Settembre
Lilliput dement'io derido. O perché fin troppo avuto. Con un inizio volutamente
nullo, si nobilita il proseguio, nel dire e nel non dire come un'impressione
felicemente ispirata dal cuore.
Infatti siamo a Settembre, il mese dei colori. Qualcuno chiede scusa dei ritardi
estivi: le ferie, le ferie. Altri si scusano della tristezza autunnale: con
l'ingenuità del patema delicato di veloci fibrulle. Ma non vi dico e non vi
conto che l'estate è finita e il sole dunque affretta il suo tramonto.
— Cosa potranno mai raccontare ai figli questi uomini benedetti se non riescono
a dare un esempio di rettitudine, o dico io, un esempio di successo.
— Mio caro amico, ho finito di parlare da molti anni. Mi riesce solo di
salutare, infatti la saluto.
E andò via.
Niente di meglio a questo punto, avendo evitato inutili discussioni. Il primo
interlocutore aveva infatti un tono didascalico, qualcuno aggiunge puntiglioso,
ma niente di meglio dunque perché troppo pesante sarebbe potuta diventare la
delicata conversazione. Settembre volava quieto nonostante, quando il secondo
interlocutore andò via. E Settembre portava con sé le promesse del futuro, come
quando le agende fresche di stampa risvegliano in ognuno la voluttà del lavoro e
quindi impegni: oggi quindici del mese tanto faccio ammenda del lavoro da fare e
chiamo tìzio succube di sempronio affinchè decida il da farsi e venga appieno
alle mie decisioni irrevocabili e impegnative per tutti, sebbene abbiasi impiego
statale e perciò non aperto ad entusiasmi et initiatìve private. Ottimo
Settembre dalle date chiare, scritte con nero inchiostro, memoria della buona
condotta.
— Signora, ha mai notato che l'organo sessuale maschile in stato di riposo ha
sempre un non so che di disapprovazione?
— È una citazione da Longanesi, suppongo.
— No, Ennio Flaiano.
— Tutti come lui dovremmo fare, i critici teatrali e critici di noi stessi; con
la moglie dovevano navigare male (a quanto pare).
Pare e non pare, cantilena di affermazione e negazione, come dire se piove o non
piove, se c'è il sole o la luna. Pare, pare. Senza poesia del delirio, senza
parole e sangue, cum grano salis, in tutto il mistero del tutto.
Ancora addio ai piccoli monti e alle colline, col bianco delle nevi delle alpi,
col verde degli occhi belli, col rosso dei tramonti siciliani, con tutto ciò
diciamo addio, se tanto pare che nulla accada.
Addio, addio.
— Ma noi faccemmo la bandiera. Bianco, rosso e verde.
— E noi, baciamo la bandiera.
Gattopardi di stantio Libecchio, bruciati da ulcerose acidità, non vi dico e non
vi conto, che tutto finisce fra le braccia di una tale.
— Ba, ba, baciami piccina sulla bo, bo, bocca piccolina.
— I miei occhi si sono innamorati dei tuoi.
Ma gli occhi non hanno memoria, come Settembre avrebbe potuto far capire:
nessuna memoria, nessun colore, per nulla incline alla tiepida immagine.
— I miei occhi si sono innamorati dei tuoi.
— Non parlo, non voglio parlare, ti ascolto e basta.
Come Settembre ha fatto capire, solo gli occhi fanno la memoria, il colore. La
notte nessun dorme. La notte di Settembre respira come un enorme animale
inquietante, e le parole arrivano come i grani di un rosario: parole colorate di
rossetto.
Una bomba bombarderà impietosa le fondamenta di questo palazzo venuto su molto
male, molto brutto, molto inutile.
— Signorina avrebbe per caso del tritolo?
Una nave trascina la schiuma nell'azzurro perfetto del mare.
Pietrangelo Buttafuoco
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