Dalla parte dei trascurati
Nel cielo celeste la luna
falcata, faceva le corna ai pisani
e il firmamento apparve come un'immensa bandiera del Profeta:
— Dio dei cristiani, — disse Angiò mirandola — ma date in mattia?
Lorenzo Viani, "Angiò uomo d'acqua"
Sia permesso anche a me (alletterato alle Regie elementari), così come è stato
concesso a Tano, il cugino di Dragonera, occupare uno spazio sulla vostra
rivista. Mi è venuta voglia di speculare sull'articolo di Dragonera e Farfarello:
«Sinistra? Destra? Nuovo?» In questo freddo cane, rintanato nel cuccio come un
talpone, analizzo e decompongo. «Destra, civiltà del decoro borghese...
Sinistra, sanatorio plebeo...» O che dittaggi son mai questi? O che si è dato il
via agli esiliati nella torre di Babele? Voglio ritrovar il mi rinvengo e
allora, a buio (tanto son nottivago) vo' sulla battima, alzo gli occhi al cielo
e cerco la stella polare. Ecco, è là, al Nord. Da una parte il mare, potenza
arcana; dall'altra le orride cinte dei monti.
A destra i terrazzani, i terragni, lulloroni senz'ossa, senza arte né parte che
si ciban di cavallette e mettono in sequestro anche i pidocchi. Una combutta di
tarpani dilupati grandi e grossi i cui rappresentanti stanno acconigliati fra i
banchi di Montecitorio. Gentugliora da sette braccia al franco, col sangue
inacquerito, quello scialito che deriva dalla lobbia di lardo e untume; leta
nell'anima che non l'abboccherebbe neppure un cane affamato. Porci grugolanti
nell'aria salata dal tanfo dello stabbio. Pesciari che t'appottignano pesce che
puzza; macellari che t'appioppano osso a bizzeffe; vinai che ti rivogano vino
cancarone; zozzai che ti ammollano robba di sottobanco da scorciarti la vita di
mezzo secolo; caffeanti, che con un po' di fondiglio e acqua vita di Francia ti
puliscan di brave sacche; pannaroli che t'affibbiano panno impasticciato di
cenci, lana e stoppa, fazzoletti d'erba per dir seta. E in quell'abbaruffio, in
quel po' po' di ravoglio, spurgo di natura da pestarsi in un mortaio e da darsi
a beccare ai polli, una raccaglia di rubbapane t'impappina e t'abbonda la testa
di discorsi. O come si fa ad essere tramescolati con codesta raschia dagli occhi
di bove, che ad ogni soffio di libeccio scambia una mosca per leofante e un
pruno una siepe?
A sinistra, dal mare, col sinibbio, avanzano schiere di trascurati, i visi
scalpellati dai patimenti, mortificati dalle umiliazioni, flagellati dalle
amaritudini. Come un bestiame sconsolo. Se gli levi di dosso il basto ne vedi le
piaghe. Gente aggufita che porta dentro di sé tutto il bene e il male di questo
mondo: la Bibbia, l'anarchia, il nichilismo, la scienza, la filosofia, la
libertà, il colera, la febbre, la pazzia. È l'umanità che conosce il dolore,
l'ira del mare, il furore delle tempeste, che nel grembo delle vele di fortuna e
di speranza non potè imprigionare i venti onde tragittare sugli abissi.
Alle armi? Sì, alle armi, ma con le torme dei trascurati, degli sfiduciati,
degli infelici. Con la poveraglia. Con i marami che favellano di antiche
speranze e raccontano di accaduti che fanno aggricciare la pelle: — O fratelli
vorrei che qui ai miei dittaggi fossero presenti i pagani, i protestanti, gli
eresiarchi e gl'infedeli di Cristo, gli ebrei, per vederli cascare in
ginocchioni... cose che farebbero intenerire i coccodrilli, i serpenti, i cani,
i leopardi, le tigri e le pantere.
Son marami che dopo il naufragio del barco dell'est, aggranfiati a una stuzza —
il delfino medesimo sarebbe in periglio —, con gli ondoni che occultano il
cielo, si sentono risucchiati dall'imo e nell'ossa hanno il gelo della morte. Il
caligo ha ormai ingollato cielo e mare tra un abbaglio di saette. È gente
arcigna che vive nella Geenna. Aggelata dallo spavento, con la saliva virulenta
come l'acqua del mare che gli sciambrotta per la bocca, con la testa pesante e
fredda come il manigliotto dell'ancora, le gambe spiombanti come le pale dell'ancorotto,
e gli orecchi trivellati dai molinelli dell'acque a guisa di conchiglie che
risucchino il fondo del mare di cui sentono, così vicino, l'orrore.
Verso i marami — gli stirpati di questa società —, dimenticati da tutti, approda
il mio sentimento di fraternità e di ribellione. E prima che il gioco resti,
prima di agganghire, ne voglio fare di quelle che tre pelano un cane.
lo
stirpato
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