Il «nuovo» sa già di
stantio
«Fatevi beffa di quelli che
predicano la libertà,
non dico tutti ma ne eccettuo ben pochi;
perché in quasi tutti prepondera il rispetto dello interesse suo,
e sono pochissimi quelli che conoscono
quanto vaglia la gloria e l'onore»
Francesco Guicciardini
Forse, di veramente «nuovo», c'è soltanto l'azione di una parte della
magistratura che ha riscoperto il «vecchio»: il suo dovere istituzionale. Per il
resto, soltanto i media insistono nel lodare, in contemplazione estatica, i
«nuovi» personaggi sottoposti a ritocco estetistico. E offrono alla società ciò
che la società stessa oggi rappresenta e pretende: ipocrisia e vanità. L'uomo si
consuma in una esistenza precaria, nel bisogno di essere stimolato di continuo
con la novità; gli viene vietato ogni tentennamento o ripensamento che possa
dargli capacità o possibilità di soffermarsi non solo sul presente e sul
quotidiano, ma sulle sue volontà finali. Vive di sensazioni non sue, che gli
precludono il pensiero. Guai se si azzarda ad esprimere la benché minima
resistenza: un effluvio di parole ed immagini lo sommerge facendogli credere di
essere una innaturale appendice dei circoli, salotti e logge che imperano.
Obbligato a consumarsi nella «pace» edonistica somministrata da intellettuali
senza radici, inseriti nel potere, cui tendono, anche, coloro che, pur di
difendere alcuni privilegi camuffati come «princìpi», cedono proprio sui
princìpi. Il compromesso. Un termine che si è voluto addirittura ammantare di
nobiltà — dando magari una spolveratina al "!Principe" di Machiavelli.
Le prospettive sul futuro sono grame. Il nostro non è pessimismo, ma semplice e
palpabile constatazione. Si dice sia doveroso concedere spazio ai giovani per
rinnovare la società. Ma può davvero un mondo politico già vecchio nel momento
in cui acquisiva le vantaggiose posizioni, rinunciarvi autonomamente? Ma davvero
i giovani debbono piatire favori? Se veramente volessero, conquisterebbero i
loro spazi anche a spintoni, con prepotenza e, perché no, anche con ferocia. Per
dimostrare tutto il loro disprezzo verso i politici -senza distinzioni- che li
hanno incamminati su strade dove incombono, tetre e buie, le lunghe ombre della
valle del nulla. I giovani debbono dimostrare di essere sé stessi; non
necessitano di «guide spirituali» con il parrucchino bianco; né di fonti
battesimali che, l'«acquasanta» aspersa sulle loro teste, è stata fin troppa. È
finito il tempo dei rampanti, dell'adulazione, dell'arrivismo che hanno visto i
mediocri trasformarsi in geni; quando bastava l'assidua frequentazione di certi
gruppi, dove carattere e sapere non erano richiesti, per entrare nel gioco. Oggi
si aprono i sentieri dell'intelligenza non contaminata, costretta a fare i conti
con gli imperativi della dura realtà: laddove si svolge la vita degli uomini,
dove nulla vi è di «nuovo» se non lo svolgersi incessante degli accadimenti.
Fallita la fabbrica delle illusioni, va ora smaltita l'ubriacatura delle
astrazioni, delle parole, delle ideologie, delle formule, degli slogans.
L'intelligenza e l'essere debbono riprendere il loro passo in comune. Altrimenti
saremo costretti ad implorare un salutare salasso, un bagno di sangue. La
società è talmente malata che forse questo può esser l'unico rimedio.
Dio non voglia...
a. c.
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