Tutto è cominciato qui, in
Sicilia
Chissà? E comunque scusate il
ritardo. Chissà cosa intendeva dire l'onorevole Craxi? Proprio quel giorno, alla
Camera dei Deputati. Quella storia del vino, quel messaggio rivolto a Rino
Nicolosi, tutto quel ragionamento sugli equilibri siciliani e la santa alleanza
nazionale. Chissà?
E comunque scusate il ritardo. Ma qui, in Sicilia, facciamo tutto con calma.
Soprattutto quando si tratta di pensare. Abbiamo un santissimo bisogno di
rimuginare sulle cose. Abbiamo il culto barocco delle ipotesi, dei gialli a
sfondo filosofico. La nostra omertà è infatti solo un'innocente propedeutica
sulla strada della verità. Per questo, chiediamo venia: abbiamo sviluppato in
secoli e secoli di tragedie il sesto senso del pettegolezzo critico. Siamo «tragediaturi»,
cioè pettegoli in senso criminale. Nel senso che aggiustiamo l'universo delle
parole sulla carne viva dell'attualità che convochiamo durante quella specie di
sedute spiritiche che sono per noi le cene. Ebbene sì, quelle cene da scenario
tardo ottocentesco: tutti maschi, tutti sospetti, sotto il pergolato, sotto la
luna. Con i cervelli affilati. Capita dunque che sulle cose ci riflettiamo a
lungo. Anche quando rovistiamo voluttuosamente nella polpa di un'anguria gelata.
Anche se arriviamo in ritardo. In considerazione del fatto che le cose, certe
cose delicate, ci lambiccano il cervello per più giorni. Una parola, un'altra
parola ancora, spunta infine una verità di gran sostanza.
Per esempio: chissà? Chissà che cosa mai intendeva dire quel tal giorno,
l'onorevole Bettino Craxi, nostro compaesano di forte razza sanfratellana?
Semplice: spendere i suoi peccati sull'altare del «tutto è finito» e smascherare
infine la favola sporcacciona del comunismo buono. Proprio dal capitolo
siciliano, ovvero il capitolo più gustoso del socialismo reale nazionale, una
bella tavola apparecchiata rosso fuoco che sembra Natale tutto l'anno.
Eh, sì, bisogna sapere come sono fatti i comunisti siciliani: razza fina,
finissima, così si dice dalle parti nostre. Non sono trinariciuti per l'appunto,
sono solo furbi. E sono uguali nel tempo: armi e bagagli dal PCI al PDS, armi e
bagagli nei consorzi, armi e bagagli nei consigli di amministrazione. Come erano
armi e bagagli nei bei giorni del 1970 quando ancora facevano i campi di
addestramento rivoluzionario e c'erano i vecchi capi cellula che rubavano il
frumento e pure l'olio dalle giare dei contadini. Avevano comunque cura di
aggiungere dell'acqua per mantenere il livello dei recipienti alto. Armi e
bagagli, in barba a tutti i Gladio, ai servizi deviati e a tutte le vestali
dell'Occidente atlantico.
Bisogna sapere poi che cos'è mai l'Assemblea regionale siciliana, quella
meravigliosa macchina sputasoldi. Dice Craxi, e lo dice a Nicolosi
l'ex-presidente della Regione: «Dobbiamo parlare di tante cose. Tu conosci la
storia della tua terra e non puoi non sapere che tutto è cominciato lì, in
Sicilia».
Nicolosi è stato il Presidente della Regione siciliana, con tanto di comunisti
al seguito. Collocati nel retrobottega della spartizione. Comunisti ieri,
pidiessini oggi. È proprio la favola sporcacciona del comunismo buono. Da tempi
lontani. Anche le pietre sanno chi ha «regalato», a buon prezzo, la gloriosa
federazione di Catania: Costanzo & figli, il cavalierato del lavoro.
Fino ai giorni nostri della Tangentopoli siciliana, 144miliardi dati in
concessione dall'amministrazione provinciale etnea per la costruzione di edifici
scolastici equamente divisi con estrema concordia tra il capitalista tangentista
Finocchiaro e i clintoniani postcomunisti della Cooperativa Ravennate. La storia
è questa: il costruttore Finocchiaro racconta ai giudici di avere distribuito
tangenti ai partiti di regime sacrificando l'utile della sua metà di duro
lavoro. Evidentemente questi stessi partiti hanno pensato bene di concentrarsi
solo sulla quota Finocchiaro per non gravare sulle spalle dell'edilizia
democratica.
Un gesto di estremo riguardo. Un commovente sussulto di sensibilità sociale.
Peccato però che trenta miliardi siano già stati depositati sul conto corrente
dei compagni «ravennati». Già da quattro anni. Per la costruzione degli edifici
scolastici. Di edifici scolastici, naturalmente, neanche l'ombra avendo avuto
cura la giunta provinciale di non consegnare -ops, che dimenticanza- i terreni.
È la favola sporcacciona dell'inattaccabilità comunista. Razza fina, finissima,
come appunto sappiamo. Abbiate pazienza, scusate il ritardo, ma piano piano,
lentamente, si svelerà ogni cosa. Anche davanti alla mezzaluna rossa
dell'anguria, Rino Nicolosi permettendo.
Ha ragione Craxi: tutto è cominciato qui, in Sicilia.
Pietrangelo Buttafuoco
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