«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 7 - 31 Ottobre 1993

 

Il vuoto della politica «nel centro del mirino»


 

«Pensando a questo punto della gioventù, grido: terra! terra! Basta e strabasta con l'errare folle e che cerca appassionatamente su mari scuri stranieri. Ora finalmente si mostra una costa: qualunque essa sia; ad essa bisogna approdare ed il peggiore porto di fortuna è migliore del vago movimento di infinità scettica e priva di speranza. Aggrappiamoci prima alla terra, più tardi troveremo i porti buoni e faciliteremo l'arrivo a coloro che giungeranno dopo di noi»
Friedrich Wilhelm Nietzsche

«Non c'è ideale al quale possiamo sacrificarci perché di tutti noi conosciamo
le menzogne, noi che non sappiamo che cosa sia la verità»
Andre Malraux



Da una parte c'è la preda, dall'altra il cacciatore.
Entrambi disillusi. Entrambi prigionieri di una solitudine volontaria. Quasi ieratica.
L'uno, la preda, incarna il mito dionisiaco. L'altro, il cacciatore, è il mito apollineo.
Sullo sfondo di una sfida all'ultimo sangue, il nulla globale della politica contemporanea. Siamo nel day after di Dallas dalle parti dell'omicidio che ha infranto il sogno dell'innocenza, tutta americana, della politica. Quel giorno è caduto l'argenteo castello di Camelot. Qualche stagione dopo sono caduti i mattoni del «Muro».
E oggi che il presidente è solo «il viaggiatore», non rimane niente da riscattare se non i valori personali. Ciò che si è o ciò che si è stati. Così la nuova mappa del mondo e la morte della politica fanno tornare in repertorio le sfide individuali.
Non più cause, non più ragioni di vita. Solo istinto, caccia e ritorno al mito. Classico come le colonne del «tempio della democrazia» americana, oppure ebbro e delirante e senza volto. O con mille contraffatti.
Il cacciatore gode del privilegio di qualche ruga in più sul volto e del fatto di giocare in difesa. La sua cultura è improntata al nichilismo decadente «Biedermeier», onesto, piccolo borghese, lobbista di una lobby che rappresenta solo lui, disilluso e minimalista al punto di trovare insano sacrificare la propria vita alla carriera. Ma non ritiene del tutto vano rischiarla nel duello che ha per posta un omicidio presidenziale.
È Martin Venator, l'anarca di Junger, protagonista di «Eumeswil», colui che pur lavorando per il despota è per lui il solo possibile nemico. L'altro, il predatore è accecato dal furore nei confronti del simbolo che incarna il potere che l'ha usato e poi messo da parte. È malato di onnipotenza e si serve della tecnologia per emulare Booth, l'assassino di Lincoln. «Che tempi! Ti avrei guardato le spalle!»
Un pensiero trova voce sulla scalinata del Campidoglio a Washington ed è rivolto ad Abramo, «II capitano! Mio capitano», di Walt Whitman.
Due anti-eroi, l'un contro l'altro armati. Ciò che li divide è solo una scelta etica. Nessuna animosità da «guerra santa», nessun furore ideologico, ma l'enorme privilegio di fare scelte estreme individualmente. Il difensore è impegnato a fare bene il suo lavoro. L'attaccante sa che la sfida sarà epica solo in virtù di ciò. Nella stagione di "Jurassic Park", lui è il dinosauro. Quello che lascia messaggi postumi attraverso segreterie telefoniche.
L'attentato al «viaggiatore» è solo un pretesto. Una vita da giocare intercettando la traiettoria di una pallottola destinata al «viaggiatore». Ma non senza aver prima saggiamente indossato un giubbotto anti-proiettile. Come il buon vecchio Rick, il guardaspalle del «viaggiatore» strimpella «As time goes by» al pianoforte, ma poi insegue lei dentro l'ascensore e la corteggia.
Nessuna strategia, per quanto minimalista, può prescindere dalla conoscenza degli uomini... O da quella dei piccioni!
La perfezione, semmai esiste, non è nella tecnologia. E tutto il resto che muove intorno «è solo fumo negli occhi».
Mentre solo chi cerca la pace dentro di sé, può trasferirla agli altri. Solo chi si scava impietosamente dentro può far riaffiorare i piccoli valori smarriti da tutti coloro che inseguono i grandi valori, le «visioni del mondo» e quelle di una politica fatta di 5 o 6 punti percentuali da recuperare sull'avversario elettorale...
Ancora «fumo negli occhi» o, nella migliore delle ipotesi, manipolazione delle «immagini» e attraverso questo, fabbricazione di falsi miti che perlopiù addormentano la coscienza della gente. Ma non quella del «ribelle». Capita la metafora del «Rimetto»?

 

Barbanera

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