«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 1 - 31 Gennaio 1994

 

Una rivista non basta



Parlamento ultimo atto: che squallore, quanta pena! Tra mozioni di sfiducia presentate e poi ritirate, risoluzioni di una spappolata maggioranza, frenetici e patetici incontri di corridoio, ed un inutile dibattito, è finalmente calato il sipario sulla prima repubblica.
Non che la seconda sia già dietro l'angolo. Ed, anzi, per costruirla bisognerà attraversare una fase, più o meno lunga, di confusione, instabilità, ambiguità e, forse, di gravi tensioni. Tuttavia, aver voltato pagina e seppellito per sempre una classe dirigente cinica quanto avida non è cosa da poco.
D'altra parte, in questa fase conteranno assai di più gli uomini e le idee e molto meno le alchimie di palazzo. Giudico la prospettiva -e le opportunità che essa può offrire- davvero affascinante.
Mi chiedevo, in questi giorni, cosa sia rimasto del nostro Paese dopo mezzo secolo di regime partitocratico, soprattutto dopo il processo degenerativo degli ultimi 15-20 anni. Macerie fumanti, rovine. Deputati e senatori, statisti (sic!) e portaborse, generali e magistrati, funzionari e ministri, il Capo dello Stato e quello della Polizia, parroci ed alti prelati: ogni Istituzione travolta da scandali di ogni tipo e livello.
Tangenti e taglieggiamenti dappertutto, al centro come in periferia, nelle segreterie dei partiti ed in ogni angolo della pubblica amministrazione. La responsabilità penale è sempre individuale: guai se non fosse così. Quella politica, no! Essa si appartiene ad un sistema di potere nel quale hanno sguazzato tutti: le forze di governo quanto le opposizioni, gli imprenditori come i sindacati, le lobbies giornalistiche, tanti intellettuali, larga parte, tantissima purtroppo, della cosiddetta società civile.
Un sistema di potere che ha fatto diventare lecito, se non addirittura legale, l'illecito, l'abuso, il sopruso. Un sistema di alleanze tra organizzazioni legali ed apparati criminali, tra poteri palesi e poteri occulti. Un sistema alle cui torbide acque si sono abbeverati per anni molti dei cosiddetti «nuovisti». Tantissimi tra coloro che oggi si affrettano ad iscriversi al club degli amici della ghigliottina, che taglierebbero teste e massacrerebbero corpi immondi e peccaminosi dimenticando i propri.
Che Paese rimane e con quale credibilità? Che sarà della nostra economia? Di quanto cresceranno gli indici di disoccupazione? E di quanto si abbasseranno quelli della qualità della vita nei prossimi mesi? Che resterà della nostra moneta?
Il tempo della ricostruzione è lungo e difficile. Il tempo di una politica e di una classe dirigente che siano davvero «altre» rispetto al recente passato. In tanti si aggirano tra cocci e macerie improvvisandosi manovali e capicantiere epperciò candidandosi a vincere l'appalto della «nuova» Italia. Ma le pietre non staranno insieme se non vi sarà il cemento delle idee, se non si avrà un «progetto».
Quante energie, quante intuizioni, quanta fantasia ed ingegno si nascondono nell'archivio del tuo computer, caro Direttore. E quanto ci pentiremo un giorno di non aver saputo o potuto tirarli fuori per gettarli nella mischia. Che dici? Vogliamo riprovarci?
 

Beniamino Donnici

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