Per risorgere devi
insorgere popolo del Sud
La prima «liberazione», quella iniziata dai piemontesi nel 1860, fu in realtà
una guerra di sterminio. Tanto che, uno dei loro capi, il maggiore Fumel, disse
che la pietà sarebbe stato un crimine. Quella «liberazione» vide prigionieri
fucilati alle spalle dai soldati di scorta, saccheggi e stupri, campi devastati,
persecuzioni e torture, interi paesi bruciati, chiese predate, donne, vecchi e
bambini ammazzati come cani. Il Cialdini scrisse a Cavour: «Questa è Africa!
Altro che Italia! I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono latte e miele!»
Fosti trattato da brigante. Una volta vinto, prostrato dalla prepotenza, ti fu
impresso anche il marchio di codardo. Fosti costretto ad emigrare.
Poi venne la seconda «liberazione», quella americana con il folto seguito di
gangsters ed il relativo insediamento a sindaci, in quasi tutti i paesi della
Sicilia, di autentici mafiosi. Che ristrutturarono la mafia risorta durante la
colonizzazione piemontese, dandole un'impronta più moderna, quindi, più pratica;
interessata alle leggi di mercato nei paesi più evoluti, là investendo il denaro
proveniente dallo smercio della droga procurata dal baratto delle armi con i
paesi emergenti.
Ora il Nord -gli industriali del Nord che hanno rapinato e sfruttato i tuoi
figli nei loro stabilimenti- con l'ausilio delle leghe, chiede l'autonomia. I
partiti, che hanno fatto proliferare le organizzazioni criminali sulla tua
terra, li assecondano. E chiedono che le tue città siano poste in istato
d'assedio. L'Italia, che non è uno Stato -questa è la verità- ti tratta come
colonia. I «galantuomini» ti vogliono liberare per la terza volta.
No! amici del Sud. Basta con le occupazioni! Avete orgoglio e cuore, nelle
vostre vene scorre sangue. Siete ancora popolo, ognuno di voi è impregnato di un
glorioso passato. Quelli del Nord, quando fanno rivivere il proprio, lo fanno
per mercimonio. Per il dio denaro.
Voi avete tutti i diritti di rimettere in discussione la sovranità di uno Stato
che ha lasciato agire indisturbati i branchi di ladroni che si sono insediati
nei palazzi, che ha aggravato le ineguaglianze, che ha saccheggiato i vostri
risparmi, che ha indebitato i vostri figli, nipoti e pronipoti e che lascerà in
loro eredità un insieme di miserie morali e materiali.
Fino ad oggi avete accettato supinamente ogni genere di ingiustizia — e ciò fa
torto alla vostra intelligenza, al vostro ingegno. Avete addirittura permesso
che gli uomini più inutili alla convivenza civile, quelli falliti nel mondo del
lavoro e delle professioni, potessero acquistare potenza politica per asservirvi
e per asservire l'economia al fine di indirizzarla al soddisfacimento dei propri
egoismi.
Sveglia, amici meridionali. Potreste essere forza dirompente. Sfatate la diceria
secondo cui sareste un popolo di indifferenti e di rassegnati. Ciascuno di voi
faccia un esame di coscienza e si renderà conto di non essere un pavido, né un
vigliacco. Della propria convinzione si faccia portatore in ogni dove, costringa
l'amico, il conoscente, chicchessia incontri occasionalmente, a chiedersi se è
un codardo.
Popoli meno evoluti del vostro sarebbero scesi nelle piazze, avrebbero eretto
barricate nelle strade, occupati gli uffici pubblici, le università, le scuole.
Avrebbero costretto nelle caserme gli occupanti, nei loro rifugi i mafiosi. Se
caduti, lo avrebbero fatto in piedi. In segno di sfida.
a. c.
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