l'ultima
Paganti? Due citrulli...!
Sì, come nel film "Le vacanze
intelligenti". Come Alberto Sordi. Quindi, come in quella scena di spaventosa
incomprensione. Seduti a teatro, senza capire che il silenzio appartiene alla
sinfonia, e che quando gli strumenti vengono accordati, dai professori chiusi
nel loro golfo mistico, non è prova, ma sublime melodia. Vacanze intelligenti.
In Versilia, alla «Versiliana». Ad uno spettacolo troppo intelligente: «Mr.
Galilei», una specie di marmellata post-brechtiana sull'eroe pisano. L'eroe di
tutti i mondi e di tutte le stelle. Uno spettacolo indecifrabile, supponente,
razionalista, democratico, progressista. In una sola parola una cazzata. Ohe, un
balletto commentato di quasi due ore. Una pena, una di quelle pene che vi fanno
pensare quanto giusta e perfetta sia stata la condanna della Santa Chiesa contro
Galileo se tanta retorica in onor suo si deve subire.
Ma tant'è che si andò a vedere lo spettacolo. Al Palazzo Mediceo, in quel di
Seravezza. E la storia cominciò così. Alle nove, che poi non furono le nove,
bensì le dieci. Ma meglio. Al palazzo c'era la mostra di Guareschi. Vecchio
geniaccio reazionario. Fu opportuno rendere omaggio al mangiacomunisti.
Opportuno e bello. Anche se lo spettacolo sembrava iniziato. Iniziato? Un cane
non c'era. Oppure, qualcuno c'era (non certamente cani), un qualcuno distratto,
un qualcuno perplesso. C'era pure la «musica in palco». Non c'era alcuna ipotesi
di ingresso. Ovvero: si entra o non si entra nel recinto se di là non c'è
nessuno? Ma questo non era un problema, il vero problema era che una parvenza di
toilette non c'era. Ed io avvertiva l'umidore della sera intra le reni. Di qua,
di là. Ove? «Di là del fiume, tra gli alberi». Sì, tra gli alberi, al buio, che
al buio è facile librarsi. Eccetto che per richiudere. Sono problemi, furono
problemi, ma la luce galeotta di un botteghino fu necessaria. Zip e via. Scusate
signore. Ma finalmente dentro. Ancora nessuno, comunque dentro. Dentro il
recinto. Fila tre, numeri 18, 19. Pochissima gente. Arriveranno? Non arrivò
nessuno. Qualche parente. Qualche amico. Un professorone con due suoi
assistenti, cioè tre comunisti in trasferta, con tanto di borsa, kway e occhiali
regolamentari.
Ditemi se non è un coglione uno che va ad uno spettacolo con la borsa piena di
sudati appunti. Ohibò, è la vecchia mania dei professori. E comunque lo
spettacolo comincia. Comincia in famiglia: amici, parenti, più due biglietti
paganti. «Mr. Galilei, mr. Galilei». Tutto un elogio della bontà. Un gruppetto
di femmine si trastullano in scena con le indicazioni
temporal-semantic-filosofiche di un perfetto citrullo donato su Mr. Galbusera.
Infatti intona le odi al genio, ai perfetti stilemi della scienza, ma finge
subito un ruolo di invincibile ferocia reazionaria: chiude in gabbia quizzarola
un attor quieto da sembianze galileiane. Ma le fanciulle mostravano buon culo.
Ma nonostante loro. Nonostante la buona volontà di capire, la nota calò come
coltre di lana rugosa. Insopportabile noia. Perché fu insopportabile pensare il
prima, il dopo, tutto ciò che era intorno. I lor libri Einaudi, i circoli
dell'Arci, le feste dell'Unità, le vecchie troie stile «corsera». Con tutte
quelle facce brechtiane, i passi di danza, le urla. Nonostante un robottino. Tal
quale il robottino pornomane di "lezioni d'amore" della Deborah Caprioglio. Finì
però. Con applausi di entusiastica supponenza e sinceri sghignazzi.
Pochissima gente, pochissimo rumore. Il critico in poltrona decretò:
fucilazione. In nome e per conto di Alberto Sordi, in nome e per conto delle
«vacanze intelligenti».
Dragonera
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