«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 1 - 31 Gennaio 1993

 

Dispensator di cappucci a pizzo


 

«In povertà mia lieta, scialo da gran signore, rime ed inni d'amore, per sogni e per chimere e per castelli in aria, l'anima ho milionaria»
Giacomo Puccini
, "la Bohème"

«Trentatré trentini entrarono a Trento tutti e Trentatré trotterellando»
(Scherzi di loggia)


Ricevo una lettera dall'ufficio di presidenza della Provincia di Enna. Mi chiedono con tutte le pompe dovute al ruolo della formalità burocratica, di presentare la mia dichiarazione dei redditi, cioè la situazione patrimoniale. Insomma vogliono sapere di quanto dispongo perché tutti i componenti del consiglio, ed io lo sono, debbono assolvere ai princìpi della trasparenza. Che palle, la trasparenza. A me, ad un genio della penna e della «mòseca» quale io sono, è scorretto chiedere alcunché, ritengo che questa ennesima sparata di ricognizione nelle tasche altrui altro non sia che un gesto di volgare demagogismo. Infatti io non avrei problemi a presentare il modello della dichiarazione.
Il problema è un altro. Per esempio potrebbe essere un problema che minima pecunia alberga presso le mie tasche. Chissà le risate, la trasparenza potrebbe verificare quanto poco io abbia concretizzato in termini di «tubo digerente», perché sì l'arte è bella, io scrivo, voi leggete, ma carmina non dant panem.
«Rime ed inni d'amore, per sogni e per chimere e per castelli in aria, l'anima ho milionaria». Manderò al mio presidente queste righe, questa è la mia dichiarazione dei redditi. Ma la storia continua, anche se sono in vena di citazioni in latinorum, la storia continua, infatti lor signori cominciano con la dichiarazione dei redditi e poi a poco a poco vogliono sapere di tutto. Metti caso che in un consiglio c'è qualche scarto di demoproletario, un pezzente lavoratore o che so io un verde di quelli a pallini che ti presenta un emendamento per sapere tutto di tutti. Per sapere su tutto.
Se ad uno gli piace andare per dietro, se ad un altro gli tira il naso, se uno si mangia le unghia, oppure che chiesa frequenta. Ma il consigliere verde-demopop-cretino può arrivare al punto di chiedere la qualsiasi cosa. Per esempio se uno, cioè un tale, il tal dei tali, il tale consigliere, è o non è massonico. Scusate la pronuncia siciliana, mi correggo: vogliono sapere se uno nella sua santa pace è massone.
Orsù, rimbocchiamoci le maniche. A parte il fatto che, da che mondo è mondo, la saggezza, la prudenza e la riservatezza insegnano che di corna e di massoneria non si deve mai parlare. Infatti le vie delle sorprese sono infinite e non si può mai sapere come va a finire. Nel senso che voi parlate e nello «stramentre» vi può capitare di essere cornuto senza saperlo.
Ma, dico. Per la barba di Giove, come si possono fare mai certi ragionamenti? Sarà pure giusto verificare l'ipotesi di incompatibilità fra il ruolo di consigliere provinciale e quello di massonico. Ma vogliamo verificare le altre incompatibilità? Per esempio, possiamo capire se si può essere iscritti ai Lions e prestare giuramento alla repubblica, oppure al Rotary, al Kiwanis, al Crisa, alle Giovani Marmotte, al Club di Topolino, al Club Milan, allo Junior Chamber, al Circolo Pesca e Mela, al Rinnovamento dello Spirito? All'Opus Dei, ai corsigli, alla curia. All'associazione dei beccaccioni.
Siamo al ridicolo. C'è un fuggi fuggi generale, i colleghi degli altri gruppi per lo spavento dell'effetto Cordova, per il sì e per il no, pure il distintivo della prima comunione hanno nascosto.
Sembra la storia del cappuccio a pizzo. Mi permetto raccontarla:
«Un dì che Re Guglielmo non aveva nulla da fare al solito suo, fece gettare, per città, castelli e paesi un bando a suon dì trombe, tamburi e pifferi: Signori miei! da oggi in poi chi è becco deve mettersi il cappuccio a pizzo per non fare succedere confusioni. E chi non se lo mette, c'è la pena della testa e cent'onze di multa. Dappertutto, quelli che erano in piazza, al sentire il bando, chi scappava di qua e chi di là, come cascasse il cielo a pezzi; e tutti tornavano col cappuccio a pizzo, per non pagare la multa e perdere la testa. Anche il troinese se ne andò a casa sua di corsa, e tutto ansante e trafelato lo contò alla moglie: lo sapete il bando di Re Guglielmo? Da oggi tutti i becchi devono mettersi il cappuccio a pizzo, per non fare succedere confusioni. La moglie diventò una furia e andava su e giù sbraitando contro il Re che non aveva nulla da fare e metteva lo scompiglio nelle case della gente onesta. Lui se lo deve mettere il cappuccio a pizzo, e le pianelle, che le corna gli escono fin dai piedi, e le brache se le deve allargare per farcele entrare tutte. Ah, marito mio, voi lo sapete s'io vi ho sempre rispettato! Domandatelo a tutti che cura ho avuto del vostro nome e come mi sono sempre comportata. Ah, marito mio, lo potete dir forte che vi ho onorato più del sole nel cielo! Il troinese si ringalluzziva tutto a sentirla fare così, e anche se lui se la pigliava con Re Guglielmo che non pensava ai casi suoi; ma come se ne usciva per tornarsene in piazza, la moglie lo richiamò in fretta: sentite, marito mio, per il sì e per il no mettetevelo anche voi il cappuccio a pizzo, e così leviamo l'occasione. E il troinese per il sì e per il no si mise anche lui il cappuccio a pizzo».
Vi ha «piaciuto»? Questa è una piccola parabola del nichilismo siciliano raccolta da Francesco Lanza da Carrapipi, nonché libro tanto caro alla buonanima di Sciascia. Serve altro? Volete la trasparenza? Non so che farmene. Per quel che mi riguarda io sono un uomo libero e di buoni costumi. Buoni costumi, anche se ho troppa cura nel procurare i cappucci a pizzo agli altri.

 

Pietrangelo Buttafuoco

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