Il fattore Sud
Le prospettive sul futuro sono grame, scrive il direttore nell'ultimo numero di
"Tabularasa". Ed il suo pessimismo lo spinge ad implorare, ritenendolo
ineluttabile, un bagno di sangue: tanto è malata la società. Infine, riaffiora
la speranza: Dio non voglia. Un uomo che, nel bene e nel male, ha segnato assai
profondamente la mia vita, nei momenti di sconforto usava ripetere: ognuno di
noi sceglie da che parte stare nella battaglia, non il tempo in cui essa viene
combattuta. Aveva ragione. Questo è il tempo, caro direttore. Ci piaccia o no,
questa la società, questi gli uomini, questi i giovani, questi i valori di cui
si nutrono. Ed è qui ed ora che dobbiamo misurarci, accettando la sfida e, se
del caso, rilanciandola. C'è spazio per il ribelle e per il cavaliere, per il
filosofo, il navigatore, il guerriero. Ne incontro tanti per strada. Basta
saperli riconoscere, magari denudandoli di jeans e magliette firmate. Molti
giovani alla cerca del mito perduto, purché li si guardi con amore. Non riesco
davvero ad esser pessimista -vecchia pellaccia-, qualcosa si muove. In questo
Tempo arido, sulle zolle spaccate dal sole continua a piovere, qua e là i
germogli. La pioggia laverà il sudore dei dannati e prima che la quinta ulcera
venga a tormentarti, scriverai sulla riva dell 'altra Italia...
Sfoglio i quotidiani del giorno dopo. L'Italia del 6 giugno è la stessa del 18
aprile, per nulla diversa da quella che, da oltre un anno, ha preso gusto a
stupirci. C'è una gran voglia di cambiamento in giro per la penisola. Il voto
non è più un inutile rito ed il messaggio che gli italiani continuano ad inviare
è chiarissimo: nulla sarà come prima in questo Paese. Si va avanti e poco
importa se il cammino appare ancora disseminato di confusione, ambiguità e
contraddizioni. Qualcuno ha memoria di rivoluzioni che non abbiano dovuto pagare
analogo pedaggio, almeno nelle fasi iniziali? E chi può dire che non sia una
rivoluzione quella che stiamo vivendo? Crollano vecchi santuari. Tra le macerie,
avanzi di partiti che da decenni hanno condizionato la vita di ciascuno. PSI,
PSDI, PLI, PRI già ritagliano spazi più o meno dignitosi nei testi di storia
politica. Il MSI ha prenotato il suo. Stessa sorte toccherà anche agli altri
tradizionali protagonisti di una vicenda ultraquarantennale. Ovunque, vince chi
riesce ad interpretare meglio e più credibilmente l'ansia di rottura con il
vecchio regime, con la partitocrazia soffocante. Fatta eccezione per gran parte
della Padania, il potere di condizionamento dei partiti è pressocché azzerato.
Vincono gli uomini, tornano le idee. Cambia radicalmente la mentalità del
cittadino-elettore che osserva, partecipa, giudica, sceglie: riappropriandosi
della sua libertà ed autonomia. Sembrano di un altro secolo quei tanti giorni
dopo il voto, quando le segreterie dei partiti parlavano di vittorie
travolgenti, tenute od arretramenti discutendo di percentuali in più o in meno
da prefisso telefonico. Vincono gli uomini, tornano le idee. Lentamente torna la
Politica che notabili e burocrati ci avevano tolto di mano riducendola a scambio
di favori, occasione di affari, cura di clientela, gestione dell'esistente. Che
succederà adesso? Quali riflessi avrà il voto sui precari equilibri politici
romani? Quanto tempo rimane a Ciampi e Scalfaro prima di sciogliere le Camere e
chiamare gli italiani ad eleggere il Parlamento costituente della seconda
Repubblica? Sono interrogativi importanti, ma non decisivi per il ragionamento
che qui vogliamo fare.
Quanti avevano immaginato, anche alla luce della riforma elettorale
maggioritaria, uno scenario politico geograficamente tripolare, almeno a breve e
medio termine, hanno avuto un'amara sorpresa. Le tre Italie al momento sono due:
la Lega stravince al Nord, come previsto; il PDS riafferma la sua egemonia nelle
aree centrali del Paese; ma -ecco il punto!- all'ex partito-Stato sta sfuggendo
di mano niente di meno che... il Sud.
Mi sembra sia proprio questa la novità più significativa, l'elemento sul quale
cominciare a sviluppare un'analisi approfondita e tempestiva.
lì fattore-Sud, se così possiamo dire, sarà l'ospite indesiderato, la variabile
impazzita per quanti avevano già fatto i conticini, come la serva prima di
entrare dal droghiere. Era una scommessa azzardata, ma ci abbiamo creduto fin
dall'inizio. E sulla liberazione del Sud abbiamo costruito una presenza, un
impegno, una politica. Ricordo le pacche sulle spalle di commiserazione quando
abbiamo annunciato la costituzione del "Movimento federalista - Calabria
Libera". Oggi arrivano richieste di adesioni, simpatie, consensi. Continuano ad
arrivare risultati anche sul piano elettorale ed i rappresentanti del Movimento
nelle varie assemblee elettive costituiscono già una realtà che altri ci
invidiano. Nel nostro piccolo, l'abbiamo forse già costruito un pezzo di società
cambiata.
Abbiamo sempre pensato che il vecchio sistema di potere sarebbe stato sconfitto
quando avesse perduto i privilegi consolidati nel Sud e che la ricostruzione del
Paese sarebbe iniziata, senza traumi e con grande fervore, quando anche il Sud
avesse portato le pietre ed il cemento di cui dispone. Il giorno dopo il 6
giugno, come il giorno dopo il 18 aprile: vedo giovani ed anziani, uomini e
donne muoversi verso il cantiere dell'Italia che verrà. Ed i palazzi tremano...
Beniamino
Donnici
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