«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 4 - 30 Giugno 1993

 

Il fattore Sud

 


Le prospettive sul futuro sono grame, scrive il direttore nell'ultimo numero di "Tabularasa". Ed il suo pessimismo lo spinge ad implorare, ritenendolo ineluttabile, un bagno di sangue: tanto è malata la società. Infine, riaffiora la speranza: Dio non voglia. Un uomo che, nel bene e nel male, ha segnato assai profondamente la mia vita, nei momenti di sconforto usava ripetere: ognuno di noi sceglie da che parte stare nella battaglia, non il tempo in cui essa viene combattuta. Aveva ragione. Questo è il tempo, caro direttore. Ci piaccia o no, questa la società, questi gli uomini, questi i giovani, questi i valori di cui si nutrono. Ed è qui ed ora che dobbiamo misurarci, accettando la sfida e, se del caso, rilanciandola. C'è spazio per il ribelle e per il cavaliere, per il filosofo, il navigatore, il guerriero. Ne incontro tanti per strada. Basta saperli riconoscere, magari denudandoli di jeans e magliette firmate. Molti giovani alla cerca del mito perduto, purché li si guardi con amore. Non riesco davvero ad esser pessimista -vecchia pellaccia-, qualcosa si muove. In questo Tempo arido, sulle zolle spaccate dal sole continua a piovere, qua e là i germogli. La pioggia laverà il sudore dei dannati e prima che la quinta ulcera venga a tormentarti, scriverai sulla riva dell 'altra Italia...
Sfoglio i quotidiani del giorno dopo. L'Italia del 6 giugno è la stessa del 18 aprile, per nulla diversa da quella che, da oltre un anno, ha preso gusto a stupirci. C'è una gran voglia di cambiamento in giro per la penisola. Il voto non è più un inutile rito ed il messaggio che gli italiani continuano ad inviare è chiarissimo: nulla sarà come prima in questo Paese. Si va avanti e poco importa se il cammino appare ancora disseminato di confusione, ambiguità e contraddizioni. Qualcuno ha memoria di rivoluzioni che non abbiano dovuto pagare analogo pedaggio, almeno nelle fasi iniziali? E chi può dire che non sia una rivoluzione quella che stiamo vivendo? Crollano vecchi santuari. Tra le macerie, avanzi di partiti che da decenni hanno condizionato la vita di ciascuno. PSI, PSDI, PLI, PRI già ritagliano spazi più o meno dignitosi nei testi di storia politica. Il MSI ha prenotato il suo. Stessa sorte toccherà anche agli altri tradizionali protagonisti di una vicenda ultraquarantennale. Ovunque, vince chi riesce ad interpretare meglio e più credibilmente l'ansia di rottura con il vecchio regime, con la partitocrazia soffocante. Fatta eccezione per gran parte della Padania, il potere di condizionamento dei partiti è pressocché azzerato. Vincono gli uomini, tornano le idee. Cambia radicalmente la mentalità del cittadino-elettore che osserva, partecipa, giudica, sceglie: riappropriandosi della sua libertà ed autonomia. Sembrano di un altro secolo quei tanti giorni dopo il voto, quando le segreterie dei partiti parlavano di vittorie travolgenti, tenute od arretramenti discutendo di percentuali in più o in meno da prefisso telefonico. Vincono gli uomini, tornano le idee. Lentamente torna la Politica che notabili e burocrati ci avevano tolto di mano riducendola a scambio di favori, occasione di affari, cura di clientela, gestione dell'esistente. Che succederà adesso? Quali riflessi avrà il voto sui precari equilibri politici romani? Quanto tempo rimane a Ciampi e Scalfaro prima di sciogliere le Camere e chiamare gli italiani ad eleggere il Parlamento costituente della seconda Repubblica? Sono interrogativi importanti, ma non decisivi per il ragionamento che qui vogliamo fare.
Quanti avevano immaginato, anche alla luce della riforma elettorale maggioritaria, uno scenario politico geograficamente tripolare, almeno a breve e medio termine, hanno avuto un'amara sorpresa. Le tre Italie al momento sono due: la Lega stravince al Nord, come previsto; il PDS riafferma la sua egemonia nelle aree centrali del Paese; ma -ecco il punto!- all'ex partito-Stato sta sfuggendo di mano niente di meno che... il Sud.
Mi sembra sia proprio questa la novità più significativa, l'elemento sul quale cominciare a sviluppare un'analisi approfondita e tempestiva.
lì fattore-Sud, se così possiamo dire, sarà l'ospite indesiderato, la variabile impazzita per quanti avevano già fatto i conticini, come la serva prima di entrare dal droghiere. Era una scommessa azzardata, ma ci abbiamo creduto fin dall'inizio. E sulla liberazione del Sud abbiamo costruito una presenza, un impegno, una politica. Ricordo le pacche sulle spalle di commiserazione quando abbiamo annunciato la costituzione del "Movimento federalista - Calabria Libera". Oggi arrivano richieste di adesioni, simpatie, consensi. Continuano ad arrivare risultati anche sul piano elettorale ed i rappresentanti del Movimento nelle varie assemblee elettive costituiscono già una realtà che altri ci invidiano. Nel nostro piccolo, l'abbiamo forse già costruito un pezzo di società cambiata.
Abbiamo sempre pensato che il vecchio sistema di potere sarebbe stato sconfitto quando avesse perduto i privilegi consolidati nel Sud e che la ricostruzione del Paese sarebbe iniziata, senza traumi e con grande fervore, quando anche il Sud avesse portato le pietre ed il cemento di cui dispone. Il giorno dopo il 6 giugno, come il giorno dopo il 18 aprile: vedo giovani ed anziani, uomini e donne muoversi verso il cantiere dell'Italia che verrà. Ed i palazzi tremano...
 

Beniamino Donnici

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