Berto Ricci ai suoi
collaboratori
II «pezzo» che riportiamo
propone brani della lettera che Berlo Ricci scrisse ai suoi collaboratori il 3
aprile 1938 per annunciare la rinascita de "l'Universale". Oggi, da più parti
-dopo un anno di «Tabula Rasa»-, viene richiesto un incontro per dare una
«linea» a questo foglio. D'accordo. Beppe Niccolai ci fece conoscere Berto Ricci
che poi divenne, per noi, costante punto di riferimento. Rileggiamolo insieme.
Un giornale nostro non può essere un semplice ritrovo di persone che conversano
su temi più o meno interessanti. La prima distinzione da fare è quella tra gli
uomini che formeranno il nucleo dell'impresa, e gli eventuali ospiti di
passaggio. Tra i primi è indispensabile un accordo di intelligenze e volontà
che, lasciando pienamente e utilmente libero il particolare esprimersi di
ciascuno, il temperamento degl'individui, le individuali esperienze di vita e di
cultura, assicuri però la coerenza e l'armonia dell'azione comune. [...] Mi
sembra che noi possiamo intenderci facilmente su questo punto, perché uno dei
meriti de "l'Universale" fu di non essere né una caserma, né un comizio. [...]
Per concludere su questo punto, e per dire anche qualcosa di più, io credo che
quel che conta in queste cose sia l'amore; che senza l'amore non sia pensabile
né attuabile cosa che valga; che questo non significhi in nessun modo né
uniformità forzata, né indulgenza scambievole, anzi severità e sincerità. Ma
severità e sincerità di gente che si conosce, e che esclude dai rapporti
reciproci ogni malignità e ogni malanimo. E in quanto a severità, state sicuri
che sarò severo con tutti, e tutti potranno esserlo con me. Ma prima è
necessario che ognuno di noi sappia essere severissimo con sé stesso. È una
regola di vita e un metodo d'azione che noi c'imponiamo, e che va dalla purezza
del nostro vivere pubblico, alla semplicità dello stile; dalla dedizione intera
all'Italia, alla infrangibile unità fra noi. E dobbiamo riflettere che è molto
facile consentire su questi propositi, ma che il realizzarli sarà non sempre
facile.
[...] Disciplina vera e bella. Cioè: non rinunziare mai alle idee, ma saper
rinunziare sempre all'affermazione esteriore delle persone. Il giornale non
dev'essere strumento di affermazioni simili né per il direttore, né per altri.
Chi non comprende questo, anche se è un genio, non potrà essere che d'impiccio
tra noi. Il giornale affermerà quei valori che si riterranno costituire un
apporto positivo alla civiltà italiana e umana; e non baderà ad amici né a
nemici. In questo, anzi, le viti saranno anche più strette che in passato. Il
senso delle proporzioni ispirerà inflessibilmente l'opera critica del giornale:
la quale, del resto, sarà un'attività importante ma non fondamentale di esso.
[...] Coesione e tendenza: noi saremo tendenziali! Evitare le contraddizioni e
le dispersioni. Coesione e coerenza. Qui occorre precisare di nuovo la
distinzione-base tra uomini de "l'Universale" e semplici ospiti. Gli ospiti
vengono di dove vogliono e vanno dove vogliono; quando non piacciono, non si
invitano; quando sgarrano, non si invitano più. I redattori sono dei militi e,
come tutti i militi, hanno una disciplina. Quelli che ci vogliono sono i
caratteri. E sono gl'ingegni anche non eccezionali, ma positivi; i produttori
d'idee anche non dantesche, ma autentiche. [...]
Non mi interessa che molti «condividano» certe opinioni; anzi nella diversità
sui punti non fondamentali è la vita, è la vivacità del giornale. I ripetitori
di cose sapute, e con loro i dottor sottili, non avranno posto tra noi. Le idee.
Non traccio un binario: non sarebbe degno né di voi ne di me. Se vi parlo, se vi
considero miei compagni, è perché so che un corpo d'idee comuni c'è già. Mi
propongo di riconoscere quella che, secondo me, dovrà essere la direzione della
marcia. Molte valutazioni possono differire, senza che perciò occorra rinunziare
a procedere insieme. Qualche volta devono differire. Di unanimità assolute e di
combaciamenti geometrici ne abbiamo abbastanza. [...] Affogare nel ridicolo chi
vede nella discussione il diavolo; chi non capisce la funzione dell'eresia; chi
confonde unità e uniformità. [...] E ora, discutere e chiarire tra noi le idee.
Beninteso, non solamente queste mie, ma quelle di tutti.
Berto
Ricci
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