«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 6 - 7 (31 Ottobre 1992)

 

Sculacciabuchi in parlamento

 


Dicono: «Dare inizio alle riforme». E si soffermano, maggiormente, sulla riforma elettorale. Lo scopo è chiaro: salvare i partiti, i privilegi dei «notabili», e tutto l'indotto che ne viene dalla scia che tracciano sul mare degli affari: appalti, collegamenti con lobbies finanziarie ed industriali, quindi, il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.

Si dice che il suffragio universale è una vittoria della democrazia sui regimi autocratici. Vero. Ma è altrettanto vero che esso potrebbe offrire garanzie alle quali i cittadini non dovrebbero essere disposti a rinunciare. E i primi colpevoli del degrado della politica sono proprio loro, i cittadini, che votano i politici senza chieder loro impegni per concrete realizzazioni. Precisi impegni. Infatti, così come viene attuato il suffragio universale, solo agli eletti viene permesso di scegliere il proprio futuro; non obbliga i partiti ad impegnarsi con programmi e lascia, ai candidati, la possibilità di evitare gli argomenti scottanti con discorsi generici. Una volta eletti, i politici non sono più l'espressione della sovranità popolare.

Anzi, non essendo neppure esposti al rigore di una sanzione a posteriori, potranno nuovamente ripresentarsi nelle future campagne elettorali che si svolgeranno con il medesimo rituale.

Ogni consultazione è ormai divenuta un fatto negativo perché c'è la rassegnazione ad accettare il male minore: sbarrare il passo al nemico del momento: quando il comunismo, quando il neofascismo, quando lo stragismo, quando la corruzione, quando la mafia, quando... chissà che altro inventeranno. In un mondo in cui le condizioni di vita, le tecniche di produzione, le aspirazioni si trasformano rapidamente e si incalzano al ritmo stesso del frettoloso cammino quotidiano che non ammette ritualità, ogni istituzione agonizza e diventa puro strumento difensivo.

La netta separazione fra cittadini e istituzioni sfocia nel malcontento di quei settori sociali che sono coscienti di non poter influire sui meccanismi del potere. Lo sfascio della scuola, delle strutture sanitarie, l'impossibilità di raggiungere il bene-casa, il posto di lavoro in pericolo, l'inarrivabile méta della compartecipazione operaia, il futuro incerto per le giovani generazioni, queste ed altre inquietudini, danno luogo a manifestazioni di indifferenza (astensioni dal voto o schede nulle) o di protesta che si concretizzano in opposizioni becere e ispiratrici di odi.

Guidate da capi-popolo indegni di allacciare i calzari a qualsiasi aspirante masaniello. Vedi la morbida e trasparente mussolina che, in singoiar tenzone, vuoi incrociare le sue «tette» -ben note ai lettori di rotocalchi per guardoni- con le celate carnose protuberanze del bossi-dür. Ambedue (e relativo corollario) degni di sostenere una parte di primo piano tra i personaggi che animano il divertente libercolo titolato: "II processo di Sculacciabuchi".

Non c'è di che scandalizzarsi. Questa è la politica, oggi. Espletata da alcune mediocrità, assise sul cesso dorato, in una latrina ovattata. E mentre costoro sbavano bestialità, il popolo, questo maledetto popolo, li osanna.

Nessuna meraviglia. Ce li abbiamo mandati noi, anche noi che scriviamo su queste pagine. Forse perché non abbiamo ancora compreso che occorre maggiore determinazione per poter finalmente dare vita al «nuovo».
 

a. c.

Indice