Traduciamo Pietrangelo
Forse il ruolo di avvocato d'ufficiò non mi si addice, ma sono costretto ad
interpretarlo prima che un nuovo vespaio di polemiche si scateni dopo
quest'ultimo intervento dell'amico Buttafuoco.
Pietrangelo è un letterato, ama il ricorso al paradosso, e ai felpati
ragionamenti da politologi in sedicesimo preferisce il guizzo poetico e
l'attacco viscerale. Il suo periodare per metafore e iperboli non è sicuramente
di immediata comprensione. E così se nel tentativo di contestare, sulla scia
dell'ultimo Sciascia, i professionisti di una lotta alla mafia più urlata che
reale, a qualcuno è potuto apparire come un difensore delle peggiori cosche
della sua Sicilia, potremmo aspettarci che questa volta venga addirittura
additato come un piduista reo confesso. Una cosa è certa: le sue righe nascono
dalla stanchezza per le tante dietrologie e i tanti complottismi che, ancora una
volta, stanno avvelenando la politica italiana. Le consolidate regole del potere
iniziano a saltare, i vecchi equilibri diventano instabili, sembrano aprirsi
spazi nuovi per la protesta e la ricerca di nuove soluzioni...
E l'establishment che fa? Lancia l'allarme contro l'ennesimo disegno
destabilizzante ed eversivo. Riappaiono Grandi Vecchi, congiure internazionali e
capri espiatori. Nel caldo agosto del '92 si è infatti tornati a resuscitare la
P2 del commendator Gelli, gran maestro della nomenklatura dell'Italia di ieri,
forse per non vedere i tanti mali dell'Italia di oggi. In fondo se è Gelli il
Grande Responsabile, si possono ridimensionare le responsabilità di questo o
quel partito, di questo o quel gruppo finanziario, di questo o quel settore
culturale.
È risaputo che nei momenti di crisi chi vuole imbrogliare le carte in tavola
ricorre spesso alla teoria del complotto come spiegazione delle difficoltà del
presente. E su questa base, magari, si ridisegnano falsi schieramenti bipolari
l'uno contro l'altro armati.
Non a caso è proprio quello che in questi giorni sta accadendo nella nostra
Italia. Da un lato dovremmo avere i presunti difensori delle radici popolari
della politica, dall'altro i sostenitori di una riforma istituzionale in senso
efficientista e antipartitocratico. E una volta avviata la campagna di
reclutamento dei grandi mezzi di informazione, alle forze politiche e culturali
non resterebbe che affrettarsi a scegliere la collocazione tra i due fronti. Da
parte nostra siamo ormai troppo smaliziati per prendere sul serio scenari
politici che esistono più nell'evocazione mass-mediale che all'interno delle
dinamiche reali della società.
Il dramma è, purtroppo, che i veleni diffusi da chi vuole far passare per vera
questa semplificazione del quadro politico (e quella di cui parliamo è solo
l'ultima variante di una serie di bipolarismi teorizzati e propagandati negli
ultimi tempi) non soltanto deviano l'opinione pubblica dalla portata reale degli
avvenimenti, ma tentano di spostare il bersaglio delle possibili contestazioni e
proteste popolari su capri espiatori troppo, davvero troppo, di comodo. Gelli e
la P2 stanno tornando a minacciare la democrazia italiana?
Molto è stato scritto sul Venerabile di Arezzo e la sua loggia, ma quello che è
stato evidenziato dai più attenti analisti è che la P2 è stato un fenomeno
perfettamente interno ai meccanismi di funzionamento del potere reale del nostro
Paese. Come ha scritto Massimo Teodori, che da deputato ha fatto parte della
Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia di Gelli, «i piduisti d'ogni
specie erano per lo più manutengoli di una parte dell'establishment partitico
che notoriamente operavano su suo mandato e ad esso rispondevano».
Il problema, quindi, non sta nella difesa di Gelli, della P2, o della
Massoneria, realtà che non siamo usi frequentare, delle quali non subiamo il
fascino, e dalle quali moltissimo ci separa. Quello che ci preme è demistificare
l'ennesima truffa. Si sta cercando di accreditare la tesi di un complotto contro
la democrazia al fine di compattare nuovi falsi schieramenti e, allo stesso
tempo, distogliere l'attenzione dalla realtà. Perché se c'è un disegno
cospiratorio generale, meglio se vago, generico e indefinito, allora diventa
impossibile individuare le responsabilità.
Noi siamo dalla parte di chi pensa che quello che oggi occorra in Italia sia la
fine dell'epoca dell'impunità, ma questi segnali dimostrano, purtroppo, come
nell'aria ci sia ancora tanto sentore del vecchio gattopardismo in cerca di
salvezza. C'è infatti chi cerca di allentare l'assedio dell'opinione pubblica
contro i responsabili della crisi italiana. Ma chissà se questa volta la crisi
non ammetterà proroghe?
Luciano
Lanna
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