l'ultima
Dio mio, che pacchia!
I nuovi: così nuovi e già così nuovi. Così piselloni, così chic, così danarosi,
così a sinistra, così altrove, così cellophanati, così patinati, così
inRepubblicati. Così week end. Tutti sostanzialmente così così, ma assolutamente
in incognito: cretini in privato.
Sono nuovi, più-che-nuovi. Confezionati. Pare pena sciuparli, toccarli.
Zuccherini, liquorini, sono signorini. Da passarli allo shaker: per scuoterli,
non per agitarli. Un goccio di Martini e un'oliva.
Saranno forse approssimati, approssimativi, ma sono proiettati alla méta:
prossimi a comandare. Prossimi a loro stessi. Quasi ipotecati. Nuovi obbligati.
Sono professorali: vagamente panciuti, vagamente occhialuti, vagamente barbuti,
alcuni. Vagamente baffuti, vagamente pelati, vagamente sudati, ancora vagamente
occhialuti altri. Ma sono ficoni, straficoni, un tantino gigioni. Scivolano
sovente su quest'ultima rima: «oni». Quasi ne fanno un vanto. Sono anche
immaginifici all'occorrenza: lampeggiano di inesauribile imbecillità.
Si sa, è pura impronta italiana, per una bella rivoluzione da consumare dopo le
diciotto. Ohe, una rivoluzione elegante. Manco a dirlo. In chiave di democrazia
impattata, alleata, riformata, segnata. Eleganza democratica sussurrano. E
mizzica direte: che civetteria, che galanteria. Ultimoda, sono l'ultima moda,
squisitezza di gran gusto. Dopo le diciotto, dopo la doccia, dopo la sauna, ma
anche più tardi: dopo le venti. Disposti a saltare la cena. Un tramezzino
tuttalpiù. C'è per caso una rosetta al prosciutto crudo? No. Vada per il
tramezzino. Giusto per non sentire l'affanno volgare dello stomaco. Con
leggerezza appunto. Con più comodo. Con la frescura. Solo se alita. Dio ce ne
scampi se arrivasse lo scirocco. Alita? Soffia un pochetto d'aria? Ma sì che
alita, soffia, eppure soffia, che la trasparenza infine ne gode. Una trasparenza
a prova di certificato antimafia. Una trasparenza che traspare fin nella più
intima traspirazione: né panciere Gibaud, né sospensori. Sono i viveur del
post-montecitorio. Una tastatina distratta ogni tanto. Per inseguire la
cravatta. Per immedesimarsi nella fetta di cielo tra piazza del Pantheon e
piazza Navona, nel clamore di Roma ciaciona, nel languore quirino, nell'aglio
curiale.
Oh dolce rivoluzione italiana. Dolce vita dei rivoluzionari. Dolce stil nuovo
grunge, dolcissima politica. Cosa sarebbe mai l'impegno civile senza i caffè?
Senza, clic, i fotografi. Senza, slurp, un gelato. Senza, clap, gli applausi.
Senza, lec lec, i "Venerdì di Repubblica". Cosa sarebbe mai? Un triste mugugno
da carboneria nebbiosa. Una vendetta ad uso e consumo di irascibili bottegai.
Un'astruseria da amministrazione burocratica: poco pop, niente affatto popolare,
molto aut. Ancora un caffè dunque, ancora una vodka, ancora una grappa. Un giro
di chitarra: adelante, addante. Ci si concede la compagnia di gente bella.
Niente partiti, niente tessere, niente sezioni, niente militanti. Niente e nulla
del passato. Niente e nulla di ciò che è fuori del nuovo. C'è il nuovo e basta.
O meglio: c'è la rivoluzione del nuovo in corso. Dio mio che pacchia, che
bellezza, che salute, che rivoluzione. Neppure tanto caldo fa. Si sta bene. A
partire da domani ci si mette in polo. Dice un cameriere: la nazione si attarda
alla toilette, forse si sente male? I nuovi: così nuovi e già così stronzi.
Pietrangelo Buttafuoco
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