«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 4 - 30 Giugno 1993

 

l'ultima

L'arazza ariana


 

Fa notizia, se un padrone morde il proprio cane? Fa notizia. Fa notizia, se i fascisti difendono i negri! No. Non dovrebbe essere una grande notizia. Potrebbe essere anche normale, doveroso, cavalieresco. Nessuno è tenuto a saperlo. Ma, si sa, lo sanno quasi tutti: l'arazza ariana, l'integrità nazionale, la purezza culturale. Lo dicono proprio tutti. Quindi sembra una notizia, qualcosa che appartiene alla sfera dei paradossi. Fa notizia, se i fascisti difendono i negri! Qualcuno dice di sì, molti pensano sia impossibile.
Eppure. C'è una riunione di segreteria nella federazione missina di Catania. I balconi sono aperti per il troppo caldo. Arriva da basso un chiasso insolito. I vigili urbani stanno cacciando via, e in malo modo, tre ragazzi africani. La loro mercanzia viene spazzata in un angolo del marciapiede. C'è modo e modo. Figurarsi cosa succede quando si fanno i controlli nei bar gestiti dalla malavita. Figurarsi, c'è modo e modo. I tre africani accennano una pallida giustificazione: il loro bazaar è improvvisato. Ma pare proprio che qualche pedata in perfetto stile sceriffesco si posi sugli orologi, sugli occhiali, sulle spille. Natalina Costa, una giovane dirigente etnea, da sola, senza chiamare nessuno, esce dalla sala riunioni e corre in difesa dei tre ragazzi. Urla, come può urlare una donna determinata, contro i vigili. Arriva la polizia, tutto sembra inutile, Natalina Costa resta sempre più sola, la bella gente che passeggia rimastica: non se ne può più di tutti questi negri. Infatti quella splendida città mediterranea affonda nel suo mare di guai per i troppi africani che ci vanno per vendere collanine e fez. Lo dicono in tanti: non se ne può più. Ma giustizia è fatta. La bella gente viene saziata, i tre ragazzi spariranno in qualche stanza della questura.
Oppure. Sembra una notte di Vespri in forma di incubo. È la festa del Corpus Domini, in un grosso centro di Sicilia che la misericordia degli onesti ci impone di non nominare. C'è la processione, c'è una bionda dea che s'innalza con il labaro delle confraternite. Potrebbe essere lei la causa. Ma non lo è. C'è la fiera lungo il corso. Ci sono i negri, tanti negri che vendono i loro piccoli oggetti del corredo sottoproletario. C'è una ragazza. Una strascinata senza luce. Una minigonna inguinale. Qualcuno dice: il negro guarda. In due secondi succede tutto. Tre baldi giovanotti eseguono il rituale della giustizia. Piegano la maglietta del ragazzo attorno al volto. Non vede, non si può muovere. Una pioggia di pugni, una raffica precisa e continua di pedate si abbatte sui fianchi. Uno solo, u fascista, si tuffa nella mischia in difesa do niuru, l'ultimo suo pugno l'aveva lasciato in faccia ad un democristiano quasi dieci anni fa, ma arriva dopo un attimo un amico. Si pareggia, tre contro tre. Una signora piange. Una folla si schiera addosso per ridere, per guardare. Questa stessa folla -lo diciamo per cronaca- nei giorni feriali si impegna nelle marce pacifiste e antirazziste. Spinello in pugno, negro al fianco. Un bel tomo, consigliere de La Rete, se ne sta immobile e guardingo, al massimo della sua solidarietà. La folla confabula. Per dire: non se ne può più di 'sti negri. Non ci sono i vigili, non c'è la polizia. Diceva Almirante: dovete essere i carabinieri nei vostri paesi, nelle vostre città. Giusto, Segretario, nei secoli fedeli, noi ci arrangiamo.
Ma intanto, cosa succede? Quella sensazione di schifo che divora le viscere. L'arroganza contro i deboli, la vigliaccheria di tanti contro uno, l'intransigenza degli straccioni, il razzismo. Come quando gli italiani si spaccavano la schiena sulle panche delle baracche svizzere. Per tanto quanto pane e muffa mangiò Mussolini immigrato in terra altrui. Perché ognuno di noi ha i suoi rami in ogni angolo della terra: in Germania, in Belgio, in Libia, in Australia, nelle Americhe. Nei santuari del lavoro.
Ma intanto cosa succede? I disoccupati del grande mare proletario non si degnano di lavorare nei campi. Questo è un esempio, però non vogliono i negri fra i piedi. Qualcuno soffia sul fuoco. Per distogliere gli occhi dalle cose più dure. Come i servizi segreti in Germania, o come qualche mentecatto in Italia. I naziskin tedeschi bruciano i turchi e ancora nessuno gli spiega che sono ariani col bollo, che Istanbul è una perla della luce d'oriente, che quella bandiera con la mezzaluna e la stella posata sulle bare avrebbe disperato di cieco dolore pure Goebbels. L'imperatore degli ariani si trovava ad un passo della cartina, in Persia. Che glielo facciano sapere, eviteranno di agitarsi.
Ma intanto. Quella sensazione di schifo che divora le viscere. Quando si dice, rispettabile pubblico, i fascisti vi deludono: non riescono a recitare la parte dei razzisti. La vita è sacra, porta tutti i colori. Come la santità di Agostino: filosofo africano, filosofo latino, filosofo degli europei.
Fa notizia dunque, quando i fascisti difendono i negri, fa notizia? No, dimenticate la notizia. La retorica è fuori luogo.

 

Pietrangelo Buttafuoco

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