Quell'Occhetto è proprio
un gran bischero
Achille Occhetto, va detto con
estrema sincerità, suscita periodicamente e alternativamente una serie di
sensazioni. Tutte negative e fastidiose. Spesso appare patetico, soprattutto
allorché continua a negare il coinvolgimento del PDS, ex-PCI, nel vortice di
Tangentopoli. Quando invece non è più un mistero per nessuno il doppio grado di
corruzione del PCI-PDS. Esso infatti partecipava in pieno alla corruzione
strutturale del vecchio regime e, al tempo stesso, perseguiva proprie
particolari forme di corruzione.
Alcuni esempi? I fondi neri delle cooperative rosse, le tangenti sui commerci
italo-sovietici, le sovvenzioni segrete che provenivano da Mosca. E altro
ancora.
Sempre più spesso risulta financo ridicolo quando vorrebbe troncare qualsiasi
discorso inerente il passato remoto e prossimo con la lapidaria affermazione che
recita pressappoco così: «Ma questi sono fatti e vicende che riguardano il PCI.
Noi oggi siamo una cosa diversa». Come se considerasse gli italiani un popolo di
imbecilli. Ma su questo potremmo dargli anche una parte di ragione visto che
qualche milione di gonzi, per un verso o per l'altro, gli da tuttora credito. Ma
a proposito del momentaneo non coinvolgimento del PDS nella bufera tangentizia
vi è una considerazione da fare. Importante e dalla quale non si può
prescindere. Il PDS, ex-PCI, è rimasto l'ultimo partito del vecchio e famigerato
CLN a non essere chiamato direttamente in causa. Uno dopo l'altro sono caduti
DC, PSI, PRI, PLI, PSDI.
Il PDS resta, quindi, l'estremo baluardo del vecchio e corrotto sistema. La sua
caduta segnerebbe la fine totale di quel regime partitocratico che nacque
cinquanta anni orsono quale emanazione della resistenza. Questa è stata sino ad
oggi la «fortuna» di Occhetto. Un PDS apparentemente pulito per ora serve. Fa
comodo un po' a tutti. Beninteso, a tutti coloro che non vogliono il
cambiamento. Dagli industriali fino agli USA. Ecco come si spiegano le
benedizioni venute di recente un po' da ogni parte. Benedizioni laiche e
benedizioni cattoliche.
Ma torniamo al nostro. Talvolta raggiunge la più spudorata arroganza quando si
fa paladino del nuovo, offrendosi come il riformatore per eccellenza. Come se
tutti ci fossimo dimenticati, non tanto la sua ultradecennale appartenenza ad un
partito filo-sovietico, stalinista e propugnatore del socialismo reale, quanto
il ruolo che l'ex-PCI ha avuto nel nostro Paese quale puntello e difensore ad
oltranza dell'attuale sistema corrotto e corruttore. In questi ultimi cinquanta
anni sono esistiti in Italia due partiti conservatori per eccellenza, il PCI e
la DC. A loro va imputata la enorme responsabilità di averci condotto nella
drammatica e al tempo stesso grottesca situazione in cui ci troviamo. Non va
dimenticato il reiterato tentativo, di berlingueriana memoria, di arrivare al
famigerato «compromesso storico».
Per quasi cinquanta anni in Italia ha dominato la logica del bipolarismo
imperfetto. Non è mai esistita una opposizione, essendo sempre stato il PCI
partito del sistema e nel sistema. Proprio DC e PCI hanno volutamente e
ostinatamente impedito la oggi tanto declamata alternanza.
E così si arriva all'Occhetto bugiardo che ci racconta la favola del suo
disprezzo verso la DC e quel sistema consociativo da essa instaurato e per
decenni perseguito. Mai da sola, sempre in folta ed ottima compagnia. Nel
consociativismo il PCI-PDS ha sempre sguazzato, traendone tutti i vantaggi
possibili. Politici ed economici. A livello centrale e periferico. Fanno testo
le decine e decine tra sindaci, assessori e funzionari del partito della quercia
con avvisi di garanzia o in custodia cautelare perché coinvolti in storie di
mazzette e di appalti poco chiari.
Ma Occhetto candidamente e spudoratamente ci ammonisce che si tratta soltanto di
casi isolati. Così continua imperterrito a predicare il cambiamento e il nuovo.
E si arriva all'ultima trovata occhettiana.
Di recente, dopo aver richiesto le elezioni anticipate, ha affermato che
immediatamente dopo il voto occorrerà ricostituire una sorta di CLN. E qui casca
l'asino. Lo sprovveduto, impavido e «fortunato» Achille ripropone, dopo
cinquanta anni, quella specie di ibrida e maldestra ammucchiata, chiamata
appunto CLN, che segnò l'inizio della pratica lottizzatrice nel nostro Paese.
Tutto, è la storia che lo ricorda, iniziò nel maggio del 1945 a Torino. In
quella città i partiti del CLN dettero vita al sistema partitocratico. Il
sindaco toccò ai comunisti, il prefetto ai socialisti, il questore a quelli del
partito d'azione, il capo della provincia ai democristiani.
Suddetta logica caratterizzerà tutta la storia politica della repubblica nata
dalla resistenza. Si divideranno tutto, dalla nettezza urbana alla RAI-TV. Fino
ad arrivare al deprimente spettacolo dei giorni nostri. Allora si divisero
equamente e accuratamente le cariche, in seguito appalti e mazzette. Da quel
maggio del 1945 inizia la effettiva spartizione del potere politico ed economico
tra i partiti del cosiddetto arco costituzionale.
Ma Occhetto, sprovveduto quanto in malafede, predica il nuovo e al tempo stesso
rispolvera il vecchio. Ed arriva persino a riproporre il consunto «mito» della
resistenza. Un «mito» nel quale oramai fa finta di credere soltanto lui e quei
gonzi o furbastri che ancora lo seguono e lo sostengono. I primi, i gonzi, per
ignoranza; i secondi, i furbastri, per interesse e privilegi acquisiti. Non va
mai dimenticato che, all'indomani del 1945, al PCI vennero lasciate consistenti
quote della amministrazione dello stato, il controllo incondizionato di molte
amministrazioni locali. Così come fu consentito al PCI di creare, attraverso la
lega delle cooperative, una sorta di multinazionale nella quale centinaia di
migliaia di soggetti si sono arricchiti ed ingrassati a dismisura.
Ma torniamo per un attimo alla resistenza che il segretario della quercia invoca
e rispolvera ad ogni pie' sospinto. È emblematico quanto di recente ha
dichiarato la sempre tanto osannata Oriana Fallaci, immune da ogni tentazione
nostalgica: «Si dimentica troppo spesso che la grande maggioranza degli italiani
aderì con convinzione al fascismo, mentre alla resistenza parteciparono in
pochi. Nel caso migliore i più stavano alla finestra e solo quando il re liquidò
Mussolini si adeguarono e gridarono "Abbasso il duce". Chi dice il contrario,
mente. Oppure è male informato, o illuso».
Dunque, stando a quanto dice la credibile scrittrice, Occhetto è bugiardo,
ignorante ed illuso. Come volevasi dimostrare.
Ma al di là di tutti gli epiteti ed aggettivi che abbiamo scomodato e che
potremmo ancora scomodare, Occhetto è, e resta, un gran bischero.
Ecco perché in questa Italia addormentata, rincoglionita, confusa e rassegnata
c'è ancora spazio per lui. Come per altri. Ogni riferimento ad Oscar Luigi
Scalfaro non è puramente casuale.
Gianni
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