«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno I - n° 8 - 9 (31 Dicembre 1992)

 

Il post-fascismo del post-AIDS


«aRazzo attrantato
non guarda parentato»
(Salvo La Porta
, "Teoria dell'Essere")

«Bevete più latte, il latte fa bene,
il latte conviene, bevete più latte!»
(Federico Fellini
, "Le tentazioni del signor Antonio")


Alla memoria di
Ennio Flaiano,
alla sua solitudine di satiro


Sodoma e Gomorra: bedda Matrii II peccato assoluto. Sodoma e Gomorra: la perdizione, l'abbandono, la dimenticanza. Non si fa, non si pensa, non si cerca. Come dice la canzone: «Lasciamo perdere, lasciamo stare, lasciamo andare». Sodoma e Gomorra, biblica complementarità della negazione. Una lezione fissata già dai primi giorni del catechismo. Infatti sembra una scena da "Nuovo Cinema Paradiso": c'è la sala parrocchiale, il buio dell'inverno, un mangiadischi, una canzonaccia lenta graffiata con un francese gutturale e tanti ragazzini ammorbati di curiosità. La Sicilia non offriva ragazze scostumate, c'erano poche distrazioni, qualche libro: "II riposo del guerriero", le foto de "II Borghese" da sfogliare, qualche film: "Mondo di notte", "Le ragazze di Amsterdam", come in una serata da buio segreto di Castelvetrano. In parrocchia dicevamo, su un tavolo largo, tutti i compagnetti in attesa, e su quel tavolo Francesco, bravo frocione vezzoso, che offre uno spogliarello in piena regola: reggicalze, reggiseno, parrucca, e quindi musica, musica, perdizione, abbandono, dimenticanza. Mio compare Baldo mi racconta che faceva il piccolo manager, il lenone, il capobanda, la claque: «brava, bedda, brava, megghio di Sofìa Loren». Ma entrò all'improvviso Padre Filadelfio. Tutti espulsi dall'azione cattolica. Già l'indomani tutti iscritti alla Giovane Italia, sezione «Giovanni Gentile».
Eh sì, Sodoma e Gomorra. Le urla del prete si sentono ancora nel fondo della coscienza. Atti impuri da manuale inquisitorio. Ma non erano cavalieri templari infoiati, era "Nuovo Cinema Paradiso", adolescenza rustica, «strafottenza goliardica», pedagogia pratica nel paese dell'idealismo italiano. Non cercavano il Bafometto della conoscenza sotto la cinta dei calzoni, inventavano la «donna». Facevano «cose turche» in barba all'Africa distante una passeggiata di fronte al mare.
Eh sì, Sodoma e Gomorra. E meno male che la chiesa ha inventato il peccato: confessionali, sagrestie, i manuali di educazione sessuale, i panini del dissenso, il dialogo, i collettivi parrocchiali, l'apertura al sociale. Avevano preso tanto gusto al dialogo con le tardone che si stropicciavano sempre le tonache alle riunioni con la comunità. Avevano i polsini e i gomiti consumati dallo strofinio. Il palmo della mano sudato.
Eppure una cosa i parrini non l'hanno mai spiegata: a Sodoma -i signori sodomiti- si ammulavano. E questa è storia nota, lo sappiamo tutti e noi personalmente non ci occupiamo dì alimentare queste frequentazioni. Ma una legittima curiosità morde il suo assillo: si dice sempre «Sodoma e Gomorra», si può una volta per tutte sapere, si può sapere, si può sapere a Gomorra -i signori gomorresi- si può sapere, si può sapere che facevano? Quali irraggiungibili sconvolgimenti si facevano frullare in testa? Cosa mai potevano fare da meritare tutto questo enorme anatema?
Io non so rispondere, neppure mio compare, neppure la grande scienza di storia e filosofia. Una risposta soddisfacente c'è l'ha comunque Ugo Martinat: «a Gomorra facevano le cose serie».
Cosa facevano quindi? I triangoli? Si facevano servire lo champagne da suore altissime beddissime velatissime scosciate e in giarrettiera? Stavano lì pancia in aria ad aspettare di mordere la capra? Cose serie certamente, altro che ginecologia da macelleria.
Cose serie: ambientazione felliniana (una marcia in più rispetto a Tornatore), scenografie e consulenza fondoschiena di Milo Manara, musica di Nino Rota, colori e suoni di ghiotto sogno. Ottima idea per un dibattito, non è vero? Un ottimo dibattito.
Ma non si preoccupi il signor Antonio, oggi qui si compie un atto di riparazione. Ricordate, cari lettori e gentili ospiti, il signor Antonio di Federico Fellini? Quel bigottone impersonato da Peppino de Filippo nel film "Boccaccio 70"? Ebbene quel cetriolone del sig. Antonio era uno troppo vicino a noi. Andava in smanie contro un manifesto pubblicitario, andava in febbrile agitazione contro la prorompente bellezza di Anitona che sulle sue grazie invocava la bontà del latte. Ebbene, il sig. Antonio organizzava riunioni di moralisti indefessi, chiamava il cardinale, schiaffeggiava le dame scollate (ih! ih! guarda un po': corsi ricorsi storici), si fermava all'edicola e comprava il quotidiano "La Fiaccola" il settimanale "Certezza", ma poi per dovere di film si innamorava, si scioglieva, si illanguidiva, si faceva prendere per mano dallo spettro di Anitona e si addormentava dentro l'onda dell'indimenticabile seno.
Ecco, oggi bisogna compiere un atto di riparazione. Nei confronti di Federico Fellini per esempio, perché attraverso lui -attraversando i suoi pesanti sberleffi- ci riconciliamo con la santa trasgressione dei selvaggi. (Maestro, lasci perdere quel laido di La Malfa, venga con noi, quantomeno venga a cena con me e con Baldo).
Signori, qui si conclude la seconda puntata del viaggio fascista intorno al sesso. Si apre il dibattito su Sodoma e Gomorra con tot quel che segue. Per quel che mi riguarda avrei potuto riferire del programma futurista dell'erotismo eroico, porcoeccitato, antimatrimonio, coito creativo, parità. Ma non l'ho fatto. Avrei potuto fare di queste due colonne sorde e grigie un bivacco di miei affettuosi lettori. Ma non l'ho fatto.
Però camerati, che vergogna quelle interrogazioni parlamentari contro la "Dolce vita", lo schieramento antidivorzista, l'alleanza dei braghettoni e tutte quelle pompe funebri con il raglio e il bla bla untuoso della moralità. Viva la ziga!
 

Pietrangelo Buttafuoco

P.S. - Che ve ne pare di questo postfascismo del post-Aids?

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