«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 5 (31 Agosto 1992)

 

Vogliamo i soldati anche ai lavori di Loggia

 


«'sa di risate se mi controllano il conto in banca,
macari un centinaio di mila lire ci lasciano»
(Confidenza di un massone)

«Letto intatto, tracce di rossetto,
vade retro Satana, io mi batto il petto»
(Tina Pica
, "Pane amore e fantasia")

 


La signorina Tina Anselmi è la contraffazione impietosa del concetto di Tina Pica. Abbiamo avuto tutti una zitella professoressa di lingue e letteratura straniera: inevitabilmente l'abbiamo chiamata Tina, Tina Pica, per quel mix di acido e per quel tremore di impreparazione con cui affrontavamo le giornate di ginnasio.
Mi spiego: Tina Pica è obiettivamente, per la nostra memoria storica, una donna brutta, ma è un'anima dolce. Tina Pica è l'idea della cara zia. Pica è un mito. Tina Pica si segna per la devozione a Dio. È la perpetua del maresciallo dei carabinieri: nei secoli fedele, fedele alle trine, ai biscottini per il té, alle cose buone.
La signorina ex-onorevolessa Tina Anselmi, già partigianessa, grandangolare artificiera della commissione P2, stimata dalla Rete epperciò pericolosissima, democristiana della certosa, ci offre la giusta idea di come una «tina pica» posa essere antipatica, appunto per come vi dicevo su: la contraffazione di un'idea.
Issa non è una «tina pica». È un'entità al femminile raffazzonata al gusto dell'albume radicai chic. È una specie di Bobbio al sapor del ruttino di grappa. È pienotta, paciocca, furbocca. Colma come un otre gravido di sani princìpi. Assetata di giustizia nella sua versione alcoolica. Issa è la dea della sagrestia. Prima trombonessa della fila di sinistra. È tabù di verginità. È parte del tutto. È ciccina bella di repubblichina nostra. La vediamo affrontare con il piglio di un sergente tutto lo scibile dell'esoterismo e il mistero affabulatorio di anni e anni della storia nostra quotidiana.
Graffia, lacera, e squarcia i veli, le tele, le mura delle officine di Libera Muratoria. Bofonchia, sboffa, ruggisce contro l'istituzione Massonica come se il male accadesse proprio alla destra del Tempio di Salomone, all'ombra delle piramidi, dentro i numeri di Pitagora, fra le note di Mozart.
Troppa grazia comare Tina. Troppa grazia. Vorrebbe mandare i soldati per assistere ai lavori di Loggia? Non se la prenda neppure con Licio Gelli, se la prenda piuttosto con i suoi compagni di oratorio. Giusto quando si cercano i legami e le connivenze con la mafia. Giusto quando si deve spalancare il segreto del malaffare. Giusto per grattare la rogna di questo sistema ladro e assassino.
Il punto è questo: l'Italia è strapiena di babbei, di zombies, di citrulli. È terra di pubblicità: agosto da fiera in festa, giornali senza notizia, televisione scosciata, ministri senza brillantina. È così: non c'è speranza. Tutto svanisce all'ombra di un grande mostro. Oggi si rompe l'anima alla Massoneria, così come avevano rotto i «cosiddetti» a noi fascisti ai tempi belli delle trame nere, e si dimentica che l'unica cosa seria rimasta in Italia è proprio la confraternita dei liberi muratori. Ma dico questo: volete veramente fare pulizia? Volete scoprire le malefatte? Allora caro signor ministro Mannino e cara signora Tina vadino, cioè andate insieme, mano nella mano a controllare i conti in banca dei consiglieri comunali siciliani, i movimenti di valuta, gli assegni, le cambiali, le monetine e din din di tutta la porca fauna democristiana. Andate nelle sagrestie dove i voti si comprano. Andate negli enti delle mangiatoie.
Vi mangerei il cuore, per quant'è vero che siete falsi come la pietra pomice. Non ho l'immunità parlamentare ma possiedo l'arte della metafora per poter dire con franchezza che a me non la date a bere. Per ripetere ancora con furor di metafora che vi
rimangerei il cuore. Non sapete cos'altro inventare per stampare il vostro grugno sul grande lenzuolo della comunicazione. Mettete piuttosto fuorilegge voi stessi e tutta la storia di questo regime, mettete fuorilegge la democrazia cristiana, la santa complicità di Romana Chiesa, i consigli comunali, le amministrazioni provinciali, mezzo parlamento, le USL, apritevi le filiali nelle carceri, coordinatevi per corrente. A me di certo non la date a bere.
Certe facce da cani fanno i democristiani e si accampano le briciole e rotoloni di pane per sfamare cinque generazioni. Certe brutture nel vostro paradiso democratico si elevano al suono delle campane del conformismo delinquente. Certe volte viene su una voglia di fare la valigia e trasferirsi in Svizzera dove almeno i buchi al formaggio non glieli fanno di certo i ladri. Certe volte sì che ringrazio Iddio Onnipotente di non avermi fatto frequentare troppo spesso le Chiese, le azioncine cattoliche, i gruppi di solidarietà cristiana, le questue porta a porta e il sostegno al grande partito popolare. Certe volte guardo il bottiglione di olio di ricino e il Santo Manganello. Come ai bei tempi del «Selvaggio». Il nostro pane è «letteratura». Un colpo di «squadra» e il gioco è fatto.
 

Pietrangelo Buttafuoco

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