«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 4 - 30 Giugno 1993

 

Un bum e un lamento

 


Noto è il verso con cui il Pound dei "Cantos" disegna il crollo del l'Europa nel '45, «un bum, non un lamento». Diversamente questa prima repubblica italiana ci sta lasciando con un lungo, vergognoso lamento, ma anche con un bum. Il rumore metaforico delle sue istituzioni che schiantano e quello tragico delle bombe che puntuali ed annunciate ricompaiono sulle nostre strade.
Chi era abituato a temere o a sperare che «non sarebbe cambiato niente» può forse avere difficoltà a valutare i progressi, i punti di non ritorno, i traguardi positivi che si stanno ogni giorno conquistando. Il nuovo tanto cercato sta nascendo: brutto? bello? Parziale certo, non ancora definito, ma è il nuovo possibile. Un nuovo legato anche alle possibilità nuove che la nostra società offre, ancora incerte ma proiettate verso forme di partecipazione e di percezione della politica che forse richiederanno un'opera di rivisitazione straordinaria dei trattati classici di scienza della politica.
L'articolo che sto scrivendo avrebbe dovuto avere un titolo diverso, secondo le mie originali intenzioni. Se non fossero esplose nel frattempo le bombe di Roma e di Firenze, il suo titolo sarebbe suonato più o meno: «Verso la società telepatica». L'argomento che avrei voluto sviluppare, cosa che in parte farò, era infatti quello relativo proprio alle modificazioni che si stanno verificando nei modi di espressione della politica. Almeno due casi di questi ultimi giorni ci dimostrano come la voglia di partecipazione dei cittadini alla politica sia fortemente cresciuta ed abbia imparato ad esprimersi in forme completamente nuove. Nel caso del «decreto Conso» ed in occasione del voto sull'autorizzazione a procedere per Bettino Craxi, infatti, per la prima volta abbiamo assistito ad una reazione popolare che ha sviluppato tutti i suoi inattesi risultati attraverso l'utilizzazione degli strumenti e della «cultura» telematica, divenuti ormai terreno di espressione politica più di quanto si fosse compreso. Nonostante il fatto che al termine telematica si attribuiscano significati arcani e comunque tutti di là da venire, l'universo telematico è costituito da strumenti molto semplici e molto utilizzati. Si tratta, in buona sostanza, del telefono e delle sue periferiche, fax, videotel, modem. Uno strumento tra i più familiari che sta contribuendo oggi, in maniera eclatante, a modificare la nostra vita. La rete telefonica è quella cosa che mette ciascuno in condizione di comunicare in tempo reale con ognuno degli altri punti della rete, in maniera orizzontale, senza nessun centro ordinatore. Non è azzardato pensare che la crisi delle strutture dei partiti, pesanti macchine di trasmissione e socializzazione delle idee e di convogliamento del consenso, sia sostanzialmente maturata, sotto la spinta della televisione da un lato e dei sistemi telematici dall'altro. Nessuno si era accorto, tranne qualche serio analista, di quello che stava per succedere, ora lo strumento è in forma, ognuno (tutti) hanno imparato a farlo entrare nella propria, quotidiana, prassi della comunicazione. Così la rete telematica è divenuto il più importante sensore della politica, pronta a vibrare sotto ogni significativa sollecitazione in una sorta di telepatia sociale, in grado di sviluppare pienamente i propri effetti al di fuori delle istituzioni codificate, senza possibilità di essere convogliata o elusa da ciò che resta della società politica formale. Anche i nostalgici di forme più fisiche e dirette di espressione dovranno imparare che perfino una parte del mondo delle emozioni e delle suggestioni che ogni politica comporta si va trasferendo in questo nuovo universo.
Torniamo dunque ai nostri esempi. Ancor prima delle manifestazioni di piazza, nel caso Craxi, e senza neanche bisogno di queste, nella vicenda Conso, le telefonate, i fax, i telegrammi, giunti a migliaia presso tutte le centrali della comunicazione oltre che alle stesse Istituzioni, hanno determinato il consumarsi in poche ore di una intera, clamorosa, vicenda politica. Riportando la politica ai tempi reali di una democrazia diretta, laddove, in altri momenti, sarebbero occorsi giorni, forse mesi, nonché movimenti fisici di masse organizzate. È perfino scontato osservare che c'è chi paventa in queste trasformazioni una sorta di smorzamento delle passioni, una riduzione dell'importanza del fattore umano in una realtà fatta soltanto di impulsi elettrici, insomma, come qualcuno dice, il completamento di un processo di americanizzazione della cultura e della politica. Niente di più fuorviante. Non si può confondere lo spostarsi delle pulsioni in tecniche espressive nuove e l'assunzione di comportamenti diversi, con quello specifico culturale della superficialità, della banalizzazione, della barbarie mercantilistica sviluppatasi negli USA su ben altri piani e per altri motivi. Siamo anzi di fronte alla nascita di fenomeni assolutamente originali i cui sbocchi sono tutti da verificare ma che non escludono la possibilità di far evolvere in forme nuove tutta la ricchezza del nostro patrimonio culturale e della nostra storia.
Per restare agli effetti politici, poi, è forse su questo terreno che si ridisegneranno le soluzioni ordinatrici del nuovo diritto, delle nuove istituzioni. Se dunque fosse vero, come io credo, che queste modificazioni hanno contribuito ad una salutare crisi, è anche possibile che in esse sia individuabile una delle possibili vie d'uscita. Una rivoluzione coniugata secondo le coordinate del nostro tempo. Come ogni rivoluzione non sarà né facile né del tutto indolore, ma si presenta già da oggi ricca di risorse.
Ad essa si mischierà il lamento di ogni conservatorismo e forse, ancora, il rumore di chi si oppone con ferocia alla perdita dei propri orizzonti, delle proprie regole, del proprio potere.
 

Umberto Croppi

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