«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 5 (31 Agosto 1992)

 

Impressioni da Mosca

 


Sono stato qualche giorno a Mosca. Forse nel momento migliore per comprendere, per vivere il cambiamento. Per vedere la cronaca, letta sui giornali, che diventa storia.
Penso che alcune riflessioni che affido alle pagine di "Tabularasa", possano essere utili per cercar di capire l'attuale momento storico-politico.
Tra l'altro ho avuto la fortuna di incontrare Vladimir, intelligente, simpatico e curioso moscovita, laureato in chimica, che ha lasciato la ricerca universitaria per dedicarsi al venti volte più redditizio commercio di orologi e caviale, di contrabbando, ai turisti, dopo aver studiato l'italiano che parla bene. Ho incontrato un capitano dell'Armata Rossa, reduce dalla guerra d'Afghanistan, che ora fa il tassista.
Con loro, colloqui interessanti, scambi di opinioni, discussioni di politica; da loro, notizie, anche sorprendenti, da un mondo chiuso fino all'anno scorso, richieste di informazioni sull'Occidente, la conferma di tante nostre intuizioni. Gorbaciov, ad esempio, non lo sopporta nessuno: per i comunisti è un traditore, per i «democratici» un comunista che ha cercato di salvare il comunismo. Nessuno riesce a comprendere, la simpatia che riscuote all'estero. In Russia non sembra esserci via di mezzo: le giovani generazioni appoggiano Yeltsin, le vecchie rimpiangono Stalin.
Dappertutto miseria, tristezza, segni di degrado e di abbandono, segni del completo fallimento dell'ideologia che era sul punto di conquistare il mondo.
In tutti (tranne che nei disoccupati del KGB e del PCUS) rabbia per le distruzioni operate da settant'anni di regime, per l'aver dilapidato enormi ricchezze materiali a solo vantaggio degli armamenti, senza garantire al popolo nemmeno la soddisfazione dei più elementari bisogni: lo Stato assicura ad ogni cittadino ben 7 mq di casa!
Dappertutto, i segni della riscoperta della libertà, della religione, della voglia di rinascere e di ricostruire. Dappertutto, incombente, il pericolo: il dollaro imperversa (nessuno prende in considerazione il rublo); accanto al palazzo sede dell'Isvestia, l'insegna del MacDonald; il ristorante Pizza Hut (catena americana) in via Gorky.
Su tutto, sorpresa angosciante, la Coca Cola sulla Piazza Rossa. Non una normale insegna, od una semplice rivendita. Tre enormi baracche, a forma di barattolo, poste agli angoli ed al centro della piazza più famosa e più densa di storia! Invio una eloquente fotografia.

 


Si nota la bandiera russa sul Kremlino, si notano le mura, il selciato, le splendide architetture: su tutto incombe la lattina, che nasconde allo sguardo il mausoleo di Lenin (ridotto ad una via di mezzo tra il serio ed il comico, con il consueto cerimoniale del cambio della guardia, dei militari schierati all'interno, del silenzio, dell'innaturale penombra, dell'impossibilità di fermarsi sfilando incolonnati davanti alla mummia: onore e rispetto rimasti, senza più sostanza).
Un vero pugno nello stomaco, quelle lattine, un oltraggio incomprensibile, una presenza insopportabile anche per chi non è mai stato tenero con il comunismo.
È insopportabile, non solo e non tanto per lo scempio architettonico, per l'offesa al buongusto, all'arte, al decoro della piazza, quanto soprattutto per il significato morale e politico di quelle lattine.
È evidente e può essere comprensibile l'intento dispregiativo, ma non si può tollerare un tale dileggio della storia, del sangue, degli ideali, delle sofferenze di milioni di persone, non è possibile oltraggiare così chi, negli ideali simboleggiati da quella piazza, da quelle mura, da quel mausoleo ha, in buona fede, creduto. Eccolo il pericolo: la Russia sta scivolando nelle braccia dell'America e del capitalismo selvaggio. Ha sì bisogno di capitali, di investimenti, di aiuti, di tecnologie, di insegnamenti, di cibo, ma non si può accettare che dia in cambio la propria anima, nonostante tutto ancora viva, e la sua memoria storica.
L'Europa deve aiutare la Russia (ed i rinati popoli dell'Est) a rinascere, secondo le proprie tradizioni, i propri costumi; nel rispetto, anche, della propria storia. L'augurio non può essere che quello di veder trionfare le idee e gli insegnamenti di Solgenitsyn. Sarebbe un disastro, per i russi e per il mondo, se vincesse l'America. Significherebbe la vittoria dell'altra faccia della stessa medaglia, quella del materialismo. Ritornano alla mente le parole di chi diceva che se il comunismo era pericoloso perché spaccava qualche testa, il capitalismo lo era di più, perché le teste le ottenebrava tutte.
E viene spontaneo, ricordando una frase congressuale a Sorrento, chiedere ai Russi: ma chi ve l'ha fatto fare, di dare l'assalto al Palazzo d'Inverno, per finire ridotti a consentire l'installazione di quelle lattine di Coca Cola?
Per favore, Yeltsin, falle togliere!
 

Sergio Giuntoli

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