«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 1 - 31 Gennaio 1993

 

Rompere gli steccati per costruire l'alternativa


 

Credo necessario avviare sulle pagine di "Tabula Rasa" un franco e aperto dibattito sulla situazione politica nazionale e sulle «linee» operative individuali e condivisibili da parte della nostra area. Al di là delle motivazioni che tutti conosciamo e condividiamo è forse un'interpretazione, passatemi il termine, delle nostre «radici» che ci ha accomunato e, spero ci accomuni, piuttosto che una scelta di campo all'interno di un partito. Voglio dire che nei confronti del nostro prioritario referente storico, il fascismo, abbiamo sviluppato la medesima «sensibilità», rifiutandone una interpretazione «ideologica» ma riconoscendone invece l'enorme carica rivoluzionaria proprio nella sua capacità di essere «sintesi» degli elementi. Numerosissimi e contraddittori, che caratterizzarono i primi del Novecento. Superando le banalizzazioni e le dietrologie, cercando quindi di ragionare in maniera fredda, non si può negare che nell'analisi dello scenario politico italiano di questo scorcio d'epoca emergono in maniera abbastanza nitida tre tendenze estremamente conflittuali. C'è il vecchio assetto di potere politico ed economico che appare in crisi irreversibile, con i suoi referenti storici, DC in testa, allo sbando ma ancora capaci, attraverso operazioni trasformiste, di pericolosi colpi di coda.
Ci sono gli schieramenti vecchi e nuovi di opposizione che continuano ad esprimere una cultura politica che, per usare una immagine, sembra aver iscritto nel proprio codice genetico il permanere eternamente all'opposizione stessa, lanciando anatemi contro il mondo e, nel frattempo, coltivando vecchi e nuove piccole burocrazie di professionisti della politica.
C'è infine, e si allarga sempre più (tra mille ovvie contraddizioni) un arcipelago vastissimo di uomini che sembra aver deciso di rimettere tutto in discussione poiché ha intuito, senza abiure o pentimenti, che il mondo è cambiato, le vecchie culture politiche sono tutte al palo, i vecchi schemi non «spiegano» più il mondo, la realtà sociale e politica, i rapporti tra gli uomini. Le ragioni che fondano questo variegato arcipelago di sensibilità che tendono alla «liberazione» delle nostre Città e della Nazione dal sistema possono essere sintetizzate in alcuni punti:
1) il rifiuto dell'idea e della pratica del partito-stato e quindi del partito come fine;
2) il ridare il primato alla Politica;
3) il superamento delle letture «ideologiche» della realtà, attraverso nuove sintesi di sensibilità comuni unite dalla prospettiva futura e incuranti delle divergenze sull'interpretazione del passato;
4) la riaffermazione della proporzione tra potere e consenso attraverso una vera e propria rivoluzione istituzionale che rimescoli le carte e «costringa» al nascere di aggregazioni unite sul presente e sul futuro da costruire e non frammentate da interpretazioni integraliste, utili solo agli attuali partiti nella loro primaria funzione di deputatifici.
Ma perché si possa partecipare a questo affascinante «rimescolamento di carte» occorre tornare, fuori dalla retorica, alle nostre «radici», stando dentro, senza timori di contaminazioni, i luoghi in cui il «nuovo» sta venendo alla luce, gettando con generosità la nostra «storia» all'interno di un processo quasi alchemico dal quale potrebbe nascere un nuovo metallo nobile. Occorre quindi partecipare, partendo dalle Città, al processo di liberazione dal vecchio sistema accanto a nuovi e a volte inquietanti compagni di strada, memori di lezioni analoghe di grande pragmatismo (che non dovrebbe mancarci nell'album di famiglia), consapevoli che solo attraverso questo nuovo pragmatismo, dove nessuno deve pretendere di insegnare ad altri la Verità (e dove non devono esistere settarismi catartici e integralisti di sorta) potremo far confluire intuizioni, stimoli e sensibilità che ci appartengono da sempre e che meritano un nuovo grande scenario.
 

Fabio Granata

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