«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 6 - 7 (31 Ottobre 1992)

 

L'inganno di Maastricht
Tra Banca Mondiale ed Eurobanca non c'è posto per l'Europa dei popoli

 

Storie di dollari «vaganti», storie di usura. Pound -il «criminale» dei Cantos che scelse nei suoi ultimi anni di vita la voce del silenzio- indicò con la lucidità immaginifica del Poeta quale fosse lo spirito regolante i meccanismi del «dominio». Dollari in cerca d'impiego. E di volta in volta impiegati -spesso al «nero»- per soggiogare, manipolare e corrompere, per imporre -insomma- la volontà di potenza della Banca nella sua dimensione mondiale e mondialista.
Persino la «crescita zero» ideata e teorizzata da un certo Nelson Rockfeller fu un'operazione di potere finanziata dai Signori della Banca. Gli stessi che pretesero d'imporre ad un certo numero di paesi del Terzo Mondo tassi di natalità decisi dalla classe dirigente statunitense... Ma si sa, 100 milioni di nascite «risparmiate» fanno risparmiare 700 miliardi di dollari... Così ebbe a sentenziare -come ci ricorda Franco Cardini- nel '74 il Fondo ONU per la popolazione. Sempre e comunque usura.
La nostra guerra del sangue contro l'oro criminalizzata e -siano maledetti!- per decenni fatta oggetto di dileggio dai Santi Padri della democrazia. .. E poi arriviamo a leggere -vero Giano?- su un recentissimo numero di "Le Monde Diplomatique" la dettagliata descrizione del ruolo usuraio svolto dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale a danno dei paesi cosiddetti «sottosviluppati» (perché non accettano il «loro» progresso), dove la gente muore di fame «per pagare gli interessi delle banche americane».
E l'Europa? L'Europa «atlantica» comprendente USA e Canada ma monca della Mitteleuropa, del suo centro. E delle sue propaggini orientali. L'Europa dei fili spinati, dei muri e delle repressioni, l'Europa economica del capitale e delle merci, l'Europa culturalmente omologata e di fatto uniformizzata. L'Europa grassoccia e borghese figlia del Piano Marshall, affogata dalle quantità di burro in esubero, scossa periodicamente dalle guerre del vino e del grano, resa «forte» dal Pool dell'Acciaio e dall'Euratom, trasformatasi in una Comunità Economica dove veniva interdetta la partecipazione ai paesi «neutrali», quelli -per intenderci- non sudditi degli USA.
In quell'Europa non c'era -e non c'è- spazio per l'autonomia della difesa comunitaria dal sistema militare occidentale. In quell'Europa «debole» perché divenuta un tutt'uno con l'Occidente c'erano -e ci sono- le basi americane neppure mascherate da basi NATO perché ai servi non è consentito neanche recitare la parodia dei liberi. Tant'è che quando si trattò di poter ritrovare un minimo d'indipendenza a fronte degli Imperialismi egemoni le «democrazie» europee -ed i loro tecnocrati ed i loro banchieri ed i loro mercanti ed i loro intellettuali «organici»- accettarono da miserabili il «Patto di non proliferazione nucleare» che volle significare l'abdicazione definitiva ad un ruolo di Potenza. E su questo dovremo tornarci...
Dalla CEE, dunque, a Maastricht; non per costruire la Patria europea dei Popoli ma cercando di ricomporre sulle piazze dei cambi un «puzzle monetario». E non vengano tuttologi, economisti ed «europeisti» d'accatto a cianciare intorno al Trattato di Maastricht per cercare di dimostrare che dall'Unione europea in esso disegnata sorgerà una potenza politica. Non basta la solennità dei propositi, non basta la cancellazione della dicitura «economica», non bastano i titoli dedicati alla politica sociale, all'educazione, alla cultura, alla salute, ai trasporti, alla ricerca, alla protezione dell'ambiente, alla cooperazione dei paesi in via di sviluppo per spacciare il Trattato come una sorta di panacea destinata all'edificazione di una «nuova» Europa. Dichiarazioni d'intenti racchiuse in una manciata di parole costituiscono espressioni nominalistiche; e null'altro. Preamboli in cui si dichiara di voler raggiungere «una comune politica estera e della sicurezza, compresa la definizione a termine di una politica della difesa che potrebbe condurre, ad un dato momento, a una difesa comune, rafforzando così l'identità dell'Europa e la sua indipendenza al fine di promuovere la pace, la sicurezza e il progresso in Europa e nel mondo» restano preamboli; e null'altro. Perché, poi, quando si passa dai preamboli, dai proponimenti, dai titoli, dalle dichiarazioni d'intenti alla sostanza (quantificata, anche, in pagine, in articoli ed in comma) ci si accorge che il Trattato di Maastricht è finalizzato unicamente alla creazione di una moneta unica e di una banca europea centrale.
Al «cittadino dell'Unione» sarà consentita la sola libertà di vagare per le contrade europee pagando interessi ai banchieri, ai soli veri beneficiari della futura «Comunità» acconciamente ritagliata a Maastricht dai Signori dell'usura. A loro misura. Loro, i tecnocrati della moneta e dei tassi d'interesse, hanno fatto propria la filosofia della Bundesbank che -non lo si dimentichi- osteggiò la politica dell'unificazione tedesca perché avrebbe potuto provocare la crescita di qualche punto dell'inflazione.
