«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 5 - 15 Agosto 1993

 

le recensioni

Quando si alza il velo

 



«Guai ai vinti» esclamava Brenno gettando la sua spada sulla bilancia. In questa affermazione, così conosciuta e sfruttata fino a risultare scontata e banale, è racchiusa una verità inconfutabile. La storia la fanno i vinti e vincitori ma sono questi ultimi a scriverla. A modo loro, raccontando ciò che fa comodo e nascondendo ciò che è scomodo. Ed è così che la verità resta sconosciuta per decenni e decenni, se non per secoli.
Una delle funzioni del mito nel Ventesimo secolo è stata proprio quella di glorificare uomini e capi che hanno tradito i loro ideali. Più grande è stato il tradimento, più grande il mito costruito per nasconderlo. È accaduto per Stalin, Eisenhower, Roosevelt, De Gaulle e così via.
Poi, a volte, accade che uomini coraggiosi e anticonformisti si facciano avanti e, prove e documenti alla mano, tentino di ridare alla Storia una sua corretta dimensione. E così si fanno avanti il dubbio prima, la verità poi. E la Storia, grazie a loro va riscritta. Per rimanere a questi ultimi cinquant'anni occorre ricordare Faurisson, Rassinier e Irving che hanno smascherato la falsità e le grossolanità che erano state raccontate sul cosiddetto olocausto e sui campi di concentramento nazisti. Così come occorre non dimenticare, ad esempio, un certo Romolo Gobbi che di recente nel suo libro "Il mito della resistenza" ha smantellato, pietra su pietra, quella che per decenni i vincitori hanno definito «epopea partigiana».
Ancora più di recente lo scrittore e ricercatore canadese James Bacque, per i tipi della Casa editrice Mursia, ha pubblicato un libro-documento dal titolo "Gli altri lager". In esso si porta alla luce una tragedia, quella dei prigionieri tedeschi nei campi alleati in Europa, che per più di quarantanni era rimasta nascosta negli archivi dei vincitori. «Man mano che i documenti venivano alla luce, ci trovavamo in una situazione sempre più difficile, convinti, sulla base di prove schiaccianti, che i capi della nostra società avevano commesso uno spaventoso crimine contro l'umanità, un crimine al quale non potevamo credere. Ogni giorno dovevamo scegliere tra la orribile verità e le belle favole che ci avevano raccontato sulla nostra storia».
Ciò è quanto afferma Bacque nella prefazione al suo libro-documento. La «orribile verità» a cui il ricercatore canadese fa riferimento riguarda i cinque milioni di tedeschi che nella zona americana e francese erano costretti nei campi di concentramento. Esposti alle intemperie, sottonutriti, senza la minima assistenza sanitaria i prigionieri cominciarono a morire. A partire dall'aprile del 1945 gli eserciti americano e francese annientarono con cinica indifferenza circa un milione di uomini di ogni età, assieme a donne e bambini. Morirono di fame, per congelamento, per condizioni malsane e malattie. Le loro morti furono intenzionalmente causate dagli ufficiali dell'esercito alleato che avevano risorse sufficienti per mantenere in vita i prigionieri.
I documenti relativi a questo vero e proprio assassinio di massa sono stati distrutti, alterati e tenuti segreti. Per più di quaranta anni questa inumana ed infame tragedia è rimasta nascosta negli archivi alleati e per buona parte continua ad esserlo tutt'oggi.
Va ricordato che all'Autore del libro in questione il comitato internazionale della Croce Rossa a Ginevra ha rifiutato di concedergli di fare ricerche negli archivi sui prigionieri nei campi inglesi e canadesi. Questo è potuto accadere con la complicità del governo tedesco. Infatti, tra il 1960 e il 1972 il socialdemocratico Willy Brandt, attraverso il Ministero degli Esteri della Germania Occidentale, sovvenzionò una serie di pubblicazioni in cui si negavano le atrocità commesse nei campi americani e francesi.
In questa allucinante vicenda emergono le enormi responsabilità di Roosevelt e di Eisenhower. Il primo, è bene ricordarlo, ebbe a dire: «Dobbiamo essere duri con la Germania e intendo il popolo tedesco, non soltanto i nazisti. Dobbiamo castrare il popolo tedesco e trattarlo in tal modo che non possa proprio più continuare a riprodurre gente che voglia comportarsi come nel passato». Il secondo affermò testualmente: «È un peccato che non abbiamo potuto ucciderne di più».
Ed è appunto in questa logica che fu perpetrato scientificamente il massacro a cui più sopra si accennava. Bacque ricorda anche che durante gli anni della sua ricerca a Washington, a Zurigo, a New York, a Parigi, a Londra, come in Germania, gli veniva continuamente e reiteratamente rivolta la medesima frase: «Dobbiamo difendere le nostre menzogne, senza badare a ciò che nascondono».
Ecco come si è scritta la storia. Ecco come da una verità scomoda si passa alla consueta verità comoda. A tale proposito Bacque scrive: «Tutto ciò che dovevano fare gli americani e i francesi era cancellare il grande numero dei morti, per evitare che la conoscenza dei loro crimini si diffondesse e diventasse Storia... E così fecero».
I nomi di Stalin, di Roosevelt, di Eisenhower, di De Gaulle sono stati esaltati in centinaia di libri e osannati da milioni di persone ignare dei loro crimini e dei loro misfatti, a convalida della significativa frase di Lewis Lapham: «Oltre l'incessante mormorio della stampa servile, il modo di sentire è triviale e crudele».

