Impressioni da Mosca
Sono stato qualche giorno a Mosca. Forse nel momento migliore per comprendere,
per vivere il cambiamento. Per vedere la cronaca, letta sui giornali, che
diventa storia.
Penso che alcune riflessioni che affido alle pagine di "Tabularasa", possano
essere utili per cercar di capire l'attuale momento storico-politico.
Tra l'altro ho avuto la fortuna di incontrare Vladimir, intelligente, simpatico
e curioso moscovita, laureato in chimica, che ha lasciato la ricerca
universitaria per dedicarsi al venti volte più redditizio commercio di orologi e
caviale, di contrabbando, ai turisti, dopo aver studiato l'italiano che parla
bene. Ho incontrato un capitano dell'Armata Rossa, reduce dalla guerra
d'Afghanistan, che ora fa il tassista.
Con loro, colloqui interessanti, scambi di opinioni, discussioni di politica; da
loro, notizie, anche sorprendenti, da un mondo chiuso fino all'anno scorso,
richieste di informazioni sull'Occidente, la conferma di tante nostre
intuizioni. Gorbaciov, ad esempio, non lo sopporta nessuno: per i comunisti è un
traditore, per i «democratici» un comunista che ha cercato di salvare il
comunismo. Nessuno riesce a comprendere, la simpatia che riscuote all'estero. In
Russia non sembra esserci via di mezzo: le giovani generazioni appoggiano
Yeltsin, le vecchie rimpiangono Stalin.
Dappertutto miseria, tristezza, segni di degrado e di abbandono, segni del
completo fallimento dell'ideologia che era sul punto di conquistare il mondo.
In tutti (tranne che nei disoccupati del KGB e del PCUS) rabbia per le
distruzioni operate da settant'anni di regime, per l'aver dilapidato enormi
ricchezze materiali a solo vantaggio degli armamenti, senza garantire al popolo
nemmeno la soddisfazione dei più elementari bisogni: lo Stato assicura ad ogni
cittadino ben 7 mq di casa!
Dappertutto, i segni della riscoperta della libertà, della religione, della
voglia di rinascere e di ricostruire. Dappertutto, incombente, il pericolo: il
dollaro imperversa (nessuno prende in considerazione il rublo); accanto al
palazzo sede dell'Isvestia, l'insegna del MacDonald; il ristorante Pizza Hut
(catena americana) in via Gorky.
Su tutto, sorpresa angosciante, la Coca Cola sulla Piazza Rossa. Non una normale
insegna, od una semplice rivendita. Tre enormi baracche, a forma di barattolo,
poste agli angoli ed al centro della piazza più famosa e più densa di storia!
Invio una eloquente fotografia.
Si nota la bandiera russa sul Kremlino, si notano le mura, il selciato, le
splendide architetture: su tutto incombe la lattina, che nasconde allo sguardo
il mausoleo di Lenin (ridotto ad una via di mezzo tra il serio ed il comico, con
il consueto cerimoniale del cambio della guardia, dei militari schierati
all'interno, del silenzio, dell'innaturale penombra, dell'impossibilità di
fermarsi sfilando incolonnati davanti alla mummia: onore e rispetto rimasti,
senza più sostanza).
Un vero pugno nello stomaco, quelle lattine, un oltraggio incomprensibile, una
presenza insopportabile anche per chi non è mai stato tenero con il comunismo.
È insopportabile, non solo e non tanto per lo scempio architettonico, per
l'offesa al buongusto, all'arte, al decoro della piazza, quanto soprattutto per
il significato morale e politico di quelle lattine.
È evidente e può essere comprensibile l'intento dispregiativo, ma non si può
tollerare un tale dileggio della storia, del sangue, degli ideali, delle
sofferenze di milioni di persone, non è possibile oltraggiare così chi, negli
ideali simboleggiati da quella piazza, da quelle mura, da quel mausoleo ha, in
buona fede, creduto. Eccolo il pericolo: la Russia sta scivolando nelle braccia
dell'America e del capitalismo selvaggio. Ha sì bisogno di capitali, di
investimenti, di aiuti, di tecnologie, di insegnamenti, di cibo, ma non si può
accettare che dia in cambio la propria anima, nonostante tutto ancora viva, e la
sua memoria storica.
L'Europa deve aiutare la Russia (ed i rinati popoli dell'Est) a rinascere,
secondo le proprie tradizioni, i propri costumi; nel rispetto, anche, della
propria storia. L'augurio non può essere che quello di veder trionfare le idee e
gli insegnamenti di Solgenitsyn. Sarebbe un disastro, per i russi e per il
mondo, se vincesse l'America. Significherebbe la vittoria dell'altra faccia
della stessa medaglia, quella del materialismo. Ritornano alla mente le parole
di chi diceva che se il comunismo era pericoloso perché spaccava qualche testa,
il capitalismo lo era di più, perché le teste le ottenebrava tutte.
E viene spontaneo, ricordando una frase congressuale a Sorrento, chiedere ai
Russi: ma chi ve l'ha fatto fare, di dare l'assalto al Palazzo d'Inverno, per
finire ridotti a consentire l'installazione di quelle lattine di Coca Cola?
Per favore, Yeltsin, falle togliere!
Sergio
Giuntoli
|