«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 3 - 15 Maggio 1993

 

Si ricomincia...

 

 

Una cosa appare subito chiara: nulla sarà più come prima. E non soltanto per le dimensioni straripanti, quasi plebiscitarie, del successo del SÌ (tali da far impallidire dalla vergogna gli squinternati rappresentanti dell'armata brancaleone del NO, patetico miscuglio di arroccamento conservatore e meschino calcolo di bottega) ma anche per il significato profondo di un abbandono generale e liberatorio delle vecchie gabbie-partito da parte di una società civile che ha finalmente deciso di voltare pagina.
Per la prima volta, nel dopoguerra, la politica ricomincia ad essere il «campo del possibile»; il Partito-Stato è in via di disfacimento; il sogno coltivato da diverse generazioni di «non morire democristiani», diventa realtà.
Va in frantumi la Democrazia cristiana, investita inesorabilmente dalle stesse trame sanguinose che per 49 anni ha tessuto, massacrando le coscienze, saccheggiando il territorio, eliminando chi in qualsiasi campo infastidiva il potere del Partito del denaro. Finiti sono i suoi alleati storici, definitivamente screditati e incapaci di rigenerarsi in forme adeguate ai tempi. Finite le riserve indiane dell'opposizione...
Ma, cosa che più conta, sono al palo tutte le culture politiche, incapaci di dare risposte e progetti allo scenario che si apre in questo scorcio epocale nel quale è finalmente possibile riempire di nuovo significato valori come indipendenza e sovranità nazionale, giustizia sociale ed equilibrio ambientale, e nel quale vi è la concreta possibilità di un radicale mutamento di uomini e classi dirigenti, forme organizzative e comunicative. Attraverso un nuovo tipo di approccio alla politica è possibile oggi partecipare col nostro bagaglio di suggestioni e analisi, esperienze e delusioni alla costruzione di questa nuova fase politica a patto di bandire definitivamente ogni «nostalgia» per forme ideologiche prive di senso e di futuro.
È importante, quindi, stare dentro la costruzione del NUOVO a partire dalle Città, guardando con attenzione l'evolversi della situazione nazionale e riconoscendo come nostri naturali «compagni di viaggio» i viandanti che, proveniendo da altre direzioni, sono disposti a rimettersi in gioco e in discussione per edificare la Casa comune delle nuove Speranze.
Alcune delle cose dette e scritte in questi giorni da Ferdinando Adornato, giornalista de "la Repubblica" e teorico di questa nuova grande alleanza, fanno risuonare con chiarezza alla mente analisi e suggestioni di quanti, in questi anni, cercarono di tirare fuori dalle secche della «destra» un formidabile patrimonio ideale per «donarlo» all'intera Comunità nazionale. Senza illusioni «comunitarie» e con entusiasmo «freddo» alcuni di noi proseguono il cammino, incuranti degli schiamazzi ridicoli di chi teme per la propria (dorata) esistenza politica, e consapevoli che adesso la «Comunità di difesa delle identità minacciate» ha confini molto più larghi, non più minoritari né condannati alla semplice testimonianza, ma può far «andare oltre» non un grigio partito di burocrati ma una Nazione nuovamente piena di volontà di Riscatto, di Speranza, di Giustizia.

 

Fabio Granata

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