L'inganno di Maastricht
Tra Banca
Mondiale ed Eurobanca non c'è posto per l'Europa dei popoli
Storie di dollari «vaganti», storie di usura. Pound -il «criminale» dei Cantos
che scelse nei suoi ultimi anni di vita la voce del silenzio- indicò con la
lucidità immaginifica del Poeta quale fosse lo spirito regolante i meccanismi
del «dominio». Dollari in cerca d'impiego. E di volta in volta impiegati -spesso
al «nero»- per soggiogare, manipolare e corrompere, per imporre -insomma- la
volontà di potenza della Banca nella sua dimensione mondiale e mondialista.
Persino la «crescita zero» ideata e teorizzata da un certo Nelson Rockfeller fu
un'operazione di potere finanziata dai Signori della Banca. Gli stessi che
pretesero d'imporre ad un certo numero di paesi del Terzo Mondo tassi di
natalità decisi dalla classe dirigente statunitense... Ma si sa, 100 milioni di
nascite «risparmiate» fanno risparmiare 700 miliardi di dollari... Così ebbe a
sentenziare -come ci ricorda Franco Cardini- nel '74 il Fondo ONU per la
popolazione. Sempre e comunque usura.
La nostra guerra del sangue contro l'oro criminalizzata e -siano maledetti!- per
decenni fatta oggetto di dileggio dai Santi Padri della democrazia. .. E poi
arriviamo a leggere -vero Giano?- su un recentissimo numero di "Le Monde
Diplomatique" la dettagliata descrizione del ruolo usuraio svolto dal Fondo
Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale a danno dei paesi cosiddetti
«sottosviluppati» (perché non accettano il «loro» progresso), dove la gente
muore di fame «per pagare gli interessi delle banche americane».
E l'Europa? L'Europa «atlantica» comprendente USA e Canada ma monca della
Mitteleuropa, del suo centro. E delle sue propaggini orientali. L'Europa dei
fili spinati, dei muri e delle repressioni, l'Europa economica del capitale e
delle merci, l'Europa culturalmente omologata e di fatto uniformizzata. L'Europa
grassoccia e borghese figlia del Piano Marshall, affogata dalle quantità di
burro in esubero, scossa periodicamente dalle guerre del vino e del grano, resa
«forte» dal Pool dell'Acciaio e dall'Euratom, trasformatasi in una Comunità
Economica dove veniva interdetta la partecipazione ai paesi «neutrali», quelli
-per intenderci- non sudditi degli USA.
In quell'Europa non c'era -e non c'è- spazio per l'autonomia della difesa
comunitaria dal sistema militare occidentale. In quell'Europa «debole» perché
divenuta un tutt'uno con l'Occidente c'erano -e ci sono- le basi americane
neppure mascherate da basi NATO perché ai servi non è consentito neanche
recitare la parodia dei liberi. Tant'è che quando si trattò di poter ritrovare
un minimo d'indipendenza a fronte degli Imperialismi egemoni le «democrazie»
europee -ed i loro tecnocrati ed i loro banchieri ed i loro mercanti ed i loro
intellettuali «organici»- accettarono da miserabili il «Patto di non
proliferazione nucleare» che volle significare l'abdicazione definitiva ad un
ruolo di Potenza. E su questo dovremo tornarci...
Dalla CEE, dunque, a Maastricht; non per costruire la Patria europea dei Popoli
ma cercando di ricomporre sulle piazze dei cambi un «puzzle monetario». E non
vengano tuttologi, economisti ed «europeisti» d'accatto a cianciare intorno al
Trattato di Maastricht per cercare di dimostrare che dall'Unione europea in esso
disegnata sorgerà una potenza politica. Non basta la solennità dei propositi,
non basta la cancellazione della dicitura «economica», non bastano i titoli
dedicati alla politica sociale, all'educazione, alla cultura, alla salute, ai
trasporti, alla ricerca, alla protezione dell'ambiente, alla cooperazione dei
paesi in via di sviluppo per spacciare il Trattato come una sorta di panacea
destinata all'edificazione di una «nuova» Europa. Dichiarazioni d'intenti
racchiuse in una manciata di parole costituiscono espressioni nominalistiche; e
null'altro. Preamboli in cui si dichiara di voler raggiungere «una comune
politica estera e della sicurezza, compresa la definizione a termine di una
politica della difesa che potrebbe condurre, ad un dato momento, a una difesa
comune, rafforzando così l'identità dell'Europa e la sua indipendenza al fine di
promuovere la pace, la sicurezza e il progresso in Europa e nel mondo» restano
preamboli; e null'altro. Perché, poi, quando si passa dai preamboli, dai
proponimenti, dai titoli, dalle dichiarazioni d'intenti alla sostanza
(quantificata, anche, in pagine, in articoli ed in comma) ci si accorge che il
Trattato di Maastricht è finalizzato unicamente alla creazione di una moneta
unica e di una banca europea centrale.
Al «cittadino dell'Unione» sarà consentita la sola libertà di vagare per le
contrade europee pagando interessi ai banchieri, ai soli veri beneficiari della
futura «Comunità» acconciamente ritagliata a Maastricht dai Signori dell'usura.
A loro misura. Loro, i tecnocrati della moneta e dei tassi d'interesse, hanno
fatto propria la filosofia della Bundesbank che -non lo si dimentichi- osteggiò
la politica dell'unificazione tedesca perché avrebbe potuto provocare la
crescita di qualche punto dell'inflazione.
