Bombe contro l'Europa
«... la pesante campana, che da
un millennio
era di ornamento alla torre del Battifredo e il
cui suono aveva accompagnato il vivere e il morire
d'innumera gente, si arroventò sempre più
vivida
e infine precipitò dai suoi appoggi,
facendo minare la torre...»
Ernst Junger, "Sulle scogliere dì marmo"
Solo un idiota, ovvero il popolo italiano, può credere che sia inconsueto il
comportamento dei «servizi» che non riescono a prevenire gli attentati. E in
malafede quando dichiara, per bocca dei suoi governanti, che le autobombe sono
fatte esplodere dalla mafia. È la stessa contumelia lanciata contro gli
anarchici prima, contro i fascisti poi. In Italia, i «servizi» hanno sempre
condizionato i vertici politici, e non viceversa. Perfetti esecutori delle
direttive impartite dal famelico Leviatano d'Oltreoceano, dedito alla
programmazione a lunghe scadenze di strategie intese a rendere schiavi i popoli
della terra. Ricordiamoci che cosa disse Reagan, quando si insediò alla Casa
Bianca, rivolgendosi ai suoi connazionali: «Abbiamo gettato via l'Europa,
l'Europa è il passato da rifiutare. Siamo la nazione eletta».
Ebbene, l'Europa, caduti i muri e le cortine, è oggi in grado di riscattare
cinquant'anni di vassallaggio. Riprende la sua potenzialità. La Germania
riunificata, l'orgogliosa Francia, la feconda nuova Russia possono diventare il
fulcro che farà ruotare l'Europa intera; intorno alla quale, e con la quale, i
popoli d'Africa e d'Asia potranno trovare la volontà e la capacità di mettere a
frutto le loro energie e gli abbondanti prodotti della loro terra.
Ma in Europa c'è una nazione che, più di ogni altra, ha accettato di entrare in
un universo sconosciuto accettando il «modello» americano: l'Italia. Che ha
liquidato l'idea nazionale sostituendola con una realtà diversa, indefinibile,
vasta, profonda: l'Occidente. Uomo-massa senza identità, l'italiano si è
«purificato» cancellando la memoria. Annullandola. Rendendosi schiavo del
superfluo, della cambiale, della carta di credito, della banca. Convertendosi ad
nuova religione: quella del dio denaro.
Siamo il ventre molle della futura Europa. Se in ogni dove, dal più piccolo
borgo alla più grande città, non vi fossero disseminati gli «archi e le pietre»
(le nostre radici) a dimostrare ciò che siamo stati, oggi saremmo un popolo
culturalmente e civilmente irrilevante. Un popolo sciocco, smemorato, che ha
smesso di pensare e anche di odiare perché non sa più amare. Ci vogliono
impedire di interrogarci sul nostro passato. Ecco perché mettono le bombe.
Perché persista l'oblio. Perché le cattedrali, i castelli, le opere d'arte, gli
«archi e le pietre», sono le nostre radici, la memoria che si concretizza nella
loro visione. Sono il repertorio di una storia gloriosa, l'insegnamento per
l'oggi e la dimostrazione pratica di quanto grande potrebbe essere il nostro
contributo all'Europa di domani.
È venuto il momento di riprenderci la nostra identità. Ora che ci siamo liberati
dalla alienazione DC, recuperiamola questa memoria e soffermiamoci sul
significato religioso della rivoluzione che è in atto. Contro il rigore
statalista, contro le prefetture, contro le questure, contro le banche; contro
quella magistratura che raramente è riuscita a rendere giustizia e che ha
permesso, ad una classe dirigente di sé stessa, di rendere legittimi lo
sperpero, l'inerzia, il furto; contro le istituzioni che non sono mai state in
grado di difendere templi, bandiere, fiumi, mari. Questo è un paese «sfatto»,
imbastardito, inebetito dal miracolo capitalistico, con i riflessi condizionati
dalle centrali d'Oltreoceano. Senza ideali, senza tessuto morale, dedito al
culto materiale del benessere.
Dobbiamo creare. Non si ottiene ordine se prima non si crea. Dobbiamo
ricostruire un popolo per poterlo poi difendere. Chi invoca semplicemente misure
più severe in questo Stato, per una comprensibile reazione al caos in cui siamo
immersi, difetta di sensibilità, di contatto. Dobbiamo vedere oltre la nostra
vita, oltre la nostra testimonianza, oltre la stessa testimonianza dei nostri
padri. Che onoriamo.... ma ci sono i figli che verranno. Operiamo affinchè ci
possano ricordare.
a. c.
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