È la «Metafisica della Banca» che si rinviene pari pari nella attribuzione d'indipendenza dal potere politico fornita dal Trattato alla costituenda Banca Centrale Europea. Recita l'articolo 107: «Nell'esercizio dei poteri nell'adempimento delle missioni (sic! N.d.A.) che sono stati loro conferiti dal presente trattato e dagli statuti del sistema europeo delle banche centrali, né la Banca centrale europea, né una banca centrale nazionale, né un membro qualsiasi dei loro organi decisionali possono sollecitare né accettare delle istruzioni da parte delle istituzioni o organi comunitari, dei governi degli Stati membri o di qualunque altro organismo. Le istituzioni e organi comunitari così come i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare d'influenzare i membri degli organi decisionali della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali nello svolgimento delle loro missioni».
È tanto difficile, a tal punto, comprendere come tra Banca mondiale e Banca centrale europea non vi sia alcun spazio non solo per i Popoli europei ma neppure per le «istituzioni nazionali» che dovrebbero rappresentarli? Eppure è stato dai neo e vetero-europeisti coniato il motto di «Maastricht o morte!». Ma la morte di chi? Semmai dei vecchi soggetti sudditi di Yalta e delle logiche mondialiste, che ai Popoli dell'Europa centrale ed orientale non è nemmeno consentito di entrare a far parte dell'Unione.
Scrive Giano Accame con l'acume che gli è proprio come gli «eurocrati» abbiano elaborato i dossier per Maastricht prima della caduta del Muro, «con una logica della rassegnazione che puntava solo a perfezionare l'esistente nell'area già relativamente privilegiata dal protettorato americano». E difatti il Trattato firmato il 7 febbraio 1992 dai ministri degli Esteri e delle Finanze dei 12 paesi appartenenti alla CEE è nato -e non a caso- vecchio. Nonostante gli eventi storici che hanno ribaltato lo scenario europeo nulla si è fatto sino ad oggi per aggiornare il Trattato, per allargarlo a tutte le componenti europee. Ma, a ben guardare, certa «vecchiezza» si spiega se rapportata organicamente alla «metafisica» della «crescita zero», delle nascite «risparmiate» per fare risparmiare, della opposizione all'unificazione tedesca perché fonte d'inflazione. Ecco da dove nasce l'arroganza dei banchieri che giungono a Maastricht a vietare ai «politici» sinanco il concorrere a determinare il costo del denaro.
Si dice che i «partiti popolari» potrebbero e dovrebbero opporsi al dominio delle lobbies; si sostiene -ancora- che se Maastricht decollasse ne godremo anche «noi» come Italia e come Europa se non altro perché una moneta europea forte potrebbe ridimensionare la egemonia del dollaro.
Noi non neghiamo la validità in principio di tali considerazioni; ma non vediamo nella realtà degli attuali scenari che cosa siano i «partiti popolari» e dove siano l'Italia e l'Europa. I «partiti popolari» di cui parlano Sbardella ed i militanti ciellini? Quelli i cui dirigenti politici allungano -e non da ora- le mani anche sulle disponibilità comunitarie? Di «popolare» in costoro c'è soltanto l'abilità nel gioco delle tre carte... E costoro dovrebbero battersi contro le lobbies dei banchieri? E per conseguire quale obiettivo che non abbiano già raggiunto?
Quanto all'Europa (parlare dell'Italia oggi sarebbe a dir poco grottesco), succube ieri come oggi dell'egemonia «occidentale» che si esprime in tutti i campi ed a tutti i livelli del «dominio», cosa può avere a che fare l'Unione vagheggiata a Maastricht con la Patria europea? Una Patria che sia innanzi tutto Comunità di destini, centro e reale punto di riferimento delle Comunità popolari. Una Patria politicamente costruita come Comunità Federale Europea che vada da Lisbona a Vladivostock. Una Patria che sappia affrancarsi dai suoi «protettori» e che sia capace di sganciare l'economia dai criteri mercantilistici orientandola verso «valori di servizio» e non di semplice scambio.
Per chi possiede una tale concezione dell'Europa (la sola, peraltro, a poter interpretare le nuove realtà emergenti dalla rottura degli equilibri mondiali) non c'è spazio per qualsiasi altra considerazione su Maastricht. Che taluni campioni dell'«europeismo» affermino oggi -dopo il voto francese, dopo le «tempeste monetarie» abbattutesi sulle piazze dei cambi- che il Trattato possa e debba essere rivisto ed aggiornato non modifica nulla. Al più una rivisitazione può apportare dei correttivi che rendano più efficace la «missione» delle banche centrali la cui logica monetaristica risulterebbe migliorata negli strumenti.
Vogliamo comprenderlo che la Banca e l'impresa debbono divenire «funzioni di servizio» della Comunità e che la moneta ha valore soltanto se è proprietà del Popolo?
Insomma, nulla cambierà in Europa se gli strumenti finanziari ed economici (come per altro verso e prioritariamente quelli politici e militari e culturali) non serviranno a realizzare il benessere della Comunità e non a soddisfare le esigenze di usura e di profitto delle banche e delle lobbies su cui si fonda il sistema mondialista. Oltre Maastricht e contro Maastricht, dunque, per costruire sulle macerie dell'Europa delle banche, l'Europa dei Popoli.
 

Paolo Signorelli

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