Aspettando Zorro?
Per capire il perché di
«Tangentopoli» credo siano opportune alcune riflessioni. Premetto che non sono
d'accordo quando si parla di un sistema degenerato perché non esiste un sistema
degenerato, esiste il sistema e basta. Questo sistema partitocratico e mafioso.
Mi chiedo infatti che differenza passa tra il sistema partitocratico e il
sistema mafioso, che differenza esiste tra una corrente di partito ed una cosca
camorristica. Non penso esista alcuna differenza. Sia il partito politico che la
cosca mafiosa sono strutturati in modo piramidale. Esistono i parlamentari come
esistono i capo-cupola; esistono i vari leader di partito come esistono i tanti
padrini mafiosi; esistono i segretari provinciali e di sezione come esistono i
boss di periferia e di quartiere; esistono i galoppini e la militanza come
esistono i picciotti e la manovalanza.
Due mondi simili anche se uno apparentemente legale e, l'altro, apparentemente
illegale. Due mondi accomunati da potere, connivenze, corruzione, clientelismo,
favoritismo, assistenzialismo. E, spesso e volentieri, simile è anche
l'atteggiamento che hanno padrini mafiosi e padrini di partito: arroganti e
prepotenti come se tutto fosse loro dovuto. Sia politici che mafiosi gestiscono
appalti pubblici e posti di lavoro; sia politici che mafiosi hanno infiltrato i
loro uomini nei posti chiave dello Stato e negli enti pubblici, spesso
appositamente creati (Regioni, USL, Comunità Montane), lottizzando e spartendosi
tutti i vertici istituzionali con costi altissimi per l'intera comunità
nazionale.
Ed allora mi chiedo e vi chiedo: ma sperperare migliaia di miliardi, sapendo di
sperperare, non è forse un reato? Ma c'è dell'altro, di molto peggio. Come fanno
infatti i partiti di regime a pagare sedi, congressi e, in particolare, le
campagne elettorali? Con il finanziamento pubblico? Con i contributi dei
militanti? Ma non facciamo ridere! Qui parliamo di centinaia, anzi di migliaia
di miliardi.
Ed eccoci a «Tangentopoli», ai grandi appalti pubblici per favorire ditte che
poi versano una percentuale sul conto del partito o, peggio, su quello del
politico di turno. E i casi scoperti a Milano, Venezia, Firenze, Reggio
Calabria, Roma, Ancona, L'Aquila non sono certo isolati. Tutti sanno che dal più
grande al più piccolo comune di quest'Italia è tutta una «Tangentolandia».
Ma, ora che il coperchio è stato aperto, l'intellighentia di regime ed i padrini
della politica giocano il tutto per tutto: «senza di noi non si può governare» e
«la democrazia è in pericolo», gridano in modo isterico ed allarmato come topi
impazziti. Certo, la loro democrazia consociativa basata su false quanto comode
contrapposizioni ideologiche, sui privilegi di casta e sulle connivenze
politico-mafiose, effettivamente è in pericolo. Ed è per questo motivo che gli
strateghi della politica tentano di salvare il salvabile, di ideare stratagemmi
per far sì che i responsabili dello sfascio morale, politico ed istituzionale
sopravvivano a sé stessi.
Adesso, sempre più insistentemente, parlano di riforme istituzionali e dicono di
voler rinnovare e moralizzare la vita pubblica ma, sfortuna per loro e fortuna
per noi, questi signori non sono più credibili. Non solo, ogni giorno che passa
appaiono sempre più gravi le loro responsabilità. I rapporti tra mafia, partiti
e massonerie, la strategia della tensione, le stragi di Stato, i delitti
eccellenti, il traffico internazionale di droga e di armi... Tutto oggi ci porta
a pensare che questo non è stato soltanto un regime di ladri ma, molto
probabilmente, anche un regime di cinici e sanguinari assassini.
Ma a questo punto, se i partiti di regime sono associazioni malavitose non li si
potrebbe mettere fuori legge? Purtroppo no, perché le leggi le fanno loro e
perché tutti i vertici giudiziari, amministrativi e militari dello Stato sono
stati lottizzati proprio da questi partiti.
Allora come uscire da questo pozzo buio e profondo in cui è stato gettato il
popolo italiano? Con le riforme istituzionali? Ma non facciamo ridere neanche
questa volta! Adesso le riforme istituzionali servirebbero solo a trasformare e
riciclare i rifiuti umani di questo regime putrefatto. Non è infatti possibile
cambiare partendo dal vertice in metastasi; per cambiare è di primaria
importanza sconfiggere il centralismo dei partiti.
«Aspettando Zorro», ha scritto qualche mese fa il politologo Marcello Veneziani.
No, non sono d'accordo, non possiamo più attendere l'uomo mascherato che, tra
l'altro, non arriva mai. E non possiamo più vivere aspettando miti che poi
magari si rivelano deludenti.
È invece arrivato il momento in cui il popolo, con serietà e maturità, ritrovi
la propria dignità e la forza necessaria per liberarsi da chi lo ha sgovernato
per troppi anni, da chi ha portato la nazione alla bancarotta a seguito di una
politica irresponsabile, da chi per «risanare» l'economia-continua a torchiare i
contribuenti con balzelli di ogni genere.
Ed allora in ogni comune d'Italia devono nascere dei movimenti antagonisti ai
partiti di regime che abbiano come unico scopo lo sviluppo ed il benessere della
propria comunità. Dalla periferia dovranno poi avanzare, come tante falangi (non
quelle del «gobbo») dalle mille bandiere, le forze del rinnovamento che,
federandosi, gestiranno la nazione nel rispetto e secondo le esigenze delle
specificità territoriali. È inoltre opportuno che i responsabili dello sfascio
della nazione, magari a seguito di una apposita legge sui furti ed i crimini di
regime, siano condannati a versare quanto rubato al popolo italiano ed
allontanati per sempre dalla vita pubblica. Solo allora si potrà parlare di
riforme istituzionali e di vero rinnovamento. Solo allora sarà possibile
realizzare una grande «Nazione delle Comunità» che sia degna della nuova Europa
dei Popoli.
Antonio
Kornas
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