«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 4 (31 Luglio 1992)

 

i profili

Augusto Del Noce

 

 

Da due secoli storia politica e storia della filosofia tendono a confondersi, come un tempo avveniva tra storia politica e storia delle religioni. Una larga parte della filosofia moderna, infatti, non si accontenta più di spiegare il mondo, ma pretende di cambiarlo: è la filosofia che si «invera» nella storia.
Il primo a formulare nettamente questo compito è stato Karl Marx nelle sue "Tesi su Feuerbach", quattro paginette di appunti numerati del febbraio 1845 l'undicesimo e ultimo dei quali afferma: «I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo». Mai si era tentato di dire così tanto in così poco.
Si trattava peraltro di mettere in chiaro un fenomeno che si era già ampiamente manifestato nel secolo precedente con l'illuminismo, che aveva posto le basi culturali della rivoluzione francese e dei successivi tormentatissimi due secoli di cultura delle rivoluzioni: da quella liberal-democratica insanguinata prima in Francia dal terrore giacobino e dalla ghigliottina, poi in tutta l'Europa dalle guerre napoleoniche, a quelle liberal-nazionali del 1848, sino alla rivoluzione bolscevica dell'ottobre 1917 ed a quella fascista nell'ottobre 1922 con le relative proliferazioni in gran parte del mondo.
E alle spalle di tutto c'è la trasformazione epocale avviata dalla rivoluzione capitalistico-industriale, paragonabile nella storia del genere umano al passaggio dall'economia nomade della pastorizia e della caccia a quella stanziale dell'agricoltura.

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Questo è il grande, drammatico fenomeno moderno di cui più si è occupato il filosofo cattolico Augusto Del Noce, sia sul versante religioso della distruzione dei valori tradizionali e comunitari che si compie nelle fedi laiche e nei processi di secolarizzazione spinti fino all'ateismo, sia approfondendo in particolare il significato del fascismo e le tentazioni catto-comuniste.
Filosofo originalissimo della storia e della politica, in cui si comincia a riconoscere uno dei geni italiani del secolo, Augusto Del Noce ha prepotentemente insidiato le illusioni della cultura delle rivoluzioni mettendole di fronte alla realtà sconvolgente dell'«eterogenesi dei fini».
Che cosa significa in parole semplici eterogenesi dei fini? Significa che la natura umana non si lascia facilmente forzare dalle idee e che alla loro aspirazione ad inverarsi nella storia corrispondono dei risultati puntualmente capovolti. Il fine del fascismo è la grandezza nazionale e si conclude con la sconfitta ed il tramonto del sogno risorgimentale della Terza Roma. E lo stesso accade al sogno nazista di un Terzo Reich millenario, mentre il fine del marxismo, che è la liberazione dal potere dell'uomo sull'uomo, sbocca in un sistema di oppressione spaventosa, con quaranta milioni di vittime e i Gulag. Ma anche la liberaldemocrazia laica e consumista approda secondo Del Noce a un totalitarismo permissivo nel quale si smarrisce il senso della vita e si preparano i drammi del domani.
Rompe tutti gli schemi la sua interpretazione del fascismo, di cui anticipa la nascita dalla riunione milanese del 23 marzo 1919 alla fine del secolo scorso, facendola coincidere con un saggio giovanile di Gentile sul marxismo. Pubblicata a Pisa nel 1899 "La filosofia di Marx" di Giovanni Gentile fu letta con interesse e citata da Lenin. Quello che diventò poi il filosofo del fascismo smontò di Marx il materialismo, ma ne accolse la filosofia della prassi, dell'azione, ponendola al servizio di una concezione risorgimentale, di una rivoluzione italiana nazionale e sociale. Ciò consentì a Del Noce di affermare che il fascismo fu una rivoluzione anch'essa fallita, ma ulteriore al marx-leninismo e più sofisticata, più matura, perché tentata appunto in un quadro civile e culturale superiore come quello italiano anziché in Russia.
Questa interpretazione ricalca un po' l'idea di inverare il comunismo a Roma, all'ombra del Vaticano, cioè ai «punti più alti» della civiltà mondiale, da cui fu dominato il catto-comunista Franco Rodano, consigliere di Togliatti e Berlinguer. In Rodano come in Gentile, ma quindi anche in Del Noce che ha loro dedicato due ampi studi, c'era un concetto altissimo dell'Italia e della missione italiana nel concerto dell'umanità, che Gentile traeva da Gioberti e da Mazzini proiettandolo su Mussolini, mentre Rodano ricavandolo da una seppur contraddittoria ispirazione cattolica lo vedeva incarnato nel partito comunista.
Uscito l'anno scorso postumo per le edizioni de "Il Mulino", il libro di Del Noce su Gentile segna l'ultimo traguardo dell'interpretazione filosofica della storia contemporanea e afferma l'inscindibile unità in Gentile «del filosofo e del riformatore religioso e politico», facendo giustizia di chi vorrebbe ricuperarne la filosofia scartando la militanza fascista, coerente sino al sacrificio della vita, come un marginale incidente di percorso. Ed impone quindi una rilettura del fascismo, sia pure in chiave civilmente ma fortemente critica, come un grande evento culturale nella storia del secolo. Il contrario di quanto disse Bobbio, secondo cui dove c'era il fascismo non c'era cultura e viceversa.
Un'appassionata idea dell'Italia anch'essa fuori dagli schemi quella di Del Noce, che quando il fascismo era al potere fu antifascista perché ostile sin da bambino all'interventismo e perché vide nella distruzione massonica dell'impero austro-ungarico, cattolico esempio di tollerante convivenza tra nazioni diverse, un evento disastroso per l'Europa. Ma dei due filoni dell'interventismo, quello nazionalpopolare confluito nel fascismo e quello democratico riemerso con il Partito d'azione, la sua bestia nera finì poi per essere il secondo. E nelle sue ultime riflessioni lo preoccupò la corruzione del PCI, privato dal fallimento storico sovietico del suo referente, dei suoi sogni e della sua tenuta morale, in una sorta di azionismo o di radicalismo di massa.
Si è molto parlato dell'incontro di Del Noce con "Comunione e Liberazione" e con "Il Sabato", che giunse a sottrarlo dall'isolamento ed a far sentire a un uomo così tormentato la felicità dell'impegno filosofico i cui semi fruttificano nella mente e nel cuore dei ragazzi.
A cui volle lasciare un messaggio di messa in guardia contro il mondialismo demo-plutocratico: «In realtà dietro questo congedo dell'ideologia, dietro questa critica apparente del totalitarismo, si nasconde un totalitarismo di nuova natura, assai più aggiornato, assai più capace di dominio assoluto di quel che i modelli passati, Stalin e Hitler inclusi, non fossero. Dico si nasconde, ma sarebbe meglio dire che oggi si dichiara abbastanza apertamente; è il superpartito tecnocratico, che attraversa i partiti, che ha in possesso le sorgenti di informazione, che cura la propria apologia attraverso la casta degli intellettuali, che è equamente ripartito secondo le varie posizioni culturali e politiche dai cattolici ai comunisti... Se ben si guarda l'avversario che abbiamo oggi da affrontare è questo, e si veda quanto siano inadeguate tutte le presenti posizioni culturali e politiche perché si sono formate contro avversari che erano diversi e sono lontani».
 

Giano Accame

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