 

Gianni Benvenuti

 

CIVILTÀ «OCCIDENTALE»

«Dopo la cena, il maresciallo Josef Stalin disse che voleva mettere assieme dopo la guerra cinquantamila ufficiali tedeschi e fucilarli. Winston Churchill s'infuriò violentemente. "Preferirei essere portato fuori nel giardino subito per essere fucilato io stesso, piuttosto che macchiare il mio onore e quello del mio paese con una simile infamia" disse con veemenza. Franklin Roosevelt, vedendo crescere l'animosità tra i due ex nemici, suggerì con leggerezza di trovare un compromesso, fucilando 49.000 prigionieri. Stalin, che era l'ospite di questo importante incontro con i suoi due potenti alleati, fece diplomaticamente un sondaggio tra i nove uomini presenti a tavola. Elliott Roosevelt, figlio del presidente e generale di brigata nell'esercito degli Stati Uniti, rispose con un brindisi alla morte di "non solo cinquantamila... ma anche di altre centinaia di migliaia di nazisti". Churchill, sbalordito, lo udì aggiungere "e sono sicuro che l'esercito degli Stati Uniti sarà ben d'accordo". Entusiasta, Stalin abbracciò il giovane Roosevelt proponendo di brindare alla morte dei tedeschi».

 

IL PIANO MORGENTHAU ...

«L'idea precisa che Morgenthau portava nella valigia era quella che la Germania doveva essere "pastoralizzata", attraverso la distruzione delle sue industrie e delle sue miniere. La più avanzata tra le nazioni industrializzate del mondo sarebbe stata trasformata in una enorme fattoria. L'industria tedesca si era sviluppata, in parte, per pagare le importazioni di cibo per una popolazione che non aveva terra sufficiente per nutrirsi. Hitler s'era proposto di porvi rimedio occupando terre a est per "l'aratro tedesco". La superficie della Germania si sarebbe ridotta ora per le acquisizioni dei russi e dei polacchi, mentre la popolazione tedesca nell'ovest del paese sarebbe cresciuta per l'afflusso dei profughi tedeschi da quei territori. Distruggendo le strutture industriali ci sarebbe stata la fame. Secondo Cordell Hull, "il piano Morgenthau avrebbe spazzato via ogni cosa in Germania ad eccezione della terra, e i tedeschi avrebbero dovuto vivere dei prodotti della terra. Ciò significava che soltanto il 60% del popolo tedesco avrebbe potuto mantenersi con i prodotti della terra, mentre il restante 40% avrebbe dovuto morire". A questo punto Hull parlava della morte di circa 20 milioni di civili tedeschi».

 

... E IL PIANO ROOSEVELT

«Le strane difficoltà di pianificare il futuro d'una nazione straniera furono messe in luce da una singolare dichiarazione di Roosevelt. Egli stava ricordando nostalgicamente i suoi anni felici quando esplorava i profondi boschi della Dutchess County, lungo le rive dell'Hudson, quando disse che "non c'è ragione per la quale la Germania non possa essere riportata indietro al 1810... I tedeschi si troverebbero perfettamente a loro agio, senza però avere alcun lusso". Spiegò che stava pensando a "come viveva la gente che portava abiti di lana tessuta a mano" nella Dutchess County ai primi dell'800. Se i tedeschi si fossero trovati a corto di cibo, disse il presidente, si sarebbe potuto nutrirli con le cucine da campo dell'esercito. A volte era anche irresponsabile nelle sue idee, come quando osservò che sarebbe stato semplice occuparsi del problema del carbone. "Nominerò un comitato di tre uomini d'affari tedeschi per dirigere le miniere di carbone. Se non estrarranno il carbone, li fucileremo"».

brani tratti da:
"Gli altri lager", Ugo Mursia editore, Milano, 1993

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