«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 3 - 15 Maggio 1993

 

Vendita galline Km 2

 


«Uomini innocenti dagli istinti un po' bestiali
cercano l'amore dentro ai parchi e lungo i viali»
(Franco Battiato, "Exodus")

«Ma lei Calimeri, dove ha preso il suo bel cognome?
Dal Calimero pulcino nero della Miralanza?»
(Aldo Busi, "Vendita galline Km2")


Non ho ancora finito di leggere il libro di Aldo Busi. Epperò vi debbo dire subito una cosa: sono sicuro che è un capolavoro. "Vendita galline Km2", edizioni Mondadori, lire trentamila. Fresco fresco di stampa. Un capolavoro. D'altronde il giudizio è confortato da ciò che l'autore dice senza stupidi pudori, dice per esempio di sé tutto il meglio, così come naturalmente gliene cala in virtù e sicumera sulla sua ultima fatica. Afferma sicuro (di sé, di essere): «il più grande scrittore vivente». E personalmente non vedo perché non dovrei crederlo. Magari non è necessario alle patrie lettere il suo "Manuale del perfetto gentilomo", ma in altre prove ("Seminario sulla gioventù", "Vita standard", "La Delfina", "Sodomie", etc) è stato sicuramente bravo, bravissimo. Un vero maestro della letteratura. Lo credo, quindi credetemi: scrive che è una meraviglia leggerlo. Vogliamo dirlo? Diciamolo: è il nuovo «divino». Il nuovo d'Annunzio. Con un corredo di cipria sul pizzetto, se come il Vate egli avesse il pizzetto, magari con un candido velo da sposa, spesso -per come appare- con una parrucca da libertino del Settecento. E relativo neo.
Appartiene di diritto alla genìa dei «fuoristrada», rispetto alla pattumiera della cultura democratica, anche rispetto alla pur nobile lezione pasoliniana, soprattutto rispetto alla lobby torinese-omosessuale, questi noiosi letterati isterici.
"Vendita galline" è la storia di una frocetta, ovvero di una lesbica ricca, ricca, ricca, molto in vista, in vista, in vista, immersa nella tombale memoria della pillitteriana «Milano da bere»: la tangentolandia dell'altrieri. Nella elencazione del «Dramatis Personae» spicca un accenno al «coro delle donne che hanno distrutto Milano». Nell'avvertenza, l'autore, nel trionfo della mirabile unghiata «chiede venia a tutti i personaggi in vista del bel mondo tirati in ballo», ma, «chiede doppia venia agli esclusi dalle possibili illazioni e diffamazioni perché non abbastanza in vista per essere presi in considerazione dall'eroina medesima. Infatti ci sono tutti & tutte. Le velate, le pazze, le maschiette, le cagnette, i pesci, le pescioline, «il nostro sempreverde ministro degli esteri Tortorella», «l'Adelphy Liber», «Lina Sotisse», il giudice Di Pietro, l'alta moda del marchio «Gegia Amani», la mitica collana al collo più cigneo e/o più giraffeo d'Italia. Con un virtuosismo retorico Mussolini e Tina Turner arrivano contro Romina e Albano. C'è l'onorevole «Spedini, pacioso, pacioccone», già presidente del Consiglio dei Ministri: «una vera sposotta toscana ghiotta di salama, finocchiona, lasagne alla mi' maniera, fagioli all'uccelletto e niente più quanto a genere femminile, mentre di veramente omosessuale ha coltivato solo cimeli Garibaldini».
Ci sono infine i vermi della putrefazione: poiché è morta parlante, anzi narrante.
Lei è Delfina Unno Pastalunghi, ricca rampolla della famiglia Pastalunghi produttrice degli inscatolati «mangio moderno», già turista al carcere di San Vittore, innamorata di Caterina. «Dissipata e amorale com'è, coltiva la perfida illusione di essere amata oltre la morte, come un'ordinaria signorina Rossi; e nello stesso attimo fa strage di reputazioni lasciando cadere con oculata sbadataggine un gotha da vertigine». C'è un paragrafetto -che è la sostanza di questo bellissimo libro- di pura letteratura. Busi in sol graffio cancella anni e anni di sociologia e di marxismo paesano: «quando saltò fuori lo scandalo del bromuro e degli ormoni da conservazione con tutti quei bravi montatori alla catena abituali mangiatori del Mangio Moderno che nell'arco di due anni avevano messo su tettine da sciantosa di tabarin, il Mangio Moderno scomparve dalle drogherie, di lì a due mesi, riapparve nei primi spacci alimentari di paese (quelli che poi dopo quindici anni diedero il via ai grandi centri commerciali) con grande felicità delle consumatrici e delle femministe in genere, che avevano sempre meno tempo per stare ai fornelli. La tecnologia agraria e alimentare aveva attirato a sé la cosmesi e anche gli uomini stavano cominciando ad usare più creme, più spray, più depilatori e miracolo, le vecchie tettine diventarono i nuovi pettorali per lei e per lui».
Ma c'è l'amore, l'amore eterno, l'amore di tangentopoli. Quell'attesa snervante all'uscita delle discoteche, al fondo della notte, per raccattare una sbarbina acida, fatta e strafatta di acido, ectasy, cocaina e dunque desiderosa di assegni compilati dalla mano quarantenne trafitta da anelli, cartier e ceretta depilatoria: «altrimenti sarebbe rimasta per sempre lì, in piedi, dentro un'ideale conchiglia di veritieri pudori, occupata a ripassarsi a mente un'improvvisa amnesia sul perché e sul percome».
Vendita galline è il breviario del nostro paradigmatico addio: l'addio a Milano, l'addio agli spinelli di Malindi, l'addio ai ristoranti, l'addio al «PIS», l'addio ai party, l'addio al salmone in gelatina e al Veuve Berlucchi.
Fozza Itaia, Busi ti vendica!

 

Dragonera

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