Il Sud ha già la sua
«Lega»
Il Sud è Terra Selvaggia eppure invitante, il suo popolo proverbialmente
ospitale. Devono averlo ben compreso i tanti furbacchioni -paladini del nuovo-
che, in queste settimane, preparano spedizioni politico-elettorali verso Sud:
pronti a catturare consensi, simpatie e voti, magari rispolverando parole
d'ordine già in uso nella demagogia partitocratica.
Il perché di tanto disinteressato sentimento è presto detto: ciò che sembrava
impossibile è accaduto: la DC non ha più il monopolio del consenso nel Meridione
ed, anzi, frana ogni giorno dopo giorno come un gigante dai piedi d'argilla
trascinando nella sua rovinosa caduta tutt'intero un sistema di potere e di
alleanze, politiche, affaristiche e malavitose. Giusto il tempo di strabuzzare
gli occhi ed eccoli già al lavoro gli alchimisti del partitismo. Salpano navi,
partono carovane. Nutrite schiere di generali senza eserciti, con casacche
diverse, marciano verso il medesimo obiettivo: la conquista del Sud. Fini
sceglie Bari ed insieme a Richelieu-Tatarella sventola quattro o cinque sindaci
conquistati di fresco attraverso accordi trasversali, li condisce con un po' di
Moro ed un pizzico di Di Vittorio e grida al popolo meridionale: siamo noi la
Lega del Sud; ecco la destra che sbaraglierà il PDS ed i suoi disegni egemonici;
ecco l'Alleanza nazionale e presidenziale che verrà; il comunismo non passera;
vinceremo, vinceremo. Peccato che manchi la folla oceanica di piazza Venezia,
che nell'albergo i pochi malcapitati sudino, distratti e svogliati, e che
Caradonna gli rovini la festa con una sonora tirata d'orecchie.
Qualche giorno prima, a Lamezia, era stato Del Turco, erede di quella
nobilissima associazione per delinquere voluta da Craxi, a raccogliere la sfida
nordista della Lega per affermare che l'alternativa a Bossi si poteva fare solo
nel nome della rosa e che il socialismo italiano avrebbe lavorato per il
riscatto del Sud. Figurarsi se la DC meridionale poteva stare a guardare!
Mastella dal Vesuvio e Mattarella dall'Etna giungevano al punto di accarezzare
la vulcanica idea di una mezza scissione per ridare dignità e voti al partito e
conservare a sé stessi potere e prebende. Una DC sudista e federalista, magari
con la benedizione del senatur.
E non è tutto. Persino l'Eugenio nazionale, indiscusso stratega di lungocorso e
grande taumaturgo della democrazia, rispondendo ad un affezionato fedele, in uno
dei suoi venerdìsanti, ha tratteggiato le coordinate politiche e programmatiche
di una Lega per il Sud, individuando (ovviamente) nell'Alleanza democratica il
soggetto politico capace di farsene interprete, ovvero in grado più degli altri
di raccogliere l'eredità del partito-Stato. Amen.
Chi, invece, al Sud non guarda affatto -checché ne dica- è proprio Bossi, a cui
basta minacciare l'imminente calata degli eserciti di Alberto da Giussano per
tenere, da un lato, sotto costante minaccia la partitocrazia consociativa ed, al
contempo, impedire che possa decollare al Sud un fenomeno federalista,
autenticamente antagonista al vecchio sistema di potere, che in prospettiva
potrebbe mettere in discussione la leadership della Lega su questo versante e
fronteggiarne, ad armi pari, i progetti secessionisti. In definitiva che si
possa radicalizzare lo scontro tra un Nord ego(liber)ista ed un Sud, finalmente
affrancato da sudditanze antiche e recenti, libero dal giogo
dell'assistenzialismo, capace di avviare una stagione di riscatto, di
protagonismo e di civiltà durante la quale, senza ch'essi diventino alibi per
restaurazioni di qualunque ordine e grado, non siano messi in discussione valori
come solidarietà, giustizia sociale, sentimento della comunità, primato
dell'essere sull'avere, centralità dell'Uomo.
Lega o non Lega, questa è la sfida. Una sfida solo in parte iniziata ed i cui
sviluppi ed esiti -fascinosi ed imprevedibili- ci stanno davanti. Una sfida tra
il Nord ed il Sud del nostro Paese, delle sue tante regioni e città, come tra
gli innumerevoli nord e sud del mondo, dall'America all'Asia, dall'Africa al
Baltico. Una sfida tra ricchezza e povertà; tra egoismi crescenti e miserie
devastanti; tra tassi di denatalità e natalità tragicamente contrapposti; tra
rampolli dell'agiatezza che pagano costi esistenziali immensi (droga, suicidi
giovanili, violenze...) alla perdita di valori e riferimenti ultimi e le
migliaia di bambini che muoiono ogni giorno di fame, di stenti, di malattie; tra
le esigenze ed i ritmi dello sviluppo e quelle dell'ambiente, di un pianeta che
sta per scoppiarci tra le mani. Una sfida che potrà essere scontro od incontro
nella misura in cui saremo capaci di costruire una politica altra, uno sviluppo
altro, un'altra società, una nuova griglia di valori che ne siano il cemento.
Ecco perché, davanti alla vastità e complessità di questi problemi, ai quali
abbiamo solo potuto accennare, ci fanno ridere i patetici sopravvissuti della
partitocrazia consociativa tutti attenti ai voti, incapaci di guardare oltre il
proprio naso. È stanco, il Sud. Terribilmente stanco. Sul punto di far lievitare
la rassegnazione ed il torpore lungamente introiettati in ribellione civile e,
forse, anche in violenza. Come pensare che un popolo che deve fare ancora i
conti con i problemi della sua memoria, della sua cultura, della sua identità,
prima ancora che con quelli della quotidiana sopravvivenza, possa continuare a
farsi abbindolare da Fini o Del Turco, da Mastella o Mattarella, da Scalfari o
Bossi? Qualcuno cadrà ancora nelle trappole, magari per il breve spazio di una
tornata elettorale, ma la prospettiva è segnata, la strada è quella della
definitiva liberazione.
Per camminarvi, bisogna essere credibili. Bisogna uscire dalle ambiguità e dai
compromessi. Abbandonare gli slogans ad effetto e la pesca delle occasioni. Non
pensare, una volta tanto, alle comode rendite di posizioni. Il Sud ha pagato un
prezzo altissimo tanto ai partiti di potere che vi hanno perpetrato politiche
coloniali, quanto alle false opposizioni che hanno costruito miraggi di
rivoluzioni (Reggio Calabria, Napoli, Catania) puntualmente tradite e svendute.
Per chiarirci, il Sud ha pagato un prezzo troppo alto al Regime consociativo ed
allo Stato centralista perché possa prestare ancora l'orecchio alle sirene ed il
collo agli avvoltoi.
Quando pubblicheremo su "Tabula Rasa" il resoconto dell'Assemblea costituente
già programmata per settembre, anche gli scettici comprenderanno che il Sud ha
già la sua «Lega» e che essa è già pronta ad accettare e rilanciare ogni sfida.
Essa è frutto di un lungo e faticoso lavoro culturale e politico, di una
continua ed umile -e profonda!- rivisitazione critica ed autocritica, di un
incessante impegno di militanza.
Non una vecchia cosa maleodorante di vernice, ma di un nuovo inizio: come al
mattino, dopo il risveglio da una notte tormentata. Ridi, vecchia pellaccia, il
mio ottimismo è pari alla tua ostinazione. Il mio sogno non è diverso dal tuo.
Beniamino
Donnici
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