«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 4 - 30 Giugno 1993

 

Una festa a lungo attesa

 


Giusto in tempo, prima di chiudere questo numero del giornale, sono arrivati i risultati della tornata elettorale che ha coinvolto più di dieci milioni di cittadini Italiani. Un risultato tutt'altro che inatteso, ma non per questo meno straordinario. La DC non è più partito di maggioranza relativa e, nei centri più importanti i suoi candidati non arrivano in genere neanche al ballottaggio. Un risultato che, se proiettato sulle prossime elezioni politiche, assume aspetti ancora più significativi. Anche senza considerare l'inevitabile accelerazione di un percorso ormai giunto alla sua fine, il partito che per quasi cinquanta anni ha monopolizzato la politica italiana è condannato all'opposizione. E per un partito fatto, costituito per il potere, e su quel potere conformato, questo significa un destino di estinzione. Ma non basta, gli altri quattro partiti che insieme alla DC hanno governato sono già, praticamente, scomparsi. Resta soltanto quella forza che, in un certo senso, ha governato l'opposizione, il PDS. Che insiste, nell'euforia di una tenuta forse non sperata, a proclamarsi l'unico dei partiti storici sopravvissuto alla catastrofe. Ma quello di «sopravvissuto» non è mai stato un ruolo fortunato. Così se, come molti avevano previsto, la fine del comunismo che aveva fatto cantar vittoria ai moderati, ha in realtà costituito il venir meno del puntello su cui la DC poggiava il motivo della sua esistenza, la vittoria del PDS (già pagata con la impossibilità di presentare propri uomini come sindaci nelle maggiori città) costituirà soltanto un elemento di trapasso. A meno che questa forza non sia in grado di fare un passo ulteriore nella strada troppo prudentemente percorsa in questi quattro anni.
Il primo traguardo comunque è raggiunto e non si scosta di molto da quanto aveva previsto chi, in tempi non sospetti, si distaccò da coloro che si attardavano in analisi ormai ampiamente scavalcate dai fatti. Le «rivoluzioni» del '900 sono alle nostre spalle, mentre quelle future sono già iniziate e ognuno di noi ne sarà partecipe o vittima.
Patetico ci appare il tardivo tentativo di chi balbetta «Alleanze Nazionali», convinto di poter recuperare l'egemonia di uno spazio politico -prima ancora che elettorale- che evolve verso altre direzioni. Se la sinistra, così come si è definita nel corso dei decenni passati, è categoria tanto logora da vincere senza saper dare di sé una rappresentazione riconoscibile, i territori della destra che questo secolo ha battuto sono ormai privi di senso e connotati. Altri sono i fronti che si vanno aprendo, altri i discrimini, altre le possibilità. Soprattutto ora è possibile quell'azione reale, in presa diretta, quella capacità di fare politica contribuendo a determinare gli eventi che a tutti e per troppi anni era stata negata. Nessuna rendita di posizione è più consentita.
Non c'è ancora chi può dire se la qualità degli uomini che verranno sarà migliore rispetto a chi li ha preceduti. È però certo che almeno nella durata di questa situazione straordinaria, regole e controlli straordinari imporranno comportamenti diversi. Quando un po' di pulizia sarà fatta, non solo sul piano della morale ma anche nell'immondezzaio di scorie delle vecchie idee, si ridefiniranno i confini delle categorie che hanno segnato la nostra storia. Rivedremo allora, alla luce del nostro tempo e della sua cultura, significato prospettico e dimensioni anche di concetti come nazione, stato, governo e indagheremo i nuovi spazi della politica e delle regole della civile convivenza tra cittadini e tra popoli. Intanto, una volta tanto, possiamo goderci una festa che aspettavamo da sempre.
 

U. C.

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