È la «Metafisica della Banca» che si rinviene pari pari nella attribuzione
d'indipendenza dal potere politico fornita dal Trattato alla costituenda Banca
Centrale Europea. Recita l'articolo 107: «Nell'esercizio dei poteri
nell'adempimento delle missioni (sic! N.d.A.) che sono stati loro conferiti dal
presente trattato e dagli statuti del sistema europeo delle banche centrali, né
la Banca centrale europea, né una banca centrale nazionale, né un membro
qualsiasi dei loro organi decisionali possono sollecitare né accettare delle
istruzioni da parte delle istituzioni o organi comunitari, dei governi degli
Stati membri o di qualunque altro organismo. Le istituzioni e organi comunitari
così come i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo
principio e a non cercare d'influenzare i membri degli organi decisionali della
Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali nello svolgimento delle
loro missioni».
È tanto difficile, a tal punto, comprendere come tra Banca mondiale e Banca
centrale europea non vi sia alcun spazio non solo per i Popoli europei ma
neppure per le «istituzioni nazionali» che dovrebbero rappresentarli? Eppure è
stato dai neo e vetero-europeisti coniato il motto di «Maastricht o morte!». Ma
la morte di chi? Semmai dei vecchi soggetti sudditi di Yalta e delle logiche
mondialiste, che ai Popoli dell'Europa centrale ed orientale non è nemmeno
consentito di entrare a far parte dell'Unione.
Scrive Giano Accame con l'acume che gli è proprio come gli «eurocrati» abbiano
elaborato i dossier per Maastricht prima della caduta del Muro, «con una logica
della rassegnazione che puntava solo a perfezionare l'esistente nell'area già
relativamente privilegiata dal protettorato americano». E difatti il Trattato
firmato il 7 febbraio 1992 dai ministri degli Esteri e delle Finanze dei 12
paesi appartenenti alla CEE è nato -e non a caso- vecchio. Nonostante gli eventi
storici che hanno ribaltato lo scenario europeo nulla si è fatto sino ad oggi
per aggiornare il Trattato, per allargarlo a tutte le componenti europee. Ma, a
ben guardare, certa «vecchiezza» si spiega se rapportata organicamente alla
«metafisica» della «crescita zero», delle nascite «risparmiate» per fare
risparmiare, della opposizione all'unificazione tedesca perché fonte
d'inflazione. Ecco da dove nasce l'arroganza dei banchieri che giungono a
Maastricht a vietare ai «politici» sinanco il concorrere a determinare il costo
del denaro.
Si dice che i «partiti popolari» potrebbero e dovrebbero opporsi al dominio
delle lobbies; si sostiene -ancora- che se Maastricht decollasse ne godremo
anche «noi» come Italia e come Europa se non altro perché una moneta europea
forte potrebbe ridimensionare la egemonia del dollaro.
Noi non neghiamo la validità in principio di tali considerazioni; ma non vediamo
nella realtà degli attuali scenari che cosa siano i «partiti popolari» e dove
siano l'Italia e l'Europa. I «partiti popolari» di cui parlano Sbardella ed i
militanti ciellini? Quelli i cui dirigenti politici allungano -e non da ora- le
mani anche sulle disponibilità comunitarie? Di «popolare» in costoro c'è
soltanto l'abilità nel gioco delle tre carte... E costoro dovrebbero battersi
contro le lobbies dei banchieri? E per conseguire quale obiettivo che non
abbiano già raggiunto?
Quanto all'Europa (parlare dell'Italia oggi sarebbe a dir poco grottesco),
succube ieri come oggi dell'egemonia «occidentale» che si esprime in tutti i
campi ed a tutti i livelli del «dominio», cosa può avere a che fare l'Unione
vagheggiata a Maastricht con la Patria europea? Una Patria che sia innanzi tutto
Comunità di destini, centro e reale punto di riferimento delle Comunità
popolari. Una Patria politicamente costruita come Comunità Federale Europea che
vada da Lisbona a Vladivostock. Una Patria che sappia affrancarsi dai suoi
«protettori» e che sia capace di sganciare l'economia dai criteri
mercantilistici orientandola verso «valori di servizio» e non di semplice
scambio.
Per chi possiede una tale concezione dell'Europa (la sola, peraltro, a poter
interpretare le nuove realtà emergenti dalla rottura degli equilibri mondiali)
non c'è spazio per qualsiasi altra considerazione su Maastricht. Che taluni
campioni dell'«europeismo» affermino oggi -dopo il voto francese, dopo le
«tempeste monetarie» abbattutesi sulle piazze dei cambi- che il Trattato possa e
debba essere rivisto ed aggiornato non modifica nulla. Al più una rivisitazione
può apportare dei correttivi che rendano più efficace la «missione» delle banche
centrali la cui logica monetaristica risulterebbe migliorata negli strumenti.
Vogliamo comprenderlo che la Banca e l'impresa debbono divenire «funzioni di
servizio» della Comunità e che la moneta ha valore soltanto se è proprietà del
Popolo?
Insomma, nulla cambierà in Europa se gli strumenti finanziari ed economici (come
per altro verso e prioritariamente quelli politici e militari e culturali) non
serviranno a realizzare il benessere della Comunità e non a soddisfare le
esigenze di usura e di profitto delle banche e delle lobbies su cui si fonda il
sistema mondialista. Oltre Maastricht e contro Maastricht, dunque, per costruire
sulle macerie dell'Europa delle banche, l'Europa dei Popoli.
Paolo
Signorelli
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