le recensioni
Enrico Landolfi
"Rosso imperiale"
Ed. Solfanelli
Le sorprese espansionistiche in Antonio Labrìola e
altri saggi
Battezzando "Rosso Imperiale" questa sua
raccolta di scritti storico-politici, Enrico Landolfi sceglie, come sempre, la
strada della provocazione e dell'azzardo. Provoca perché, da socialista, e da
socialista che ha da anni un ruolo non certo marginale nella vita del Partito,
chiama i suoi compagni alla responsabilità di un dibattito alto, cioè non
viziato da alcuna pregiudiziale; azzarda perché, proprio per il suo ruolo di
guastatore, non può permettersi smargiassate, incursioni tessute solo di parole
e mai rese operative, plateali quanto vane esibizioni di forza. Se uno decide di
rompere gli schemi, facendo piazza pulita di ogni consolidato luogo comune, deve
saperlo fare: se contrapponesse ai compiti bell'e pronti, appena appena riveduti
e corretti, della storia ufficiale, il programmatico velleitarismo di una
controstoria a tutti i costi originale, non solo non avrebbe meriti né alcun
diritto agli encomi ma sarebbe investito da raffiche di rampogne e sorrisetti di
compatimento. Come, gli si direbbe, hai tanto osato, hai fatto vibrare accademie
e palazzi della tonante voce di un presunto anticonformismo ed ora ti presenti
con qualche cascame ideologico, tenuto insieme solo dalla presunzione?
Ecco che professori e professorini dell'ipse dixit avrebbero buon gioco a
riproporre vecchie formulette, schemi stantii, notiziole dove cause ed effetti
si danno tranquillamente la mano, senza che possano insorgere dubbi di sorta a
sciupare la festa del conformismo. Si da il fatto, invece, che Enrico Landolfi
sia, oltre che un militante politico di liberi spiriti, uno storico. Nel senso
di un intellettuale che i documenti li cerca e se qualcuno gli dice che già sono
stati trovati, chiede di rileggerli; rileggendoli, non sfronda, non amputa, non
isola, non enfatizza, ma tutto utilizza al fine di una visione chiara e distinta
dei fatti scavando nei fatti, fa affiorare le idee, le guarda battagliare nella
continua tensione dialettica, non le irrigidisce per spremervi il povero succo
della fazione ma mostra come esse si allarghino, e possano crescere, e siano
cariche di futuro, e possano scommettere su una ricchezza che è ancora tutta
intatta, su un'eredità che è ancora tutta da mettere a frutto.
Enrico Landolfi ci aiuta a ripensare la storia. Un impegno, si badi bene, dietro
cui ci deve essere la profonda consapevolezza etica del cercatore di verità, la
tensione morale di chi chiama tutti a testimoniare e a nessuno chiude la bocca,
il sentimento civile di chi lavora per ricomporre la storia nazionale in termini
non solo di evento da riscattare nella trama complessa delle sue verità ma in
quelli di progetto da offrire alle anime investiganti e pensose del bene comune.
Attenzione: Landolfi non propone a sé stesso il ruolo un po' uggioso del
pacificatore d'ufficio. Se scrive di Labriola o di Turati, di Gramsci o di
Mussolini, di fascismo, di antifascismo, di neofascismo; se esplora nel cuore
del movimento operaio, se si interroga sulla natura, sulle anime del socialismo,
sulle vicende del sindacalismo, sugli strani incontri tra miti imperialistici e
miti proletari, Landolfi non confonde le carte in un embrassons nous irenistico,
non gioca al ribasso allorché deve evidenziare il tasso di contrapposizione tra
le parti, non va in giro a propinare i tranquillanti della mistificazione.
La storia è ritrovata nella sua verità che è drammatica: c'entrano il cervello e
il cuore, la carne e il sangue, l'odio certamente più dell'amore. Ed è quando
tutto questo è riconosciuto che ci si accorge non solo della bellezza della
lotta, per usare un'espressione di Luigi Einaudi (ma nei fieri e feroci Anni
Venti, Mussolini la proclamava come Gobetti, e
Marinetti come Matteotti e Sturzo come Farinacci, e Gramsci come Malaparte), ma
anche di come le dure distinzioni che alla lotta dettero alimento nascondevano
spesso intenzioni -e non marginali, ma di fondo- che potevano svolgersi in
comune.
Achille ed Ettore si scambiarono le parti, di volta in volta vincitori e vinti:
appartenevano a due nazioni diverse, ma Omero e Foscolo, eternandoli, ci
mostrano come si assomigliassero, come i profili potessero essere sovrapposti.
Ecco: l'antagonismo è stato veleno e farmaco, se oggi, ritrovando attori e
parti, e dando a ciascuno il suo, senza trucchi e truffe, riusciamo a scoprire
gli strani territori dove lo scontro diventava incontro.
Ma, allora, chi li vedeva quei paesaggi così singolari?
Raccogliendo un'eredità nazionale, Landolfi ce li può presentare adesso nella
vibrante densità della memoria, nella limpida concitazione di un progetto tutto
da scrivere.
Mario Bernardi
Guardi
Per la stessa "Collana di Letteratura", "il
Calamo & la Ferula" diretta da Mario Bernardi Guardi (Marino Solfanelli Editore
in Chieti, Casella Postale 126), uscirà tra breve l'XI volume: «Dalla
politologia alle coincidenze» di Giorgio Galli.
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