Resisti, Italia, a
Mogadiscio
Non so come evolverà la situazione nel Corno d'Africa fintante che queste parole
saranno editate. Mentre scrivo, un oscuro signore del Ghana, tale Kafi Annan, di
mestiere «responsabile delle operazioni di pace» (sic!) dell'ONU in Somalia, ha
chiesto che Bruno Loi, generale italiano, «folgorino» purosangue, venga
allontanato dal comando delle truppe italiane di stanza a Mogadiscio. I vecchi
delle mie contrade, pensando all'Africano, avrebbero commentato con
un'espressione metaforica: «La caramella in bocca al porco!» La metafora è di
facile interpretazione.
* * *
L'Organizzazione delle Nazioni Unite è quella cloaca di sempre: fin da quando si
chiamava Società delle Nazioni. Com'è stato abbondantemente documentato da
Maurizio Blondet ("L'Italia settimanale", 7.7.1993) la «Società» nacque da
un'idea di Bernard Baruch, mago della finanza americana. Woodrow Wilson, che non
aveva un'intelligenza d'aquila, la propagandò nel mondo come il toccasana di
tutti i mali del globo. E gli imbecilli della terra, che abbondano in ogni
epoca, se ne innamorarono senza rendersi conto che tutte le ingiustizie, tutte
le angherie, tutti i soprusi trovavano in questo consesso malefico il loro
gineceo.
All'indomani del fatto di Ual-Ual, dove sessanta italiani furono trucidati da
millecinquecento abissini, la Società delle Nazioni condannò l'Italia. "Il
Popolo d'Italia" (28.9.1935) tra l'altro scriveva: «Ormai siamo di fronte a una
presa di posizione societaria, da cui è perfettamente vano sperare un minimo di
giustizia e ancor più vano attendere un minimo di garanzia per la vita dei
nostri soldati». Erano gli anni in cui l'Inghilterra la faceva da padrone
seppure non mancassero le voci inglesi che dissentivano dalla politica ufficiale
di Albione. Sir Edward Grigg, membro del Parlamento britannico, si batteva ai
Comuni perché l'amministrazione dell'Etiopia venisse affidata ad una sola
nazione. Egli rilevava: «Se vi è una nazione che ha il diritto di rivendicare
questa responsabilità, essa è l'Italia». Come andò a finire è abbastanza
conosciuto. La Società delle Nazioni, nata per «imporre la pace» naufragò sotto
il peso di guerre deflagrate ai quattro angoli del mondo.
Dopo la seconda guerra mondiale l'uzzolo ritornò. E fu l'ONU. Dove la
«giustizia» è di casa come lo era nella Società delle Nazioni. Cinque paesi, i
vincitori del secondo conflitto mondiale, sovrintendono ad una massa di schiavi.
Un organismo che partorisce «risoluzioni», che valgono solo per chi non è
alleato del potere. Insomma, un organismo nauseabondo che limita e tarpa la
libertà dei popoli. Dove gli americani, mutatis mutandi, la fanno da padrone.
More solito, anche l'ONU è un fallimento: si fa fatica a contare i conflitti
scoppiati nel mondo da quando è stata fondata. Non è azzardato affermare che, al
posto della pace, produce prolificamente guerra. È una contraddizione in
termini. Quindi è inutile.
All'indomani della caduta del Muro di Berlino, con il mondo liberato dai ceppi
della Logica di Jalta, la Potenza Superstite ha trovato la giustificazione per
continuare ad imporre la sua volontà. E il «Nuovo Ordine Mondiale» che avanza
sotto le bandiere blu del Palazzo di Vetro. Un «nuovo ordine» che pretenderebbe
affermarsi senza versare una goccia del proprio sangue. E gli americani, maestri
di questi fattacci, hanno preferito volare anziché camminare. Hanno volato su
Panama, su Tripoli, su Baghdad, su Mogadiscio. S'approntano a farlo su Sarajevo.
A camminare sono costretti gli altri, tutti gli schiavi del Grande Impero, che
muoiono regolarmente. «Per imporre la pace». Fra questi «marciatori» è da
comprendere l'Italia. Carabinieri in Cambogia, Alpini in Mozambico, Artiglieri
in Albania, Paracadutisti in Somalia, Marinai nel Mar Rosso. E poi dicono che
Mussolini faceva male a spedire soldati italiani per ogni dove... Anche qui un
detto dei vecchi: «Se sputi in aria, in faccia ti viene».
Si sbarca a Mogadiscio «per imporre la pace». Gli americani girano il film. Vi
portano anche uno stormo di AC-130, le famigerate «cannoniere volanti». Voci
false e tendenziose, diffuse dai soliti nemici della democrazia «stars and
strips», vogliono che questi ordigni non siano mai stati provati in teatro
d'operazioni: nulla di meglio che sperimentarli sulle povere popolazioni somale.
«Per imporre la pace». Che viaggia alla velocità delle pallottole calibro 7,62
dei complessi «Vulcan» a sei canne rotanti.
C'è anche «'o mal'omme». Se mancasse, che sceneggiata sarebbe? Nasce un nuovo
«mostro»: Mohamed Farah Aidid, allievo di vaglia della Scuola di Fanteria e
Cavalleria di Cesano di Roma, figlio adottivo d'un generale italiano. Aidid è
somalo che deve parecchio all'Italia. Forse è per questo che gli americani
dell'ONU lo ricercano come facevano con i loro banditi del Far West? Non si sa.
Quel che si sa è che «Dare Speranza» s'è tramutato in «Dare Disperazione».
Ma la storia a volte si vendica. Portando a Mogadiscio Bruno Loi, generale
italiano, «folgorino» purosangue. Il quale prende alla lettera, da bravo
soldato, gli ordini impartiti dal suo Paese. Da speranza ai somali quando gli
altri distribuiscono morte. E le differenze, nella logica omologante del Nuovo
Ordine Mondiale, costituiscono reato. Da punire. Sa bene, il generale
paracadutista, che in Somalia gli americani dell'ONU non ci volevano. Per le
«Giacche Blu» l'articolo 34 del diktat è ancora vigente: «L'Italia rinuncia
ugualmente a rivendicare ogni interesse speciale ed ogni influenza particolare
in Etiopia». Si rammenta che nel 1947 l'Etiopia comprendeva la Somalia. È per
questo che s'è fatto bene ad andare in Somalia.
Non è poco l'aver disubbidito all'Impero. Perché un ciclo storico s'è chiuso e
l'Italia deve trovare la forza di riprendere in mano le redini del proprio
destino. In Somalia c'è il nostro sangue. Sangue di lavoro e di battaglia.
Sangue antico. Purtroppo anche moderno, contemporaneo. Che non deve essere
sciupato. Dobbiamo ritirarci dalla Cambogia e dal Mozambico. Ma in Somalia si
deve restare. Lì non siamo noi gli estranei. Noi siamo «di casa». E Bruno Loi,
generale italiano, lo sa. E lo attesta. E gli viene riscontro. I soldati
italiani lo amano. I somali, anche. Gli americani dell'ONU lo odiano e glielo
dicono per bocca d'uno sciamano del Ghana. In forza dell'articolo 34 del
Trattato di Pace. Ma Bruno Loi non è Pietro Badoglio. La storia ha girato
letteralmente pagina. Speriamo che ne siano convinti anche gli italiani.
Vito
Errico
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