che, quotidianamente, superano la nostra possibilità di
interpretazione. Se per tanti anni ci siamo ripetuti all'infinito che la
politica è la capacità di anticipare i tempi, ora è forse saltato anche
quest'ultimo schema. Le novità scaturite dagli ultimi eventi sono infatti
estremamente più interessanti di qualsiasi nostra velleità anticipatrice.
Già, perché il ruolo fondamentale con il quale dobbiamo fare i conti -e quando
dico noi mi riferisco a tutte le culture politiche che hanno agitato la storia
del '900- è la fine dell'era delle rivoluzioni e delle ideologie con tutto il
corollario di «teorie generali» di una politica concepita come senso di
appartenenza e come tentativo di risposta globale e «salvifica» alle domande
della società. Basta pensare all'ultimo modello di ricomposizione ideologica del
nostro secolo. Quello che forse anche qualche suo «avversario» sperava vincente,
illudendosi di poter poi recitare un ruolo «antagonista»: l'occidentalismo.
Ricordi dopo l'89 -l'anno che nessuno è riuscito a comprendere nella sua reale
valenza simbolica di biodegradabilità dei vecchi schemi- la profezia di
Fukuyama? Il politologo nippo-americano scrisse che era «la fine della storia»:
con il crollo del comunismo, niente più divisioni, niente più conflitti, era il
momento dell'apoteosi delle democrazie occidentali che trionfavano insieme ai
supermercati. È passato poco tempo da allora ma anche questo schema non ha retto
all'irruzione del nuovo. Non c'è occidentalismo che tenga di fronte ai fenomeni
che stanno attraversando le società che fino a qualche tempo fa potevamo
definire occidentali.
È malata oppure piena di fermenti la Francia? Cosa succede nella Germania
riunificata? E perché la Gran Bretagna pur superando una grave crisi economica
si interroga sul suo essere europea? E cosa sta succedendo nella nostra Italia
dove iniziano a vacillare equilibri elettorali ultraquarantennali e ci si
comincia a ribellare alla corruzione generalizzata?
Altro che trionfo delle democrazie occidentali! Contemporaneamente, e senza
nessuna strategia unitaria, sono entrate in crisi tutte le grandi democrazie
industriali, siano esse parlamentari, presidenziali, semipresidenziali, a
sistema elettorale uninominale, con alternanza politica o meno. È come se la
voglia di nuovo avesse contagiato popoli interi, oltre le frontiere, oltre le
vicende interne, oltre gli assetti istituzionali, frammentando tutto, società e
soggetti politici. Non hai notato la difficoltà con cui i commentatori cercano
di nascondere il loro imbarazzo di fronte all'impossibilità di ricorrere ai
vecchi schemi interpretativi?
Vedi, caro Antonio, ci troviamo di fronte ad uno scenario in cui nessuno può più
imbrogliare le carte in tavola. Non esistono più schemi mistici con i quali
nascondere le proprie incapacità. La politica nuova ci attende. Sta a noi
liberarci di tanti lacci e cominciare ad intervenire in presa diretta sugli
avvenimenti, anche se forse sarebbe più facile e comodo far finta che non sia
successo niente. Certo, i nuovi scenari ci invitano ad una rinnovata etica della
responsabilità che, inevitabilmente, si traduce nel classico «Che fare?». Ma è
da qui che dobbiamo ripartire.
Con questo tolgo comunque il disturbo, invitando gli amici Umberto e Peppe, che
da questo punto di vista stanno più avanti di tutti noi, ad iniziare, su queste
pagine, un serio lavoro di riflessione per aiutare a districarci nel labirinto
di nuovi linguaggi della politica.
Luciano
Lanna
|