«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno II - n° 8 - 31 Dicembre 1993

 

Una favola
(parte 1)


 

Quando il Bassotto e il Bull-dog abbandonarono il loro regale Canile, le Creature della Foresta furono prese da un vivo senso d'angoscia. Come potevano difendersi dalla furia dei Bisonti che giorno e notte barbaramente abbattevano piante e immolavano ogni forma di vita sui loro truci altari; come potevano sperare nella salvezza e stabilire le condizioni di una onorevole pace se il Re e il Maresciallo li lasciavano alla cieca balìa degli eventi? Ci fosse stata, almeno, la Vecchia Aquila a confortarli dall'alto della Quercia, a infondere nei loro cuori rinnovato ardimento per andare avanti! Ma al Gran Consiglio degli Uccelli -da cui la Vecchia Aquila si attendeva sostegno nel difficile impegno di difesa della comune Foresta-, Avvoltoi e Cornacchie, Condor e Pipistrelli si erano ribellati: se non ci è più consentito essere liberi di volare nella Foresta, avevano sbottato, e se unicamente da noi si pretendono lacrime rigeneratrici e sangue purificatore, ebbene proprio non ci stiamo! La Vecchia Aquila («ma non ti accorgi com'è spennata?!, sibilava una Civetta a uno Sparviero: e inutilmente Falchi e Poiane azzardavano difese) era apparsa smarrita, quasi ferita a morte dal vociferare ostile del Supremo Consesso. Ma non si era opposta al verdetto. E che cos'altro poteva fare quando tutti -o quasi- avevano decretato che era troppo debole per garantire il futuro, troppo acciaccata per fronteggiare l'impeto rovinoso dei Bisonti o assicurarsi almeno la loro benevolenza! No, no, si era gridato, è bene che sia il Bassotto ad assumersi appieno onori e oneri del potere. «Ma in questo modo è come se buttassimo a mare i trionfali voli della nostra Rivoluzione!», aveva obbiettato la Vecchia Aquila, facendo forza alla tempesta delle emozioni, che minacciava di travolgerla; «è come se questi vent'anni -con le nostre ali eravamo arrivati così in alto nel cielo, prima?- non fossero serviti a niente. Se proprio ora, nel momento del massimo pericolo, usciamo di scena...».
Ma non c'era stato verso di far recedere gli Uccelli, sobillati dal Pavone Five O'Clock, dal loro pronunciamento: doveva essere il Bassotto -magari con l'ausilio di qualche Sparviero a lui bene accetto- a salvare la Foresta.
Dopo aver trascorso la notte nel più amaro avvilimento (gli trafiggeva il cuore il pensiero che un Gallo potesse assomigliare a un Topo, a un Rospo, a un Verme...), la Vecchia Aquila si era dunque recata, sul far del giorno, nella splendida Cuccia del Bassotto («Sta' attento, è un Nido di Vipere!», lo aveva messo in guardia la sua compagna, un'appassionata Gallina Ruspante). Aveva in mente di dare le consegne ma sperava anche di trovare la conferma di un'antica, leale amicizia: ma il Bull-dog aveva già preso il suo posto nel cuore del Re, e un po' dappertutto sia i Cani di Lusso che i Botoli Ringhiosi, con o senza Collare (si trattava di una regale onorificenza), si stavano dando da fare per calunniare, corrompere, spiare, congiurare. Alla Vecchia Aquila neppure era stato consentito di tornare al suo Nido: impigliata in mille lacciuoli, era stata trascinata in un angolo sconosciuto della Foresta, che limacciose paludi rendevano di arduo accesso.
Quando il Bull-dog aveva comunicato a tutti gli Animali che della Vecchia Aquila restava soltanto la memoria delle penne sfolgoranti e che ben altro adesso chiedevano le necessità guerresche e i destini futuri della Patria Arborea, una grande euforia si era diffusa dappertutto. «Forse i Bisonti se ne andranno, forse la smetteranno di abbattere le nostre piante e di massacrarci!»: questo era stato il comune voto augurale. Oddìo, va detto che se tutti erano come ubriachi di libertà e se molti -soprattutto Uccelli- si avventavano con rabbia contro le antiche insegne del Potere Assoluto, attribuendogli lo scompiglio che già da tempo turbava la Foresta, non mancava chi, perfino tra i maldicenti, ricordava con un certo affetto Capo Spennato (così veniva definito, con irriverenza ma senza astio, il Dittatore), sapendolo sinceramente attaccato a ogni piccolo arbusto, a ogni forma vivente, anche di infimo grado, radicata in mezzo allo Splendido Verde.
Con questo nome la Vecchia Aquila aveva voluto ribattezzare la Foresta nei giorni di gloria. Perché ce n'erano stati, eccome!, e neppure i Topi e i Serpenti potevano dimenticare quando, con immenso compiacimento, avevano squittito e strisciato davanti alla Quercia. Perfino le Bisce e le Tarantole conservavano memorie di operosità fattiva, di saldo impegno comunitario, di fulgidi slanci di vita, al cui centro era -e non poteva essere diversamente- la Vecchia Aquila.
Ma se allora anche le Scimmie si erano sentite Uccelli Solari, ora tutti non vedevano intorno altro che buio: i Galli facevano il verso delle Chiocce e dappertutto ballavano i Topi. Come stupirsi? Si trattava di salvare il salvabile e chi si ostinava a volare controvento era destinato a faticare per poi rompersi la testa. Così ragionavano gli animali dello Splendido Verde dove insonni scorrazzavano i Bisonti.
E intanto l'Aquila se ne stava sepolta nell'oblio delle paludi. Chi si era augurato tempi migliori grazie alla cacciata di Capo Spennato restava però deluso: e la libertà che i Bisonti riservavano a sé stessi nulla aveva a che fare con le bestemmie liberatorie che gli Animali della Foresta continuavano a lanciare al vento. Che fare? Come procurarsi la Carta Frusciante e le Auree Miche che i Bisonti pretendevano come atto di resa e di dedizione? E non era azione selvaggia quel continuo calpestare lo Splendido Verde? E non era eccessiva la richiesta di tonsura per tutte le Creature dei Boschi, che, tramite ambascerie di Gazze Ladre, i Bisonti continuavano ad avanzare? Ma che mai facevano il Bassotto e il Bull-dog?
Quando l'impotenza fu siglata con la fuga, un'immensa nuvola d'ira, più forte, forse, dei brividi di paura, percorse i cieli del Reame. E ci fu subito chi affilò gli artigli e arrotò le zanne. Molti Uccelli (impazziti?) ripresero a volare e a cantare. E a dare all'intorno beccate feroci. Lo Splendido Verde non doveva diventare un Deserto.
Addosso ai Bisonti, dunque! E bisognava anche guardarsi dai Pastori Tedeschi che pure si erano mostrati i veri amici di Capo Spennato. Infatti, incuranti di Topi, Bisce e Zanzare, si erano intrufolati nelle paludi e avevano liberato il Prigioniero.
 

Mario Bernardi Guardi
(prima parte - continua)

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