«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 1 - 31 Gennaio 1993

 

i dibattiti

Sinistra? Destra? Nuovo?

 

Qualcuno ha parlato di «nuovismo». Ovvero, tutto è sbagliato, tutto è da rifare. Tutto è un cantiere. L'Italia del parlamento, l'Italia della società civile, l'Italia delle sale cinematografiche, l'Italia delle passeggiate, l'Italia che sosta davanti ai banconi dei bar è un unico fermento. Un tam tam ritmato nell'ossessione: nuovo,nuovo, nuovo. Ma, a che prò? Per la comodità istituzionale del vecchio «uomo nuovo» di modernista fattura? Per l'amministrazione del moderno? Per la politica «forte»? Per l'estetica del «tutto a posto»?
C'è comunque una grande paura. Per esempio c'è la forte preoccupazione che le parole facciano «crudamente» il proprio mestiere. Per tanti anni si è proclamato a gran voce che le categorie destra/sinistra, i teoremi capitalismo/socialismo, le gabbie del liberalismo e del totalitarismo, gli incubi del partito unico abbiano già chiuso il proprio percorso. C'è un blocco psicologico anche a partire dalle definizioni, infatti nessuno è riuscito ad inventare un alfabeto per descrivere le esigenze del nuovo, del «nuovismo» in quanto tale. Per esempio si dice «gollismo», «neo-gollismo», «cossighismo», si dice e non si dice quel che dovrebbe essere detto in assoluta semplicità. A maggior ragione bisogna fare il proprio mestiere. La destra faccia la destra, la sinistra faccia la sinistra. Sono le minoranze attive che fanno forti le nazioni. Questa è una verità impietosa, non trasparente e antidemocratica.
Chiedetevi infatti cosa è successo nel silenzio dell'edificazione tedesca dalla tragedia del secondo dopoguerra fino alla recente unificazione. E chi c'era dietro. Chiedetevi quali sono i livelli di responsabilità ed efficienza che i singoli burocrati delle amministrazioni, i funzionari e politici di razza hanno speso al banco della storia degli ultimi anni. E cosa c'era dietro.
C'era una volta un dogma: l'invalicabilità delle categorie politiche. C'era la battaglia per la sicurezza, la garanzia della convivenza armata, il decoro borghese, il «sentire» europeo. Erano gli anni '50, gli anni '60. C'erano gli anni '70 che ancora ci si scannava per strada. Ma arrivarono gli anni '80 e la sinistra colta ed avanzata delle Università italiane cominciava ad interrogarsi sulle radici del nichilismo europeo per incontrare la nobiltà di una destra «irraggiungibile»; si cominciò a credere all'obsolescenza delle categorie politiche, da destra si rincorreva con molta ansia la sinisteritas attraverso uno scimmiottamento del movimentismo proletario: patetiche battaglie di falsa avanguardia, croci celtiche in cambio di falce e martello, terzomondismo da mentecatti. Il passo è lungo, e comunque lontana è la stagione. Siamo al culmine dei '90, nell'era dell'edonismo compiuto. La storia europea ha attraversato definitivamente i confini tracciati sulle ferite delle due «guerre civili», il compito dell'amministrazione spicciola delle idee si porta al capolinea: verificare i luoghi della politica ancora in esecuzione del delitto perfetto, in esecuzione della dicotomia amico/nemico. Con buona pace dei cattivi maestri. Con buona pace di tutto il sangue passato sulla linea dell'orizzonte.
Ma pane al pane, e vino al vino. La terribilità del binomio schmittiano reclama a sé la cavalieresca identificazione delle controparti. Pane al pane, vino al vino. La destra di domani deve fare ancora il suo mestiere. La sinistra deve completare il suo destino.
Un fronte di opinione e di mobilitazione deve essere reazionario in considerazione della compiuta voluttà dei valori (paradossalmente futurista, futuribile).
I fatti della mente, le «teoresi» politiche, i convincimenti morali, attendono ancora la conferma di «leggi» comunque nichilisticamente compiute. Un fronte a destra, quindi, dove possano convivere gli esteri dell'efficientismo europeo, i creativi del mercato «beneficiante», gli affratellati della solidarietà cristiana, gli sciasciani dell'anti-antimafia, e il più ampio bacino dell'area conservatrice.
Un fronte opposto deve essere identificato nella palude consolatoria dei piagnistei eco-socio-ideologici, una forma aggiornata di circolo comunista, un dopolavoro pacifista, un sanatorio plebeo (paradossalmente, rispetto ai dettati soliti del «Linearismo evolutivo», specchio dell'antiquariato democratico). E comunque, su questi due ambiti, per fisiologia politica si deve ancora porre la cesura invalicabile del conflitto. Alle armi, ancora alle armi. Con la complicità dell'intelligenza e la forza di una differenza: la civiltà del decoro borghese. Chiediamo su questo, su quanto detto e su quanto scritto, un dibattito. Speriamo di non essere stati noiosi.

 

Dragonera & Farfarello

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