«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 6 - 30 Settembre 1993

 

«Amano Dio, fottono il prossimo»


 

La linguacciuta avversione popolare svela il rancore anticlericale con un proverbio: «amano Dio, fottono il prossimo».
Un altro proverbio tradisce la speranza delle sostanze: «la vera fortuna è di avere un figlio prete». Che significa mantenere una garanzia per il benessere: potere e ricchezza.
Qualcuno azzarda la massima folgorazione mafìosa: comandare carne battezzata. L'immagine infatti salta negli occhi della memoria: il cardinale Ruffini. Qualcun altro vorrebbe smozzicare verità su verità e intanto sospira: «altro che mani pulite, le tonache sporche ci sono». C'è un ultimo proverbio: «cu futti, futti, Dio perdona tutti». Si ruba per il ventre, non per il Cielo.
Così nell'immaginario popolare per esorcizzare una secolare prudenza, così soprattutto in Sicilia. Forse per un antico privilegio concesso da Urbano II nel 1098 all'autorità ecclesiale dell'Isola: l'Apostolica Legazia. Una forma di autonomia con particolari attribuzioni giurisdizionali. L'amministrazione delle anime e dei beni. Comunque la storia si diverte, nella Bolla pontificia si legge: «moralmente lecita la corruzione del funzionario» purché versi alla Chiesa «tari due, grana dodici e piccioli cinque per ogni tari settantasette e grana sette del valore del corpo di reato».
E comunque la storia si incunea nella memoria culturale dei giorni nostri. Si incunea pericolosamente. Potere più ricchezza, per coniugare, nella manipolazione del consenso, l'abuso politico. Non c'era solo il parroco del vecchio film di Pietro Germi, quello della predica pre-elettorale: «ricordatevi di votare per un partito che sia democratico e cristiano». L'altro ieri come ieri, ieri come oggi.
C'è il Padre Barbarino de "L'onorevole" di Leonardo Sciascia: «Noi stessi (battendosi ipocritamente il petto) costretti a scendere sul terreno precario e infido della politica sosteniamo persone che non assolveremmo mai in confessione».
Sciascia fondò proprio su questo capitolo l'archetipo Chiesa-Clero come metafora dell'arretramento civile.
Gaetano Rizzo Nervo, autore de "II fascino della Medusa", un trattato di «mafioneria» elaborato nel Centro studi e documentazione sulla criminalità mafiosa dell'Università di Messina, spiega con sufficiente disincanto un fatto: «il clero siciliano ha condiviso nel tempo, con l'uomo di rispetto, la distribuzione dei torti e delle ragioni, mentre dagli anni '60 in poi, concentrandosi quindi nella costruzione del consenso elettorale, ha preferito porsi in vendita al miglior offerente».
Ieri come ieri. Infatti il punto è questo. E c'è da porre una domanda: quanti altri padre Barbarino ci sono ancora in Sicilia? Un calcolo di pudore può far dire uno, almeno due, in ogni paese. E, un peccatuccio temporale, almeno due, consumato fino a un anno fa, devono pur metterlo all'incasso: il voto di scambio. Ovvero, in fior di metafora, amministrazione dei beni e delle anime. Ovvero, in fior di concretezza, l'aver veicolato e vincolato il consenso. In attivo supporto alla Democrazia Cristiana. Preferenze, contributi, raccomandazioni, e naturalmente un'alta percentuale sulla destinazione dei posti di lavoro: dall'amministrazione delle Poste, ai turni delle Guardie Forestali, ai concorsi pubblici. Dietro le fortune di un ingegnere, ed è un modo di dire, c'è sempre uno «zio parrino». Spesso, questo, è stato verità.
Ieri come oggi. All'indomani dell'elezioni, all'indomani di un improbabile trasformazione delle rappresentanze politiche sembra che la lunga mano del potere abbia ancora il candore della sagrestia. «Il cattolico deve ubbidire» -continua Rizzo Nervo- «anche la stessa rottura di Padre Pintacuda, il padre spirituale di Leoluca Orlando, è in realtà una manovra teleguidata». Lo schema è questo: la DC è in crisi, qualcosa si squaglia fra gli ingranaggi e gli equilibri, niente di meglio allora che incoraggiare altri schieramenti come la Rete -«testimoni di Geova della politica»-, vagamente intransigenti, vagamente leninisti, dove si possa continuare in felice «disubbidienza» rispetto alla casa madre. «Nessuno infatti ha sospeso a divinis il gesuita. Non c'è qualcuno che se lo sogna». Oggi come domani. Un rinnovamento che passa attraverso gli esperimenti. Per esempio il «mito» della società civile sull'onda di «un calo di idealità. Un modo come un altro per sostituire il vestito all'egemonia sul territorio. La mobilitazione della società civile sui temi della legalità e della trasparenza oggi traduce le esercitazioni elettorali di ieri». Come dire che la predica sbaglia volutamente il pulpito.
Intanto, un ultimo proverbio cattivo (è di Savonarola) aspetta di essere smentito. Quando c'erano i calici di legno, c'erano i sacerdoti d'oro, adesso che i calici sono d'oro, i sacerdoti sono di legno. Ma è una piccola malvagità nichilista. La processione si alza sullo sguardo della Madonna del Carmelo, ma pochissimi, proprio pochissimi, guardano l'officiante. Evidentemente la pietà non basta, il sangue dei disperati invoca la Misericordia.
 

Pietrangelo Buttafuoco

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