Avanti, marsch!
L'ultimo numero di "Tabularasa", che ospitava commenti e riflessioni
sull'eccidio di Capaci -tra i quali un nostro sfogo, al solito, poco rispettoso
delle patrie istituzioni- si chiudeva nel mentre le agenzie diffondevano le
prime notizie sulla strage di via D'Amelio. Dopo Falcone, anche Paolo Borsellino
era stato trucidato. Anch'egli a Palermo. Con un'azione di tale bestial ferocia
da scaturirne l'inconfessabile sensazione che -anche stavolta!- killers e
mandanti avessero cercato la strage, scongiurata per quelle strane coincidenze a
metą strada tra la fatalitą ed il miracolo.
Ed anche stavolta, dopo il massacro le prčfiche. Il solito coro nauseabondo. Le
poche lacrime vere e le tante -troppe!- di circostanza. Di parata. Con sullo
sfondo un recrudescente vespaio di polemiche a sfondo cultural-dietrologico che,
di striscio, ha finito per pungere anche qualche amico di questa stessa rivista.
(A proposito: noi non siamo tra coloro che possono vantare la fortuna di aver
frequentato Beppe Niccolai. E, tuttavia, ci č capitato l'esclusivo privilegio
-del quale saremo per sempre grati al Padreterno- di averlo ospite in Calabria,
per l'esattezza a Vibo Valentia, in quella che doveva essere la sua ultima
apparizione, prima della ingenerosa malattia. Un convegno dal tema affascinante
e di drammatica attualitą: «Mafia, cardine del sistema politico. La storia delle
stragi in Italia». Come dire: da Portella delle Ginestre a... Capaci e via
D'Amelio. Qualcuno ne dubita?)
Amici di "Tabularasa", lasciamolo ad altri questo tipo di polemiche. Magari alle
prčfiche prezzolate. Che noi sappiamo bene -quasi per una sorta di ontologica
genialitą intuitiva- che la mafia con queste vicende c'entri poco. E che lo
scontro in atto, violento e devastante, non č tra poteri democratici e poteri
criminali -come affermano, in perfetta malafede, i tanti miserabili paladini
dello status quo, in versione pacifista o guerrafondaia, progressista o
reazionaria, liberale o conservatrice!- ma tra fazioni contrapposte all'interno
dello stesso sistema di potere in una difficilissima e complessa fase di
transizione. Ed in questo scontro, la mafia č solo una delle forze in campo,
come lo sono i partiti, i sindacati, le lobbies economiche, pezzi di
istituzioni, le massonerie, i potentati occulti... Su questo bisogna ragionare.
Oltre, ovviamente, sul ruolo e sul compito che possiamo e dobbiamo darci: dal
momento che non ci č dato di chiamarci fuori da questa partita. Per quanto ci
riguarda, ci proponiamo di farlo nelle prossime occasioni.
Giorni fa, percorrendo nel tratto tra Reggio Calabria e Catanzaro, quella specie
di mulattiera spacciata per autostrada -che testimonia benissimo della «disunitą
d'Italia»!- ci č capitato di incrociare un'autocolonna militare in direzione
sud. E non ci č riuscito di frenare un moto di stizza. Ah, se il Dio dei
siciliani e quello dei pugliesi, dei calabresi, dei sardi, dei napoletani, ecc.
cominciassero ad incazzarsi tutti nello stesso tempo ed allo stesso modo...
E se fosse proprio questa la vera preoccupazione dei colonizzatori in versione
partitocratica? Avanti, marsch! e non badate ai mafiosi che tanto fanno parte
del branco. Piuttosto, tenetevi all'erta per i ribelli.
D'accordo Direttore, stavolta ho esagerato. Ma non sei tu a spingerci verso il
bosco?
Beniamino
Donnici
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