i dialoghi
Pensieri «abbandonati»
Dedicato a tutti noi
Fefè — Hai mai mangiato pane e luce? Il pane, accompagnato da
sottilissime strisce di sole? Una squisitezza. Un'invenzione della
fantasticheria contadina.
Bebé — E come si mangia?
Fefè — Vero è, che tu vieni dalla marina, e certi lussi di villani non li
puoi aver mai gustati. Allora te lo insegno: si prende un bel pezzo di pane,
magari la parte più robusta, la mezzaluna, 'u cuzzagno; poi, con l'aiuto del
coltello, si taglia una fettina sottile sottile, ma proprio sottile sottile, una
fetta diafana che si colora con le trasparenze e i riflessi del sole. E questo è
il companatico: la luce, 'u lustro, il sole. E tu, così, un morso qui e un morso
lì, mangi pane co' lustro. Ti dirò: un gusto perfetto. E mi ricordo una
filastrocca: Lu viddanu sciala e mangia, sciala e mangia lu viddanu, oro e
argentu ni stu cianu (pianura). Ni stu cianu oru e argentu, vola vola comu 'u
vientu. Vola vola fauci (falce) fina, la campagna è tutta cina (piena), tutta
cina è di lauri (lavoro), pi laurari (lodare) a lu Signuri. L'oro del grano,
l'oro del sole. Insomma, bellezza mia, una poesia. Oggi ci pensavo: saranno anni
che non mangio una fetta di pane co ' lustra. Dai tempi di mia nonna. Anni sono,
bellezza mia, anni. Proprio oggi ci pensavo. E certe cose -facci caso- si
pensano nei ritagli di distrazione. Guidi l'automobile verso casa e ti accorgi
improvvisamente di essere infelice. Senza una nonna che ti sta dietro come un
angelo custode con le fette di pane, le fette di sole.
Bebé — Pensieri abbandonati sono. Cose di quando uno era picciriddo.
Fefè — Tu invece, quando eri picciriddo che cosa facevi? Ascoltavi e ti
restavi in un angolo vergognato. Oppure sbaglio? Ora devi pensare che quando
siamo in preda alla distrazione, quando guidiamo la macchina per una continua
abitudine, quando camminiamo soli soli verso un qualsiasi posto, ci può scappare
la coscienza e ritorniamo bambini. Ci scappa la corda pazza.
Bebé — Quella di Ciampa lo Scrivano.
Fefè — Precisamente. Come quella del "Berretto a sonagli" di Luigi
Pirandello. La corda seria, la corda civile, la corda pazza: vecchia e cara
attrezzatura della nostra retorica. Perché infine, bellezza mia, le cose non
vanno per il verso giusto. C'è bisogno, ogni tanto, di scappare via. La vita è
amara come il veleno. È amara per tutti. Che poi le epoche si fanno beffa dei
piccoli desideri di ognuno. Non parlo di intime speranze, parlo dei grandi
progetti. Parlo di quello che abbiamo fatto fino ad oggi. Per tutta una vita
abbiamo pompato fiato per fare a questa porca Italia un vestito che andasse bene
per le feste, i giorni santi e per le mattine di mercato. Abbiamo difeso i
princìpi, i sacri confini, i gagliardetti, battaglioni del duce battaglioni, le
grandi folle di Piazza del Popolo, le ragazze di Trieste, la nuova Repubblica,
la pena di morte, la doppia pena di morte, l'Italia vuole ordine, la casa non si
tocca, la marcia dei bersaglieri, da Catania città nera fino a Bolzano abbiamo
faticato come i peggiori facchini dell'ideale. L'ideale Bebé, tu capisci?
L'ideale. Ma l'ideale, bellezza mia, appartiene all'idealista. Che poi aveva
ragione Arturo Michelini. Chi è l'idealista? Colui il quale ha l'idea della
lista. La verità è che un po' di pessimismo fa bene alla politica. Arte nobile
per eccellenza, e perciò macchina tritasassi dove giovinezza, sogni e purezza
vengono digeriti in dolce frullio d'oblio. Capisco pure che chi si lamenta è
minchione. Che, chi è assente ha sempre torto. Che, chi pecora si fa, lupo se lo
mangia. Capisco tutto. Ma se penso a quel sorriso bambino di Achille Starace di
fronte al plotone di esecuzione...
Bebé — ... forse pensava alle sue fette di pane.
Fefè — Chissà. Può darsi proprio, che quell'idea di morire di lì a poco,
avesse aperto alla distrazione la sua corda pazza. Chissà. Conservo il ritaglio
della fucilazione di Starace. È la pagina più emblematica. La pagina della
generosità. La pagina dei romanzoni di cappa e spada. Ma, ti dicevo: capisco
tutto. Ma se penso a quel sorriso stampato in quella terribile fotografia mi
arrovello su questa storia dell'Italia nostra che non cammina. Su tutto il
silenzio che non fu. Il silenzio che non coltivammo. Su tutto il chiasso
sprecato nelle percentuali d'arretramento, dianzamente, le percentuali di
stabilità.
Bebé — Ma tu pensi che su questo tema può venirne fuori un articolo?
Fefè — E perché no? Di pane e lustro parliamo. Della difesa
incondizionata dell'innocenza. Della nobiltà della giovinezza. Della purezza
degli idealisti, pardon, della purezza dei romantici parliamo.
Bebè &
Fefè
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