«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 1 - 31 Gennaio 1993

 

Berto Ricci ai suoi collaboratori


 

II «pezzo» che riportiamo propone brani della lettera che Berlo Ricci scrisse ai suoi collaboratori il 3 aprile 1938 per annunciare la rinascita de "l'Universale". Oggi, da più parti -dopo un anno di «Tabula Rasa»-, viene richiesto un incontro per dare una «linea» a questo foglio. D'accordo. Beppe Niccolai ci fece conoscere Berto Ricci che poi divenne, per noi, costante punto di riferimento. Rileggiamolo insieme.

Un giornale nostro non può essere un semplice ritrovo di persone che conversano su temi più o meno interessanti. La prima distinzione da fare è quella tra gli uomini che formeranno il nucleo dell'impresa, e gli eventuali ospiti di passaggio. Tra i primi è indispensabile un accordo di intelligenze e volontà che, lasciando pienamente e utilmente libero il particolare esprimersi di ciascuno, il temperamento degl'individui, le individuali esperienze di vita e di cultura, assicuri però la coerenza e l'armonia dell'azione comune. [...] Mi sembra che noi possiamo intenderci facilmente su questo punto, perché uno dei meriti de "l'Universale" fu di non essere né una caserma, né un comizio. [...] Per concludere su questo punto, e per dire anche qualcosa di più, io credo che quel che conta in queste cose sia l'amore; che senza l'amore non sia pensabile né attuabile cosa che valga; che questo non significhi in nessun modo né uniformità forzata, né indulgenza scambievole, anzi severità e sincerità. Ma severità e sincerità di gente che si conosce, e che esclude dai rapporti reciproci ogni malignità e ogni malanimo. E in quanto a severità, state sicuri che sarò severo con tutti, e tutti potranno esserlo con me. Ma prima è necessario che ognuno di noi sappia essere severissimo con sé stesso. È una regola di vita e un metodo d'azione che noi c'imponiamo, e che va dalla purezza del nostro vivere pubblico, alla semplicità dello stile; dalla dedizione intera all'Italia, alla infrangibile unità fra noi. E dobbiamo riflettere che è molto facile consentire su questi propositi, ma che il realizzarli sarà non sempre facile.
[...] Disciplina vera e bella. Cioè: non rinunziare mai alle idee, ma saper rinunziare sempre all'affermazione esteriore delle persone. Il giornale non dev'essere strumento di affermazioni simili né per il direttore, né per altri. Chi non comprende questo, anche se è un genio, non potrà essere che d'impiccio tra noi. Il giornale affermerà quei valori che si riterranno costituire un apporto positivo alla civiltà italiana e umana; e non baderà ad amici né a nemici. In questo, anzi, le viti saranno anche più strette che in passato. Il senso delle proporzioni ispirerà inflessibilmente l'opera critica del giornale: la quale, del resto, sarà un'attività importante ma non fondamentale di esso.
[...] Coesione e tendenza: noi saremo tendenziali! Evitare le contraddizioni e le dispersioni. Coesione e coerenza. Qui occorre precisare di nuovo la distinzione-base tra uomini de "l'Universale" e semplici ospiti. Gli ospiti vengono di dove vogliono e vanno dove vogliono; quando non piacciono, non si invitano; quando sgarrano, non si invitano più. I redattori sono dei militi e, come tutti i militi, hanno una disciplina. Quelli che ci vogliono sono i caratteri. E sono gl'ingegni anche non eccezionali, ma positivi; i produttori d'idee anche non dantesche, ma autentiche. [...]
Non mi interessa che molti «condividano» certe opinioni; anzi nella diversità sui punti non fondamentali è la vita, è la vivacità del giornale. I ripetitori di cose sapute, e con loro i dottor sottili, non avranno posto tra noi. Le idee.
Non traccio un binario: non sarebbe degno né di voi ne di me. Se vi parlo, se vi considero miei compagni, è perché so che un corpo d'idee comuni c'è già. Mi propongo di riconoscere quella che, secondo me, dovrà essere la direzione della marcia. Molte valutazioni possono differire, senza che perciò occorra rinunziare a procedere insieme. Qualche volta devono differire. Di unanimità assolute e di combaciamenti geometrici ne abbiamo abbastanza. [...] Affogare nel ridicolo chi vede nella discussione il diavolo; chi non capisce la funzione dell'eresia; chi confonde unità e uniformità. [...] E ora, discutere e chiarire tra noi le idee. Beninteso, non solamente queste mie, ma quelle di tutti.

 

Berto Ricci

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