«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 6 - 7 (31 Ottobre 1992)

 

Aspettando Zorro?

 

Per capire il perché di «Tangentopoli» credo siano opportune alcune riflessioni. Premetto che non sono d'accordo quando si parla di un sistema degenerato perché non esiste un sistema degenerato, esiste il sistema e basta. Questo sistema partitocratico e mafioso.
Mi chiedo infatti che differenza passa tra il sistema partitocratico e il sistema mafioso, che differenza esiste tra una corrente di partito ed una cosca camorristica. Non penso esista alcuna differenza. Sia il partito politico che la cosca mafiosa sono strutturati in modo piramidale. Esistono i parlamentari come esistono i capo-cupola; esistono i vari leader di partito come esistono i tanti padrini mafiosi; esistono i segretari provinciali e di sezione come esistono i boss di periferia e di quartiere; esistono i galoppini e la militanza come esistono i picciotti e la manovalanza.
Due mondi simili anche se uno apparentemente legale e, l'altro, apparentemente illegale. Due mondi accomunati da potere, connivenze, corruzione, clientelismo, favoritismo, assistenzialismo. E, spesso e volentieri, simile è anche l'atteggiamento che hanno padrini mafiosi e padrini di partito: arroganti e prepotenti come se tutto fosse loro dovuto. Sia politici che mafiosi gestiscono appalti pubblici e posti di lavoro; sia politici che mafiosi hanno infiltrato i loro uomini nei posti chiave dello Stato e negli enti pubblici, spesso appositamente creati (Regioni, USL, Comunità Montane), lottizzando e spartendosi tutti i vertici istituzionali con costi altissimi per l'intera comunità nazionale.
Ed allora mi chiedo e vi chiedo: ma sperperare migliaia di miliardi, sapendo di sperperare, non è forse un reato? Ma c'è dell'altro, di molto peggio. Come fanno infatti i partiti di regime a pagare sedi, congressi e, in particolare, le campagne elettorali? Con il finanziamento pubblico? Con i contributi dei militanti? Ma non facciamo ridere! Qui parliamo di centinaia, anzi di migliaia di miliardi.
Ed eccoci a «Tangentopoli», ai grandi appalti pubblici per favorire ditte che poi versano una percentuale sul conto del partito o, peggio, su quello del politico di turno. E i casi scoperti a Milano, Venezia, Firenze, Reggio Calabria, Roma, Ancona, L'Aquila non sono certo isolati. Tutti sanno che dal più grande al più piccolo comune di quest'Italia è tutta una «Tangentolandia».
Ma, ora che il coperchio è stato aperto, l'intellighentia di regime ed i padrini della politica giocano il tutto per tutto: «senza di noi non si può governare» e «la democrazia è in pericolo», gridano in modo isterico ed allarmato come topi impazziti. Certo, la loro democrazia consociativa basata su false quanto comode contrapposizioni ideologiche, sui privilegi di casta e sulle connivenze politico-mafiose, effettivamente è in pericolo. Ed è per questo motivo che gli strateghi della politica tentano di salvare il salvabile, di ideare stratagemmi per far sì che i responsabili dello sfascio morale, politico ed istituzionale sopravvivano a sé stessi.
Adesso, sempre più insistentemente, parlano di riforme istituzionali e dicono di voler rinnovare e moralizzare la vita pubblica ma, sfortuna per loro e fortuna per noi, questi signori non sono più credibili. Non solo, ogni giorno che passa appaiono sempre più gravi le loro responsabilità. I rapporti tra mafia, partiti e massonerie, la strategia della tensione, le stragi di Stato, i delitti eccellenti, il traffico internazionale di droga e di armi... Tutto oggi ci porta a pensare che questo non è stato soltanto un regime di ladri ma, molto probabilmente, anche un regime di cinici e sanguinari assassini.
Ma a questo punto, se i partiti di regime sono associazioni malavitose non li si potrebbe mettere fuori legge? Purtroppo no, perché le leggi le fanno loro e perché tutti i vertici giudiziari, amministrativi e militari dello Stato sono stati lottizzati proprio da questi partiti.
Allora come uscire da questo pozzo buio e profondo in cui è stato gettato il popolo italiano? Con le riforme istituzionali? Ma non facciamo ridere neanche questa volta! Adesso le riforme istituzionali servirebbero solo a trasformare e riciclare i rifiuti umani di questo regime putrefatto. Non è infatti possibile cambiare partendo dal vertice in metastasi; per cambiare è di primaria importanza sconfiggere il centralismo dei partiti.
«Aspettando Zorro», ha scritto qualche mese fa il politologo Marcello Veneziani. No, non sono d'accordo, non possiamo più attendere l'uomo mascherato che, tra l'altro, non arriva mai. E non possiamo più vivere aspettando miti che poi magari si rivelano deludenti.
È invece arrivato il momento in cui il popolo, con serietà e maturità, ritrovi la propria dignità e la forza necessaria per liberarsi da chi lo ha sgovernato per troppi anni, da chi ha portato la nazione alla bancarotta a seguito di una politica irresponsabile, da chi per «risanare» l'economia-continua a torchiare i contribuenti con balzelli di ogni genere.
Ed allora in ogni comune d'Italia devono nascere dei movimenti antagonisti ai partiti di regime che abbiano come unico scopo lo sviluppo ed il benessere della propria comunità. Dalla periferia dovranno poi avanzare, come tante falangi (non quelle del «gobbo») dalle mille bandiere, le forze del rinnovamento che, federandosi, gestiranno la nazione nel rispetto e secondo le esigenze delle specificità territoriali. È inoltre opportuno che i responsabili dello sfascio della nazione, magari a seguito di una apposita legge sui furti ed i crimini di regime, siano condannati a versare quanto rubato al popolo italiano ed allontanati per sempre dalla vita pubblica. Solo allora si potrà parlare di riforme istituzionali e di vero rinnovamento. Solo allora sarà possibile realizzare una grande «Nazione delle Comunità» che sia degna della nuova Europa dei Popoli.
 

Antonio Kornas

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