Mussolini, Matteotti, il
socialismo e il dramma italiano
Si può senz'altro affermare che il caso Matteotti dura oramai da quasi settanta
anni. Tutto cominciò un pomeriggio, il 10 maggio 1924 quando Amerigo Dumini ed
altri rapirono ed uccisero il leader socialista. Per anni ed anni si è andati
avanti perseguendo una sola verità: la tesi cioè che Matteotti fosse stato
ucciso su ordine di Mussolini per fargli pagare l'accusa avanzata contro il PNF
relativamente a brogli elettorali.
Questa tesi è stata vieppiù suffragata dal pregiudizio negativo con cui quasi
tutta la storiografia ha analizzato il fascismo. All'antifascismo ha sempre
fatto comodo -e quanto comodo lo vediamo proprio oggi!- l'uso acritico di
consolidati luoghi comuni che facilmente portavano acqua al proprio mulino. Ma
la vicenda Matteotti non è così semplice come la si è voluta contrabbandare.
Esiste un'altra verità. Indizi, documenti, testimonianze, dati di fatto
oggettivi conducono inequivocabilmente ad una sua totale revisione critica.
È fuor di dubbio come fosse proprio Mussolini l'ultima persona a trarre
vantaggio da un delitto così efferato. Anche se il successivo evolversi della
situazione politica farebbe pensare il contrario: l'Aventino e la conseguente
instaurazione della dittatura. Ma paradossalmente questi ultimi due eventi
(Aventino e dittatura) sono proprio il naturale sbocco perseguito e voluto da
chi quell'infame delitto aveva commissionato e portato a termine. Un delitto
maturato negli ambienti finanziari che gravitavano sul PNF. Ciò è quanto lo
stesso Mussolini ebbe, all'epoca della RSI, a confermare al giornalista Carlo
Silvestri, antifascista e perseguitato politico durante l'intero Ventennio.
Quale fu dunque il movente del delitto Matteotti?
È oramai da scartare la tesi a cui più sopra si accennava, con un diretto
coinvolgimento di Mussolini, e omologato da tutti i libri di storia e da tutti i
testi scolastici. Restano invece in piedi altre due tesi. Matteotti venne ucciso
perché si apprestava a rendere di pubblico dominio intrighi e traffici sporchi
di autorevoli personaggi del governo, coperti da potenti coalizioni finanziarie.
È la prima.
Matteotti venne ucciso perché era uno dei principali esponenti di quel partito,
il socialista, al quale Mussolini meditava di rivolgersi affinchè non impedisse
la formazione di un nuovo governo basato sulla più stretta collaborazione con la
Confederazione generale del lavoro. È la seconda.
A tale riguardo è interessante rileggere quanto affermava Mussolini, quale era
la sua volontà prima che gli venisse scaraventato tra i piedi il cadavere
dell'esponente socialista. «Ora il governo è nelle mie mani. Ma nelle mie mani,
senza l'appoggio delle masse organizzate, non potrà mai essere il governo da me
desiderato, cioè capace di perseguire gli obiettivi per i quali il proletariato
italiano dell'officina e dei campi avrebbe un giorno dovuto riconoscere che non
avevo tradito la sua causa. O ottengo l'appoggio del Partito socialista e delle
organizzazioni sindacali o divento sempre più prigioniero della Confederazione
dell'industria e della Confederazione dell'agricoltura... Il governo, o
lavoratori, o socialisti italiani, l'ho conquistato per voi. È vostro. Governerò
con gli uomini espressi dal vostro seno».
È dunque fuori da ogni dubbio, inoppugnabili testimonianze e circostanziati
documenti lo confermano, che nei giorni in cui fu ucciso Matteotti il capo del
Fascismo stesse elaborando il piano che doveva preparare l'avvento dei
socialisti nel suo governo. Mussolini voleva edificare uno stato autenticamente
socialista. Guardava, questo sì, ad un socialismo nazionale, sicuramente non
marxista. A tale riguardo ci aiutano le sue parole: «L'infatuazione bolscevica è
passata. Non dobbiamo ora permettere che il pericolo bolscevico serva di
pretesto per impedire il progresso sociale ed economico delle classi
lavoratrici»
Balza evidente la credibilità e la validità della seconda tesi. Anche se c'è da
rilevare che la prima, tutto sommato, non è da scartare poiché resta abbastanza
collegata alla seconda. È evidente, nell'una e nell'altra ipotési, il
coinvolgimento della massoneria, dell'alta finanza nazionale ed internazionale,
di forze conservatrici.
«L'assassinio di Giacomo Matteotti fu compiuto per gettare un cadavere tra
Mussolini ed i socialisti... Il dramma italiano che tutti soffriamo ed abbiamo
sofferto ha il suo punto di partenza in questo delitto». Sono le conclusioni a
cui arriva il già citato Carlo Silvestri. La soppressione di Matteotti fu dunque
orchestrata, voluta e decisa da esponenti di un losco ambiente di finanza
equivoca e di capitalismo corrotto e corruttore, cui larga parte del governo e
Mussolini erano del tutto estranei. Ecco perché la prima e la seconda tesi si
intersecano e si compendiano. Non a caso uno degli esecutori materiali
dell'assassinio era Amerigo Dumini iscritto, con registrazione del giorno 7
dicembre 1922, alla Serenissima Gran Loggia Nazionale Massoni d'Italia con sede
in Roma in piazza del Gesù 47, tessera n° 7584.
Appare sempre più chiaro quanto sia falso ed impossibile attribuire al delitto
Matteotti l'etichetta di «delitto fascista». Al contrario, quel delitto, fu uno
spartiacque. È uno degli anelli importanti che hanno contribuito ad edificare
quello che abbiamo definito il dramma italiano. È una casella di quel terrorismo
scientificamente pilotato che parte sicuramente da lì, da quel delitto, e arriva
ai giorni nostri passando attraverso il bandito Giuliano e Portella delle
Ginestre, Piazza Fontana, la Loggia Massonica P2.
Massoneria, mafia, camorra, servizi segreti sono sempre puntuali, in particolari
e decisivi momenti, con la storia di questo nostro Paese. È storia che si
ripete. Drammaticamente. Comprenderla e riscriverla è oggi atto doveroso e
improcrastinabile. Soprattutto se vogliamo voltare pagina e andare verso il
nuovo. Quel nuovo che proprio il delitto Matteotti, Portella delle Ginestre,
Piazza Fontana hanno sempre tenuto lontano. Occorre andare con animo aperto
verso le nuove esigenze spirituali, morali e sociali della vita italiana. Liberi
da condizionamenti e falsi luoghi comuni. Chi ha pescato e pesca nel torbido
deve essere smascherato e allontanato.
La lezione che ci viene dalla vicenda Mussolini - Matteotti assume un enorme
significato. Come la rilettura dei quasi settanta anni che abbiamo dietro le
spalle. Lasciarla cadere sarebbe delitto grave, imperdonabile. Ancora più grave
se pensiamo al momento storico in cui viviamo, laddove si calpesta ovunque ogni
senso di solidarietà per i più poveri e i più deboli. Laddove vincono l'usura e
l'egoismo. Laddove i fatti sembrano dare ragione ad un capitalismo bieco ed
immorale. Laddove continuano a manovrare affaristi e disonesti. I medesimi che
settanta anni orsono non vollero che fascismo puro e socialismo autentico si
incontrassero. I medesimi che, ieri come oggi, hanno impedito ed impediscono il
nascere del nuovo.
Gianni
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