Rompere gli steccati per
costruire l'alternativa
Credo necessario avviare sulle
pagine di "Tabula Rasa" un franco e aperto dibattito sulla situazione politica
nazionale e sulle «linee» operative individuali e condivisibili da parte della
nostra area. Al di là delle motivazioni che tutti conosciamo e condividiamo è
forse un'interpretazione, passatemi il termine, delle nostre «radici» che ci ha
accomunato e, spero ci accomuni, piuttosto che una scelta di campo all'interno
di un partito. Voglio dire che nei confronti del nostro prioritario referente
storico, il fascismo, abbiamo sviluppato la medesima «sensibilità», rifiutandone
una interpretazione «ideologica» ma riconoscendone invece l'enorme carica
rivoluzionaria proprio nella sua capacità di essere «sintesi» degli elementi.
Numerosissimi e contraddittori, che caratterizzarono i primi del Novecento.
Superando le banalizzazioni e le dietrologie, cercando quindi di ragionare in
maniera fredda, non si può negare che nell'analisi dello scenario politico
italiano di questo scorcio d'epoca emergono in maniera abbastanza nitida tre
tendenze estremamente conflittuali. C'è il vecchio assetto di potere politico ed
economico che appare in crisi irreversibile, con i suoi referenti storici, DC in
testa, allo sbando ma ancora capaci, attraverso operazioni trasformiste, di
pericolosi colpi di coda.
Ci sono gli schieramenti vecchi e nuovi di opposizione che continuano ad
esprimere una cultura politica che, per usare una immagine, sembra aver iscritto
nel proprio codice genetico il permanere eternamente all'opposizione stessa,
lanciando anatemi contro il mondo e, nel frattempo, coltivando vecchi e nuove
piccole burocrazie di professionisti della politica.
C'è infine, e si allarga sempre più (tra mille ovvie contraddizioni) un
arcipelago vastissimo di uomini che sembra aver deciso di rimettere tutto in
discussione poiché ha intuito, senza abiure o pentimenti, che il mondo è
cambiato, le vecchie culture politiche sono tutte al palo, i vecchi schemi non
«spiegano» più il mondo, la realtà sociale e politica, i rapporti tra gli
uomini. Le ragioni che fondano questo variegato arcipelago di sensibilità che
tendono alla «liberazione» delle nostre Città e della Nazione dal sistema
possono essere sintetizzate in alcuni punti:
1) il rifiuto dell'idea e della pratica del partito-stato e quindi del partito
come fine;
2) il ridare il primato alla Politica;
3) il superamento delle letture «ideologiche» della realtà, attraverso nuove
sintesi di sensibilità comuni unite dalla prospettiva futura e incuranti delle
divergenze sull'interpretazione del passato;
4) la riaffermazione della proporzione tra potere e consenso attraverso una vera
e propria rivoluzione istituzionale che rimescoli le carte e «costringa» al
nascere di aggregazioni unite sul presente e sul futuro da costruire e non
frammentate da interpretazioni integraliste, utili solo agli attuali partiti
nella loro primaria funzione di deputatifici.
Ma perché si possa partecipare a questo affascinante «rimescolamento di carte»
occorre tornare, fuori dalla retorica, alle nostre «radici», stando dentro,
senza timori di contaminazioni, i luoghi in cui il «nuovo» sta venendo alla
luce, gettando con generosità la nostra «storia» all'interno di un processo
quasi alchemico dal quale potrebbe nascere un nuovo metallo nobile. Occorre
quindi partecipare, partendo dalle Città, al processo di liberazione dal vecchio
sistema accanto a nuovi e a volte inquietanti compagni di strada, memori di
lezioni analoghe di grande pragmatismo (che non dovrebbe mancarci nell'album di
famiglia), consapevoli che solo attraverso questo nuovo pragmatismo, dove
nessuno deve pretendere di insegnare ad altri la Verità (e dove non devono
esistere settarismi catartici e integralisti di sorta) potremo far confluire
intuizioni, stimoli e sensibilità che ci appartengono da sempre e che meritano
un nuovo grande scenario.
Fabio
Granata
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