«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 7 - 31 Ottobre 1993

 

le opinioni

Noi e la Lega


 

Confesso di avere difficoltà nel capire se è veramente il tempo dei cambiamenti o se, invece, tutto ciò che convulsamente si muove è il palesarsi della prova dell'esistenza del nemico principale che, eliminato il pericolo occasionale -il Comunismo- ridefinisce le proprie regole in Italia. Una guerra di regime, con la parte vincente decisa a liberarsi della pesante zavorra del malgoverno democristiano. Così, all'ombra della liberazione dal pericolo dell'Est e accompagnati dalla ciclica crisi dell'economia liberale, forse è scattato un meccanismo di ristabilizzazione. I perni? Il PDS, ultimo alfiere dell'antifascismo storico a conservare credibilità (o ad essere conservato credibile), e un'altra cosa che non c'è, ma ci sarà al momento opportuno.
Ma forse è solo un pensiero rassicurante. Pensando ad una stabilizzazione su perni nuovi spiego tutto. Da Cossiga ad Orlando, passando da Segni fino alle bombe, acquisisco la convinzione della conoscenza. Riaffermo la sicurezza, un po' bambina, delle certezze e degli schemi meccanicamente perfetti. È la sindrome della malattia causata dalla letteratura sulla Guerra Occulta, che ha influenzato la mia infanzia politica, per cui ciò che si vede non è che manifestazione di fenomeni più complessi e profondi. Una scena vivacizzata solo da marionette in mano ad un Grande Architetto, sempre di razza padrona, dalla scienza centenaria e dalle azioni intimamente connesse con le più meschine velleità, passioni ed ambizioni dell'uomo. Il Grande Muratore della Torre di Babele. Niente di più utile di chi cerca nemici che concentrano il Male.
È questa la mia difficoltà nel buttarmi sugli avvenimenti con passione: la paura di essere marionetta. È il rischio dello stare immobili. Di pararsi con il pessimismo per aprire ad una comoda posizione di osservatore. Regimare ogni passione ed offrirsi il ruolo di duro e puro tra le rovine. Confondere con il distacco olimpico artificiale il significato del «posso osare»; attendere che divengano «radi i capelli», dicendo che «ci sarà tempo» come il triste "Prufrock" di T. E. Eliot.
Credo che il trionfo del dubbio pessimista, della turgida, forse putrescente speculazione politica, sia il pericolo più grave che stiamo correndo come gruppo che, stretto intorno a "Tabularasa", si trova in un'epoca comunque tempestosa.
Avversa a questa psicologia è da salutare la "Lega dei Meridionali". Da coltivare le aspirazioni di Beniamino Donnici. Da amplificare la caduta positivi del pensiero di Umberto Croppi sull'impegno differente di ognuno, ma legato da un intimo filo di appartenenze contigue ad un unico sentire.
Ci avviciniamo alle elezioni politiche. Chiedo ai dieci lettori «nordisti» di "Tabularasa" cosa intendono fare: a chi vogliono regalare il proprio contributo? O forse intendono attendere che gli avvenimenti si dispieghino fino a poter essere incasellati in uno schema ideologico?
Fino ad ieri ho sempre fatto prevalere, nei confronti della "Lega Nord", il mio distruttivo spirito critico. «Prendiamo il mitra». Ridevo ricordando che il Fascismo, poetando sul manganello, lo usò realmente. Mentre la Lega demagogizza le espressioni forti. Ridicolizzavo le velleità di cambiamento di persone che si dilaniano con lotte intestine diffuse capillarmente ogni dove hanno piantato una bandierina. Come faceva la peggiore DC.
Non mi piace l'atmosfera antimeridionalista; ho sempre avuto rispetto ed ammirazione per la filosofia dei popoli meridionali. È grezzo il pensiero sugli extra-comunitari. Che caos questa Lega.
Rimane in piedi la domanda: e noi? Con il nostro cosmo cosa siamo? Cosa decidiamo?
Inviterei a leggere una pagina riportata su "Autobiografia del Fascismo" di Renzo De Felice (l'adesione ai "Fasci di Combattimento" di uno studente liceale fiorentino) del 14 giugno 1920.
La scelta di questa pagina del Fascismo del '20 è forse la prova dello spessore culturale dello studioso. Per noi potrebbe essere un ricordo-segnale. Dobbiamo indossare il saio della politica. Scendere dalla cattedra delle definizioni. Sporcarci con il reale e cercare nel caos l'elemento ordinativo.
Perché non scendere sul piano del confronto politico con la Lega? Perché non portare la nostra esperienza in quel caos per cogliere presenze positive? Guardiamo dentro e verifichiamo se in una comune critica verso il centralismo partitico e nel tentativo di far vincere e divenire protagonisti una schiera di cittadini fino ad ieri paurosi, nascosti dietro le persiane, sudditi del regime DC, ci possa essere un seme nuovo contro il nemico principale. Guardiamo i nemici della Lega e forse aumenterà la nostra attenzione.
Spogliamoci di atteggiamenti paternalistici e rendiamoci veramente -e non retoricamente-, conto che non si sceglie l'epoca in cui si vive; ma se si vuoi vivere, si devono usare i materiali disponibili.
Tanto, su "Tabularasa", sappiamo che, pur lontani, c'è un'intima luce, un'anima profonda che più di tanto non ci perde e non ci allontana.

 

Gino Logli

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