l'ultima
La luna
Alla stagione, il barrafranchese
caricava paglia; e com'era sera andò ad abbeverare il ciuco alla fontana. In
cielo c'era una luna valorosa, che luceva come giorno chiaro, e si specchiava
tutta in fondo all'acqua, che pareva un timballo d'argento.
— Ohi, ciuco, beviti l'acqua quanta ne vuoi, ma non ti bere la luna che m'ha da
far lume la notte, meglio della lumera, quando riempio i retoni di paglia.
L'asino zitto, continuando a bere; e intanto, come c'era mutazione d'aria, una
nuvola lesta si mise dinanzi alla luna e la nascose tutta, che sparve. Non
vedendola più in fondo all'acqua, il barrafranchese se lo prese il diavolo, e
afferrato il ciuco alla gola, gli faceva:
— T'avevo detto di non bere la luna, e tu l'hai bevuta, ciuco di non so che.
Vomita subito la luna, che t'ammazzo.
L'asino scrollava il capo per liberarsi; e lui, stringendolo più forte:
— T'ho detto vomita la luna, che t'ammazzo.
L'asino allora a sparare calci; e lui, presa che c'era una pietra, cominciò a
dargliele sulla testa come un dannato:
— Vomita la luna che mi bisogna, o t'ammazzo.
Tante gliene diede che l'ammazzò davvero; e mentre l'asino stirava le cuoia, la
nuvola si tolse lesta d'innanzi alla luna, e quella ritornò subito in fondo
all'acqua, bella lucente; e lui tutto soddisfatto:
— Ah, l'hai intesa ora la ragione? Ben ti sta, che sei morto come un ciuco che
sei. Di te, io n'ho quanti ne voglio alla fiera, ma la luna era una, e se non la
vomitavi, i'restavo al buio ora che n'ho di bisogno.
Ancora luna
Due mazzarinesi, 'mbriachi fino
alle nasche come scimmie, uscirono dalla taverna ch'era notte; e per ragionarla
meglio se ne andavano a braccetto a piacere dei piedi, un passo avanti e due
indietro, che parevano a mare.
A un punto, sul campanile della chiesa si levò la luna, tonda come una ruota e
tutta raggiante; e quelli, che gli pesava il vino, restarono allucinati a
mirarla. Uno della partita, ch'era il più cotto, gli parve il sole, e
mostrandola al compagno faceva:
— Guardate, compare mio, che ci è spuntato il sole tra'i piedi, e noi non c'è ne
siamo accorti.
E l'altro, per non dargliela vinta:
— 'Gnomo, che non è il sole, ma la luna, che i galli non cantano. E quello:
— E io dico che è il sole.
— E io, che è la luna.
È il sole, è la luna, nessuno se la voleva dar persa, e se non era che non
stavano dritti finiva a zuffa.
Finalmente, si trovava a passare di là il piazzese, che iva a Mazzarino, pei
fatti suoi; e quelli vedendolo si volsero a lui, che dicesse la sua:
— O voi, messere, è quello il sole, o la luna? E il piazzese:
— Abbo', io forestiero sono!
Francesco
Lanza
"Mimi siciliani"
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