«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 5 - 15 Agosto 1993

 

Il Sud ha già la sua «Lega»

 


Il Sud è Terra Selvaggia eppure invitante, il suo popolo proverbialmente ospitale. Devono averlo ben compreso i tanti furbacchioni -paladini del nuovo- che, in queste settimane, preparano spedizioni politico-elettorali verso Sud: pronti a catturare consensi, simpatie e voti, magari rispolverando parole d'ordine già in uso nella demagogia partitocratica.
Il perché di tanto disinteressato sentimento è presto detto: ciò che sembrava impossibile è accaduto: la DC non ha più il monopolio del consenso nel Meridione ed, anzi, frana ogni giorno dopo giorno come un gigante dai piedi d'argilla trascinando nella sua rovinosa caduta tutt'intero un sistema di potere e di alleanze, politiche, affaristiche e malavitose. Giusto il tempo di strabuzzare gli occhi ed eccoli già al lavoro gli alchimisti del partitismo. Salpano navi, partono carovane. Nutrite schiere di generali senza eserciti, con casacche diverse, marciano verso il medesimo obiettivo: la conquista del Sud. Fini sceglie Bari ed insieme a Richelieu-Tatarella sventola quattro o cinque sindaci conquistati di fresco attraverso accordi trasversali, li condisce con un po' di Moro ed un pizzico di Di Vittorio e grida al popolo meridionale: siamo noi la Lega del Sud; ecco la destra che sbaraglierà il PDS ed i suoi disegni egemonici; ecco l'Alleanza nazionale e presidenziale che verrà; il comunismo non passera; vinceremo, vinceremo. Peccato che manchi la folla oceanica di piazza Venezia, che nell'albergo i pochi malcapitati sudino, distratti e svogliati, e che Caradonna gli rovini la festa con una sonora tirata d'orecchie.
Qualche giorno prima, a Lamezia, era stato Del Turco, erede di quella nobilissima associazione per delinquere voluta da Craxi, a raccogliere la sfida nordista della Lega per affermare che l'alternativa a Bossi si poteva fare solo nel nome della rosa e che il socialismo italiano avrebbe lavorato per il riscatto del Sud. Figurarsi se la DC meridionale poteva stare a guardare! Mastella dal Vesuvio e Mattarella dall'Etna giungevano al punto di accarezzare la vulcanica idea di una mezza scissione per ridare dignità e voti al partito e conservare a sé stessi potere e prebende. Una DC sudista e federalista, magari con la benedizione del senatur.
E non è tutto. Persino l'Eugenio nazionale, indiscusso stratega di lungocorso e grande taumaturgo della democrazia, rispondendo ad un affezionato fedele, in uno dei suoi venerdìsanti, ha tratteggiato le coordinate politiche e programmatiche di una Lega per il Sud, individuando (ovviamente) nell'Alleanza democratica il soggetto politico capace di farsene interprete, ovvero in grado più degli altri di raccogliere l'eredità del partito-Stato. Amen.
Chi, invece, al Sud non guarda affatto -checché ne dica- è proprio Bossi, a cui basta minacciare l'imminente calata degli eserciti di Alberto da Giussano per tenere, da un lato, sotto costante minaccia la partitocrazia consociativa ed, al contempo, impedire che possa decollare al Sud un fenomeno federalista, autenticamente antagonista al vecchio sistema di potere, che in prospettiva potrebbe mettere in discussione la leadership della Lega su questo versante e fronteggiarne, ad armi pari, i progetti secessionisti. In definitiva che si possa radicalizzare lo scontro tra un Nord ego(liber)ista ed un Sud, finalmente affrancato da sudditanze antiche e recenti, libero dal giogo dell'assistenzialismo, capace di avviare una stagione di riscatto, di protagonismo e di civiltà durante la quale, senza ch'essi diventino alibi per restaurazioni di qualunque ordine e grado, non siano messi in discussione valori come solidarietà, giustizia sociale, sentimento della comunità, primato dell'essere sull'avere, centralità dell'Uomo.
Lega o non Lega, questa è la sfida. Una sfida solo in parte iniziata ed i cui sviluppi ed esiti -fascinosi ed imprevedibili- ci stanno davanti. Una sfida tra il Nord ed il Sud del nostro Paese, delle sue tante regioni e città, come tra gli innumerevoli nord e sud del mondo, dall'America all'Asia, dall'Africa al Baltico. Una sfida tra ricchezza e povertà; tra egoismi crescenti e miserie devastanti; tra tassi di denatalità e natalità tragicamente contrapposti; tra rampolli dell'agiatezza che pagano costi esistenziali immensi (droga, suicidi giovanili, violenze...) alla perdita di valori e riferimenti ultimi e le migliaia di bambini che muoiono ogni giorno di fame, di stenti, di malattie; tra le esigenze ed i ritmi dello sviluppo e quelle dell'ambiente, di un pianeta che sta per scoppiarci tra le mani. Una sfida che potrà essere scontro od incontro nella misura in cui saremo capaci di costruire una politica altra, uno sviluppo altro, un'altra società, una nuova griglia di valori che ne siano il cemento. Ecco perché, davanti alla vastità e complessità di questi problemi, ai quali abbiamo solo potuto accennare, ci fanno ridere i patetici sopravvissuti della partitocrazia consociativa tutti attenti ai voti, incapaci di guardare oltre il proprio naso. È stanco, il Sud. Terribilmente stanco. Sul punto di far lievitare la rassegnazione ed il torpore lungamente introiettati in ribellione civile e, forse, anche in violenza. Come pensare che un popolo che deve fare ancora i conti con i problemi della sua memoria, della sua cultura, della sua identità, prima ancora che con quelli della quotidiana sopravvivenza, possa continuare a farsi abbindolare da Fini o Del Turco, da Mastella o Mattarella, da Scalfari o Bossi? Qualcuno cadrà ancora nelle trappole, magari per il breve spazio di una tornata elettorale, ma la prospettiva è segnata, la strada è quella della definitiva liberazione.
Per camminarvi, bisogna essere credibili. Bisogna uscire dalle ambiguità e dai compromessi. Abbandonare gli slogans ad effetto e la pesca delle occasioni. Non pensare, una volta tanto, alle comode rendite di posizioni. Il Sud ha pagato un prezzo altissimo tanto ai partiti di potere che vi hanno perpetrato politiche coloniali, quanto alle false opposizioni che hanno costruito miraggi di rivoluzioni (Reggio Calabria, Napoli, Catania) puntualmente tradite e svendute. Per chiarirci, il Sud ha pagato un prezzo troppo alto al Regime consociativo ed allo Stato centralista perché possa prestare ancora l'orecchio alle sirene ed il collo agli avvoltoi.
Quando pubblicheremo su "Tabula Rasa" il resoconto dell'Assemblea costituente già programmata per settembre, anche gli scettici comprenderanno che il Sud ha già la sua «Lega» e che essa è già pronta ad accettare e rilanciare ogni sfida. Essa è frutto di un lungo e faticoso lavoro culturale e politico, di una continua ed umile -e profonda!- rivisitazione critica ed autocritica, di un incessante impegno di militanza.
Non una vecchia cosa maleodorante di vernice, ma di un nuovo inizio: come al mattino, dopo il risveglio da una notte tormentata. Ridi, vecchia pellaccia, il mio ottimismo è pari alla tua ostinazione. Il mio sogno non è diverso dal tuo.
 

Beniamino Donnici

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