Una favola
(parte 1)
Quando il Bassotto e il Bull-dog
abbandonarono il loro regale Canile, le Creature della Foresta furono prese da
un vivo senso d'angoscia. Come potevano difendersi dalla furia dei Bisonti che
giorno e notte barbaramente abbattevano piante e immolavano ogni forma di vita
sui loro truci altari; come potevano sperare nella salvezza e stabilire le
condizioni di una onorevole pace se il Re e il Maresciallo li lasciavano alla
cieca balìa degli eventi? Ci fosse stata, almeno, la Vecchia Aquila a
confortarli dall'alto della Quercia, a infondere nei loro cuori rinnovato
ardimento per andare avanti! Ma al Gran Consiglio degli Uccelli -da cui la
Vecchia Aquila si attendeva sostegno nel difficile impegno di difesa della
comune Foresta-, Avvoltoi e Cornacchie, Condor e Pipistrelli si erano ribellati:
se non ci è più consentito essere liberi di volare nella Foresta, avevano
sbottato, e se unicamente da noi si pretendono lacrime rigeneratrici e sangue
purificatore, ebbene proprio non ci stiamo! La Vecchia Aquila («ma non ti
accorgi com'è spennata?!, sibilava una Civetta a uno Sparviero: e inutilmente
Falchi e Poiane azzardavano difese) era apparsa smarrita, quasi ferita a morte
dal vociferare ostile del Supremo Consesso. Ma non si era opposta al verdetto. E
che cos'altro poteva fare quando tutti -o quasi- avevano decretato che era
troppo debole per garantire il futuro, troppo acciaccata per fronteggiare
l'impeto rovinoso dei Bisonti o assicurarsi almeno la loro benevolenza! No, no,
si era gridato, è bene che sia il Bassotto ad assumersi appieno onori e oneri
del potere. «Ma in questo modo è come se buttassimo a mare i trionfali voli
della nostra Rivoluzione!», aveva obbiettato la Vecchia Aquila, facendo forza
alla tempesta delle emozioni, che minacciava di travolgerla; «è come se questi
vent'anni -con le nostre ali eravamo arrivati così in alto nel cielo, prima?-
non fossero serviti a niente. Se proprio ora, nel momento del massimo pericolo,
usciamo di scena...».
Ma non c'era stato verso di far recedere gli Uccelli, sobillati dal Pavone Five
O'Clock, dal loro pronunciamento: doveva essere il Bassotto -magari con
l'ausilio di qualche Sparviero a lui bene accetto- a salvare la Foresta.
Dopo aver trascorso la notte nel più amaro avvilimento (gli trafiggeva il cuore
il pensiero che un Gallo potesse assomigliare a un Topo, a un Rospo, a un
Verme...), la Vecchia Aquila si era dunque recata, sul far del giorno, nella
splendida Cuccia del Bassotto («Sta' attento, è un Nido di Vipere!», lo aveva
messo in guardia la sua compagna, un'appassionata Gallina Ruspante). Aveva in
mente di dare le consegne ma sperava anche di trovare la conferma di un'antica,
leale amicizia: ma il Bull-dog aveva già preso il suo posto nel cuore del Re, e
un po' dappertutto sia i Cani di Lusso che i Botoli Ringhiosi, con o senza
Collare (si trattava di una regale onorificenza), si stavano dando da fare per
calunniare, corrompere, spiare, congiurare. Alla Vecchia Aquila neppure era
stato consentito di tornare al suo Nido: impigliata in mille lacciuoli, era
stata trascinata in un angolo sconosciuto della Foresta, che limacciose paludi
rendevano di arduo accesso.
Quando il Bull-dog aveva comunicato a tutti gli Animali che della Vecchia Aquila
restava soltanto la memoria delle penne sfolgoranti e che ben altro adesso
chiedevano le necessità guerresche e i destini futuri della Patria Arborea, una
grande euforia si era diffusa dappertutto. «Forse i Bisonti se ne andranno,
forse la smetteranno di abbattere le nostre piante e di massacrarci!»: questo
era stato il comune voto augurale. Oddìo, va detto che se tutti erano come
ubriachi di libertà e se molti -soprattutto Uccelli- si avventavano con rabbia
contro le antiche insegne del Potere Assoluto, attribuendogli lo scompiglio che
già da tempo turbava la Foresta, non mancava chi, perfino tra i maldicenti,
ricordava con un certo affetto Capo Spennato (così veniva definito, con
irriverenza ma senza astio, il Dittatore), sapendolo sinceramente attaccato a
ogni piccolo arbusto, a ogni forma vivente, anche di infimo grado, radicata in
mezzo allo Splendido Verde.
Con questo nome la Vecchia Aquila aveva voluto ribattezzare la Foresta nei
giorni di gloria. Perché ce n'erano stati, eccome!, e neppure i Topi e i
Serpenti potevano dimenticare quando, con immenso compiacimento, avevano
squittito e strisciato davanti alla Quercia. Perfino le Bisce e le Tarantole
conservavano memorie di operosità fattiva, di saldo impegno comunitario, di
fulgidi slanci di vita, al cui centro era -e non poteva essere diversamente- la
Vecchia Aquila.
Ma se allora anche le Scimmie si erano sentite Uccelli Solari, ora tutti non
vedevano intorno altro che buio: i Galli facevano il verso delle Chiocce e
dappertutto ballavano i Topi. Come stupirsi? Si trattava di salvare il salvabile
e chi si ostinava a volare controvento era destinato a faticare per poi rompersi
la testa. Così ragionavano gli animali dello Splendido Verde dove insonni
scorrazzavano i Bisonti.
E intanto l'Aquila se ne stava sepolta nell'oblio delle paludi. Chi si era
augurato tempi migliori grazie alla cacciata di Capo Spennato restava però
deluso: e la libertà che i Bisonti riservavano a sé stessi nulla aveva a che
fare con le bestemmie liberatorie che gli Animali della Foresta continuavano a
lanciare al vento. Che fare? Come procurarsi la Carta Frusciante e le Auree
Miche che i Bisonti pretendevano come atto di resa e di dedizione? E non era
azione selvaggia quel continuo calpestare lo Splendido Verde? E non era
eccessiva la richiesta di tonsura per tutte le Creature dei Boschi, che, tramite
ambascerie di Gazze Ladre, i Bisonti continuavano ad avanzare? Ma che mai
facevano il Bassotto e il Bull-dog?
Quando l'impotenza fu siglata con la fuga, un'immensa nuvola d'ira, più forte,
forse, dei brividi di paura, percorse i cieli del Reame. E ci fu subito chi
affilò gli artigli e arrotò le zanne. Molti Uccelli (impazziti?) ripresero a
volare e a cantare. E a dare all'intorno beccate feroci. Lo Splendido Verde non
doveva diventare un Deserto.
Addosso ai Bisonti, dunque! E bisognava anche guardarsi dai Pastori Tedeschi che
pure si erano mostrati i veri amici di Capo Spennato. Infatti, incuranti di
Topi, Bisce e Zanzare, si erano intrufolati nelle paludi e avevano liberato il
Prigioniero.
Mario
Bernardi Guardi
(prima parte - continua)
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