«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 5 (31 Agosto 1992)

 

Traduciamo Pietrangelo

 


Forse il ruolo di avvocato d'ufficiò non mi si addice, ma sono costretto ad interpretarlo prima che un nuovo vespaio di polemiche si scateni dopo quest'ultimo intervento dell'amico Buttafuoco.
Pietrangelo è un letterato, ama il ricorso al paradosso, e ai felpati ragionamenti da politologi in sedicesimo preferisce il guizzo poetico e l'attacco viscerale. Il suo periodare per metafore e iperboli non è sicuramente di immediata comprensione. E così se nel tentativo di contestare, sulla scia dell'ultimo Sciascia, i professionisti di una lotta alla mafia più urlata che reale, a qualcuno è potuto apparire come un difensore delle peggiori cosche della sua Sicilia, potremmo aspettarci che questa volta venga addirittura additato come un piduista reo confesso. Una cosa è certa: le sue righe nascono dalla stanchezza per le tante dietrologie e i tanti complottismi che, ancora una volta, stanno avvelenando la politica italiana. Le consolidate regole del potere iniziano a saltare, i vecchi equilibri diventano instabili, sembrano aprirsi spazi nuovi per la protesta e la ricerca di nuove soluzioni...
E l'establishment che fa? Lancia l'allarme contro l'ennesimo disegno destabilizzante ed eversivo. Riappaiono Grandi Vecchi, congiure internazionali e capri espiatori. Nel caldo agosto del '92 si è infatti tornati a resuscitare la P2 del commendator Gelli, gran maestro della nomenklatura dell'Italia di ieri, forse per non vedere i tanti mali dell'Italia di oggi. In fondo se è Gelli il Grande Responsabile, si possono ridimensionare le responsabilità di questo o quel partito, di questo o quel gruppo finanziario, di questo o quel settore culturale.
È risaputo che nei momenti di crisi chi vuole imbrogliare le carte in tavola ricorre spesso alla teoria del complotto come spiegazione delle difficoltà del presente. E su questa base, magari, si ridisegnano falsi schieramenti bipolari l'uno contro l'altro armati.
Non a caso è proprio quello che in questi giorni sta accadendo nella nostra Italia. Da un lato dovremmo avere i presunti difensori delle radici popolari della politica, dall'altro i sostenitori di una riforma istituzionale in senso efficientista e antipartitocratico. E una volta avviata la campagna di reclutamento dei grandi mezzi di informazione, alle forze politiche e culturali non resterebbe che affrettarsi a scegliere la collocazione tra i due fronti. Da parte nostra siamo ormai troppo smaliziati per prendere sul serio scenari politici che esistono più nell'evocazione mass-mediale che all'interno delle dinamiche reali della società.
Il dramma è, purtroppo, che i veleni diffusi da chi vuole far passare per vera questa semplificazione del quadro politico (e quella di cui parliamo è solo l'ultima variante di una serie di bipolarismi teorizzati e propagandati negli ultimi tempi) non soltanto deviano l'opinione pubblica dalla portata reale degli avvenimenti, ma tentano di spostare il bersaglio delle possibili contestazioni e proteste popolari su capri espiatori troppo, davvero troppo, di comodo. Gelli e la P2 stanno tornando a minacciare la democrazia italiana?
Molto è stato scritto sul Venerabile di Arezzo e la sua loggia, ma quello che è stato evidenziato dai più attenti analisti è che la P2 è stato un fenomeno perfettamente interno ai meccanismi di funzionamento del potere reale del nostro Paese. Come ha scritto Massimo Teodori, che da deputato ha fatto parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia di Gelli, «i piduisti d'ogni specie erano per lo più manutengoli di una parte dell'establishment partitico che notoriamente operavano su suo mandato e ad esso rispondevano».
Il problema, quindi, non sta nella difesa di Gelli, della P2, o della Massoneria, realtà che non siamo usi frequentare, delle quali non subiamo il fascino, e dalle quali moltissimo ci separa. Quello che ci preme è demistificare l'ennesima truffa. Si sta cercando di accreditare la tesi di un complotto contro la democrazia al fine di compattare nuovi falsi schieramenti e, allo stesso tempo, distogliere l'attenzione dalla realtà. Perché se c'è un disegno cospiratorio generale, meglio se vago, generico e indefinito, allora diventa impossibile individuare le responsabilità.
Noi siamo dalla parte di chi pensa che quello che oggi occorra in Italia sia la fine dell'epoca dell'impunità, ma questi segnali dimostrano, purtroppo, come nell'aria ci sia ancora tanto sentore del vecchio gattopardismo in cerca di salvezza. C'è infatti chi cerca di allentare l'assedio dell'opinione pubblica contro i responsabili della crisi italiana. Ma chissà se questa volta la crisi non ammetterà proroghe?
 

Luciano Lanna

Indice