«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 4 (31 Luglio 1992)

 

Associazioni per delinquere

 


È l'opinione della maggioranza degli italiani: ogni rappresentanza «popolare» -consiglio comunale, provinciale, regionale, parlamentare-; ogni rappresentanza nelle municipalizzate, negli enti statali o bancari; ogni qualsiasi organizzazione espressa dalle odierne istituzioni, è prevaricazione, concussione, estorsione. Le nomine e le designazioni son sì suggerite dai partiti, ma è il malavitoso componente che ne opprime gli apparati e li condiziona. Il suo potere è tanto più esteso per quanto è meno definito dalla legge e dalle norme.
È risibile la volontà del popolo o, se vogliamo, dell'elettore. Che ha perso ogni stimolo morale, che ha fatto appassire ogni sua volontà — salvo non sia mossa da interessi materiali; che ha infiacchito il proprio carattere perdendo ogni virtù; che accetta passivamente di essere rappresentato da chi ha acquisito maggiori diritti politici in proporzione al reddito, alle rendite di qualsiasi natura, alla ostentazione della disponibilità di denaro; che si genuflette come un cortigiano di fronte ai ciarlatani che praticano l'intrigo, la violenza, la superbia. È in quest'ultima il vezzo peggiore perché, essendo maschera della dignità, nasconde la menzogna. Fanno sorridere le manette televisive fatte applicare ai polsi di qualcuno da alcuni magistrati. Noi gioiremo soltanto il giorno che vedremo chiudersi, le manette, ai polsi di qualche togato. Il nostro desiderio non è dettato da una malsana voglia di rivincita per sentenze dissennate o inquisizioni di parte. No!, l'essere umano, più è carico di responsabilità, più è soggètto a compiere errori. E, proprio per questa ragione -gli errori-, non gli possono essere addebitati né ricordati.
Ma pure non deve essere vietato, a noi elettori -che per «censo» apparteniamo alla classe dei paria-, la facoltà di censurare la non operatività di chi, pur vivendo in uno qualsiasi degli oltre ottomila comuni italiani, non riesce ad avvertire il lezzo che vi emana. E non interviene neppure se sollecitato. Timore di decapitare la classe politica, di dover interrompere la corsa alle promozioni per riprenderla con affanno? Le responsabilità, a buon diritto, concedono anche i privilegi. Ma essi vanno intesi come gradini della scala sociale, non come posizione raggiunta allo scopo di barattare scambio di favori. La connivenza è diventata prassi ed è entrata a far parte, a pieno titolo, del costume attuale.
Si dice e si vocifera che le ideologie sono finite, che pensiero, immaginazione e sentimenti sono forme mentali residui di un passato che negava la modernità. Non siamo disposti ad accettare questi dettami. L'opposizione a questo sistema deve dar luogo ad una violenta reazione affinchè non germogli lo scetticismo ed il pessimismo, quello stato morboso di transizione che pare non debba aver mai fine.
Occorre volontà e dedizione al sacrificio.
Scrive Ernst Junger nel suo "Trattato del Ribelle": «Quando tutte le istituzioni divengono equivoche o addirittura sospette, [...] la responsabilità morale passa nelle mani del singolo, o meglio del singolo che ancora non si è piegato. Il Ribelle è il singolo, l'uomo concreto che agisce nel caso concreto. Per sapere che cosa sia giusto, non gli servono teorie, né leggi escogitate da qualche giurista di partito. Il Ribelle attinge alle fonti della moralità ancora non disperse nei canali delle istituzioni».
Ebbene, è il momento del Ribelle. Del singolo. Che «Deve scegliere: o seguire il branco o combatterlo».
 

a. c.

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