Dispensator di cappucci a
pizzo
«In povertà mia lieta, scialo da
gran signore, rime ed inni d'amore, per sogni e per chimere e per castelli in
aria, l'anima ho milionaria»
Giacomo Puccini, "la Bohème"
«Trentatré trentini entrarono a Trento tutti e Trentatré trotterellando»
(Scherzi di loggia)
Ricevo una lettera dall'ufficio di presidenza della Provincia di Enna. Mi
chiedono con tutte le pompe dovute al ruolo della formalità burocratica, di
presentare la mia dichiarazione dei redditi, cioè la situazione patrimoniale.
Insomma vogliono sapere di quanto dispongo perché tutti i componenti del
consiglio, ed io lo sono, debbono assolvere ai princìpi della trasparenza. Che
palle, la trasparenza. A me, ad un genio della penna e della «mòseca» quale io
sono, è scorretto chiedere alcunché, ritengo che questa ennesima sparata di
ricognizione nelle tasche altrui altro non sia che un gesto di volgare
demagogismo. Infatti io non avrei problemi a presentare il modello della
dichiarazione.
Il problema è un altro. Per esempio potrebbe essere un problema che minima
pecunia alberga presso le mie tasche. Chissà le risate, la trasparenza potrebbe
verificare quanto poco io abbia concretizzato in termini di «tubo digerente»,
perché sì l'arte è bella, io scrivo, voi leggete, ma carmina non dant panem.
«Rime ed inni d'amore, per sogni e per chimere e per castelli in aria, l'anima
ho milionaria». Manderò al mio presidente queste righe, questa è la mia
dichiarazione dei redditi. Ma la storia continua, anche se sono in vena di
citazioni in latinorum, la storia continua, infatti lor signori cominciano con
la dichiarazione dei redditi e poi a poco a poco vogliono sapere di tutto. Metti
caso che in un consiglio c'è qualche scarto di demoproletario, un pezzente
lavoratore o che so io un verde di quelli a pallini che ti presenta un
emendamento per sapere tutto di tutti. Per sapere su tutto.
Se ad uno gli piace andare per dietro, se ad un altro gli tira il naso, se uno
si mangia le unghia, oppure che chiesa frequenta. Ma il consigliere
verde-demopop-cretino può arrivare al punto di chiedere la qualsiasi cosa. Per
esempio se uno, cioè un tale, il tal dei tali, il tale consigliere, è o non è
massonico. Scusate la pronuncia siciliana, mi correggo: vogliono sapere se uno
nella sua santa pace è massone.
Orsù, rimbocchiamoci le maniche. A parte il fatto che, da che mondo è mondo, la
saggezza, la prudenza e la riservatezza insegnano che di corna e di massoneria
non si deve mai parlare. Infatti le vie delle sorprese sono infinite e non si
può mai sapere come va a finire. Nel senso che voi parlate e nello «stramentre»
vi può capitare di essere cornuto senza saperlo.
Ma, dico. Per la barba di Giove, come si possono fare mai certi ragionamenti?
Sarà pure giusto verificare l'ipotesi di incompatibilità fra il ruolo di
consigliere provinciale e quello di massonico. Ma vogliamo verificare le altre
incompatibilità? Per esempio, possiamo capire se si può essere iscritti ai Lions
e prestare giuramento alla repubblica, oppure al Rotary, al Kiwanis, al Crisa,
alle Giovani Marmotte, al Club di Topolino, al Club Milan, allo Junior Chamber,
al Circolo Pesca e Mela, al Rinnovamento dello Spirito? All'Opus Dei, ai
corsigli, alla curia. All'associazione dei beccaccioni.
Siamo al ridicolo. C'è un fuggi fuggi generale, i colleghi degli altri gruppi
per lo spavento dell'effetto Cordova, per il sì e per il no, pure il distintivo
della prima comunione hanno nascosto.
Sembra la storia del cappuccio a pizzo. Mi permetto raccontarla:
«Un dì che Re Guglielmo non aveva nulla da fare al solito suo, fece gettare, per
città, castelli e paesi un bando a suon dì trombe, tamburi e pifferi: Signori
miei! da oggi in poi chi è becco deve mettersi il cappuccio a pizzo per non fare
succedere confusioni. E chi non se lo mette, c'è la pena della testa e cent'onze
di multa. Dappertutto, quelli che erano in piazza, al sentire il bando, chi
scappava di qua e chi di là, come cascasse il cielo a pezzi; e tutti tornavano
col cappuccio a pizzo, per non pagare la multa e perdere la testa. Anche il
troinese se ne andò a casa sua di corsa, e tutto ansante e trafelato lo contò
alla moglie: lo sapete il bando di Re Guglielmo? Da oggi tutti i becchi devono
mettersi il cappuccio a pizzo, per non fare succedere confusioni. La moglie
diventò una furia e andava su e giù sbraitando contro il Re che non aveva nulla
da fare e metteva lo scompiglio nelle case della gente onesta. Lui se lo deve
mettere il cappuccio a pizzo, e le pianelle, che le corna gli escono fin dai
piedi, e le brache se le deve allargare per farcele entrare tutte. Ah, marito
mio, voi lo sapete s'io vi ho sempre rispettato! Domandatelo a tutti che cura ho
avuto del vostro nome e come mi sono sempre comportata. Ah, marito mio, lo
potete dir forte che vi ho onorato più del sole nel cielo! Il troinese si
ringalluzziva tutto a sentirla fare così, e anche se lui se la pigliava con Re
Guglielmo che non pensava ai casi suoi; ma come se ne usciva per tornarsene in
piazza, la moglie lo richiamò in fretta: sentite, marito mio, per il sì e per il
no mettetevelo anche voi il cappuccio a pizzo, e così leviamo l'occasione. E il
troinese per il sì e per il no si mise anche lui il cappuccio a pizzo».
Vi ha «piaciuto»? Questa è una piccola parabola del nichilismo siciliano
raccolta da Francesco Lanza da Carrapipi, nonché libro tanto caro alla buonanima
di Sciascia. Serve altro? Volete la trasparenza? Non so che farmene. Per quel
che mi riguarda io sono un uomo libero e di buoni costumi. Buoni costumi, anche
se ho troppa cura nel procurare i cappucci a pizzo agli altri.
Pietrangelo Buttafuoco
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