«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 2 - 15 Marzo 1994

 

Per una critica non settaria


 

Caro Carli, il comune amico Enrico Landolfi, su "Tabula Rasa" del dicembre scorso, si è lasciato trascinare in una risaputa inesattezza nel rimproverare il mio «funambolismo» tra le «teste d'uovo» di Fini. Da qualche anno sto scrivendo prevalentemente di problemi economici e sono stato tra i pochi in Italia a criticare la frenesia delle privatizzazioni. Il parodistico trinomio «Italia-Repubblica-Privatizzazione» rivolto da Landolfi contro Fini proprio non mi tocca. Se poi vuole sapere dove sia andato a finire il mio «Socialismo tricolore», posso rispondere, a lui socialista, che non si sa più nemmeno dove sia andato a finire il socialismo. Ma anche qui: sono stato tra i pochi a cercarlo in un paio di convegni organizzati da Ivo Laghi con "Pagine libere". Vi ha partecipato Arduino Agnelli, senatore socialista che lanciò questa formula su "Critica Sociale" e che ci crede ancora.
Basta però coi riferimenti personali per un inciso che mi tocca solo di sfuggita ed abbiamo già chiarito a voce. Ciò che interessa è il tema sollevato da Landolfi e che va allargato, a mio avviso, al più ampio, diffuso disagio per gli appiattimenti programmatici a cui spinge il passaggio all'uninominale. Paradossalmente da questo rullo compressore delle identità politiche si sono salvati solo i democristiani, mentre lo schieramento progressista, sotto questo profilo, non mi pare stia meglio di Alleanza Nazionale. I contenuti programmatici e ideali dell'attuale campagna elettorale non sono assai più densi di quelli che si possono trovare nelle due curve di una partita Milan-Juventus. Non sono riferimenti fatti a caso, ma con esplicito richiamo alle due principali cordate: quella che fa capo a Berlusconi e alle sue televisioni, espressione di un capitalismo un po' ruspante; e quella che passando per il salotto buono di Agnelli e di De Benedetti giunge con i loro giornali sino a Occhetto, escludendo a sinistra solo Orlando e Bertinotti, un personaggio che perciò attira oggi nuove simpatie da molte parti.
Ricordiamo il titolo a piena pagina su "Repubblica" dopo la vittoria delle sinistre in cinque grandi città italiane all'ultima tornata delle amministrative: "E la lira ringrazia". Anche "la Stampa" ed "il Corriere della Sera" degli Agnelli hanno presentato Occhetto come una sorta di garante della Borsa e della lira. Queste forme di accreditamento della sinistra da parte della stampa liberalcapitalista non sono gratuite: presuppongono delle convergenze di programmi. Per poter aspirare al governo in questo quadro Occhetto ne ha bisogno, ma ne paga il prezzo entrando a far parte degli ammortizzatori sociali. O meglio: il prezzo dell'accordo tra l'alta finanza ed il PDS, con la benedizione di Indro Montanelli, lo pagheranno i ceti medi ed i lavoratori, sempre più esposti e meno tutelati.
Non a una parte sola, come fa Landolfi, ma a questa realtà complessiva si deve guardare: la destra «pulita» e la sinistra «pulita» sono per molti versi speculari. Entrambe hanno fatto grosse rinunzie in termini ideali per rendersi accettabili ed omologabili, una ad un capitalismo di prima generazione, con dei tratti di cattivo gusto alla "Dinasty" propagandati al popolo, ancora sotto esame, ma l'altra addirittura al salotto buono. E resta da vedere chi al realismo politico stia sacrificando di più, anche se entrambe sanno d'esser diventate, proprio ripulendosi, più sporche. Ma con maggiori prospettive di successo: una forza traente che va pur valutata.
Alla gente piace, dopo mezzo secolo di egemonia democristiana, l'idea di poter vincere: sentimento talvolta ingenuo, spesso interessato, da cui deriva un panorama confuso e in movimento. Da studiare magari a distanza, ma senza chiusure settarie, se non si vuole perdere i contatti con una realtà in cui c'è anche Viespoli che a Benevento vince con i voti di sinistra (come Musumeci a Catania) e taglia Mastella fuori dalle liste. In cui persino Fini e D'Alema possono finalmente accantonare i babau dell'antifascismo e dell'anticomunismo.
So che questo mio sforzo d'essere oggettivo provoca in diversi amici delle delusioni: si attendevano da me tagli più netti. Mi dispiace, ma proponendomi con "l'associazione culturale Terzo Millennio" di creare una piattaforma che vada al di là degli attuali schieramenti, non mi sento di iniziare con delle esclusioni verso chi, nel nostro ambiente, si sia lasciato contagiare da speranze di fronte alle quali io sono più freddo ed altri in posizione totalmente negativa. Sulla piattaforma abbiamo posto idee precise di socialità italiana contro l'attuale ubriacatura liberalcapitalista e la colonizzazione mondialista: chi le condivide e può arricchirle con le sue riflessioni è benvenuto da qualunque parte venga.
Anche dalla nostra. Senza pretendere da chi se ne è allontanato di rientrare, né da chi vi è rimasto che ne esca, visto che non pensiamo di chiedere cose del genere a nessuno di quelli che inviteremo ai nostri dibattiti da provenienze molto più lontane. Con la cordialità di sempre.
 

Giano Accame

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