Per una critica non
settaria
Caro Carli, il comune amico
Enrico Landolfi, su "Tabula Rasa" del dicembre scorso, si è lasciato trascinare
in una risaputa inesattezza nel rimproverare il mio «funambolismo» tra le «teste
d'uovo» di Fini. Da qualche anno sto scrivendo prevalentemente di problemi
economici e sono stato tra i pochi in Italia a criticare la frenesia delle
privatizzazioni. Il parodistico trinomio «Italia-Repubblica-Privatizzazione»
rivolto da Landolfi contro Fini proprio non mi tocca. Se poi vuole sapere dove
sia andato a finire il mio «Socialismo tricolore», posso rispondere, a lui
socialista, che non si sa più nemmeno dove sia andato a finire il socialismo. Ma
anche qui: sono stato tra i pochi a cercarlo in un paio di convegni organizzati
da Ivo Laghi con "Pagine libere". Vi ha partecipato Arduino Agnelli, senatore
socialista che lanciò questa formula su "Critica Sociale" e che ci crede ancora.
Basta però coi riferimenti personali per un inciso che mi tocca solo di sfuggita
ed abbiamo già chiarito a voce. Ciò che interessa è il tema sollevato da
Landolfi e che va allargato, a mio avviso, al più ampio, diffuso disagio per gli
appiattimenti programmatici a cui spinge il passaggio all'uninominale.
Paradossalmente da questo rullo compressore delle identità politiche si sono
salvati solo i democristiani, mentre lo schieramento progressista, sotto questo
profilo, non mi pare stia meglio di Alleanza Nazionale. I contenuti
programmatici e ideali dell'attuale campagna elettorale non sono assai più densi
di quelli che si possono trovare nelle due curve di una partita Milan-Juventus.
Non sono riferimenti fatti a caso, ma con esplicito richiamo alle due principali
cordate: quella che fa capo a Berlusconi e alle sue televisioni, espressione di
un capitalismo un po' ruspante; e quella che passando per il salotto buono di
Agnelli e di De Benedetti giunge con i loro giornali sino a Occhetto, escludendo
a sinistra solo Orlando e Bertinotti, un personaggio che perciò attira oggi
nuove simpatie da molte parti.
Ricordiamo il titolo a piena pagina su "Repubblica" dopo la vittoria delle
sinistre in cinque grandi città italiane all'ultima tornata delle
amministrative: "E la lira ringrazia". Anche "la Stampa" ed "il Corriere della
Sera" degli Agnelli hanno presentato Occhetto come una sorta di garante della
Borsa e della lira. Queste forme di accreditamento della sinistra da parte della
stampa liberalcapitalista non sono gratuite: presuppongono delle convergenze di
programmi. Per poter aspirare al governo in questo quadro Occhetto ne ha
bisogno, ma ne paga il prezzo entrando a far parte degli ammortizzatori sociali.
O meglio: il prezzo dell'accordo tra l'alta finanza ed il PDS, con la
benedizione di Indro Montanelli, lo pagheranno i ceti medi ed i lavoratori,
sempre più esposti e meno tutelati.
Non a una parte sola, come fa Landolfi, ma a questa realtà complessiva si deve
guardare: la destra «pulita» e la sinistra «pulita» sono per molti versi
speculari. Entrambe hanno fatto grosse rinunzie in termini ideali per rendersi
accettabili ed omologabili, una ad un capitalismo di prima generazione, con dei
tratti di cattivo gusto alla "Dinasty" propagandati al popolo, ancora sotto
esame, ma l'altra addirittura al salotto buono. E resta da vedere chi al
realismo politico stia sacrificando di più, anche se entrambe sanno d'esser
diventate, proprio ripulendosi, più sporche. Ma con maggiori prospettive di
successo: una forza traente che va pur valutata.
Alla gente piace, dopo mezzo secolo di egemonia democristiana, l'idea di poter
vincere: sentimento talvolta ingenuo, spesso interessato, da cui deriva un
panorama confuso e in movimento. Da studiare magari a distanza, ma senza
chiusure settarie, se non si vuole perdere i contatti con una realtà in cui c'è
anche Viespoli che a Benevento vince con i voti di sinistra (come Musumeci a
Catania) e taglia Mastella fuori dalle liste. In cui persino Fini e D'Alema
possono finalmente accantonare i babau dell'antifascismo e dell'anticomunismo.
So che questo mio sforzo d'essere oggettivo provoca in diversi amici delle
delusioni: si attendevano da me tagli più netti. Mi dispiace, ma proponendomi
con "l'associazione culturale Terzo Millennio" di creare una piattaforma che
vada al di là degli attuali schieramenti, non mi sento di iniziare con delle
esclusioni verso chi, nel nostro ambiente, si sia lasciato contagiare da
speranze di fronte alle quali io sono più freddo ed altri in posizione
totalmente negativa. Sulla piattaforma abbiamo posto idee precise di socialità
italiana contro l'attuale ubriacatura liberalcapitalista e la colonizzazione
mondialista: chi le condivide e può arricchirle con le sue riflessioni è
benvenuto da qualunque parte venga.
Anche dalla nostra. Senza pretendere da chi se ne è allontanato di rientrare, né
da chi vi è rimasto che ne esca, visto che non pensiamo di chiedere cose del
genere a nessuno di quelli che inviteremo ai nostri dibattiti da provenienze
molto più lontane. Con la cordialità di sempre.
Giano
Accame
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