«Non č importante la vita. Importante č cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 5 (31 Agosto 1992)

 

Avanti, marsch!

 


L'ultimo numero di "Tabularasa", che ospitava commenti e riflessioni sull'eccidio di Capaci -tra i quali un nostro sfogo, al solito, poco rispettoso delle patrie istituzioni- si chiudeva nel mentre le agenzie diffondevano le prime notizie sulla strage di via D'Amelio. Dopo Falcone, anche Paolo Borsellino era stato trucidato. Anch'egli a Palermo. Con un'azione di tale bestial ferocia da scaturirne l'inconfessabile sensazione che -anche stavolta!- killers e mandanti avessero cercato la strage, scongiurata per quelle strane coincidenze a metą strada tra la fatalitą ed il miracolo.
Ed anche stavolta, dopo il massacro le prčfiche. Il solito coro nauseabondo. Le poche lacrime vere e le tante -troppe!- di circostanza. Di parata. Con sullo sfondo un recrudescente vespaio di polemiche a sfondo cultural-dietrologico che, di striscio, ha finito per pungere anche qualche amico di questa stessa rivista. (A proposito: noi non siamo tra coloro che possono vantare la fortuna di aver frequentato Beppe Niccolai. E, tuttavia, ci č capitato l'esclusivo privilegio -del quale saremo per sempre grati al Padreterno- di averlo ospite in Calabria, per l'esattezza a Vibo Valentia, in quella che doveva essere la sua ultima apparizione, prima della ingenerosa malattia. Un convegno dal tema affascinante e di drammatica attualitą: «Mafia, cardine del sistema politico. La storia delle stragi in Italia». Come dire: da Portella delle Ginestre a... Capaci e via D'Amelio. Qualcuno ne dubita?)
Amici di "Tabularasa", lasciamolo ad altri questo tipo di polemiche. Magari alle prčfiche prezzolate. Che noi sappiamo bene -quasi per una sorta di ontologica genialitą intuitiva- che la mafia con queste vicende c'entri poco. E che lo scontro in atto, violento e devastante, non č tra poteri democratici e poteri criminali -come affermano, in perfetta malafede, i tanti miserabili paladini dello status quo, in versione pacifista o guerrafondaia, progressista o reazionaria, liberale o conservatrice!- ma tra fazioni contrapposte all'interno dello stesso sistema di potere in una difficilissima e complessa fase di transizione. Ed in questo scontro, la mafia č solo una delle forze in campo, come lo sono i partiti, i sindacati, le lobbies economiche, pezzi di istituzioni, le massonerie, i potentati occulti... Su questo bisogna ragionare. Oltre, ovviamente, sul ruolo e sul compito che possiamo e dobbiamo darci: dal momento che non ci č dato di chiamarci fuori da questa partita. Per quanto ci riguarda, ci proponiamo di farlo nelle prossime occasioni.
Giorni fa, percorrendo nel tratto tra Reggio Calabria e Catanzaro, quella specie di mulattiera spacciata per autostrada -che testimonia benissimo della «disunitą d'Italia»!- ci č capitato di incrociare un'autocolonna militare in direzione sud. E non ci č riuscito di frenare un moto di stizza. Ah, se il Dio dei siciliani e quello dei pugliesi, dei calabresi, dei sardi, dei napoletani, ecc. cominciassero ad incazzarsi tutti nello stesso tempo ed allo stesso modo...
E se fosse proprio questa la vera preoccupazione dei colonizzatori in versione partitocratica? Avanti, marsch! e non badate ai mafiosi che tanto fanno parte del branco. Piuttosto, tenetevi all'erta per i ribelli.
D'accordo Direttore, stavolta ho esagerato. Ma non sei tu a spingerci verso il bosco?
 

Beniamino Donnici

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